Era l’ultima sera che avrebbero passato insieme. Stavano abbracciati in silenzio facendo finta di dormire. Bruna, in un confuso avvicendarsi di pensieri, sentiva che stava per succedere qualcosa che avrebbe cambiato la storia ma non riusciva a comprendere se ne era a pienamente felice. Dai finestroni della Villa di S.Donnino trasparivano dai pesanti tendaggi, le ultime luci del tramonto dell’otto luglio 1944. Guardava il profilo di Ernst, piccole goccioline di sudore gli coprivano la fronte, le palpebre si muovevano impercettibilmente; sarebbe stata l’ultima volta che lo avrebbe visto così.

“So che sei sveglio” pensava “In questo momento il tuo pensiero sarà a casa, a Brandemburgo, alla tua famiglia. Quante volte guardando quella vecchia foto hai rimpianto di aver perso quattro anni della tua vita, la prima parola, i primi passi di tua figlia, tutto inghiottito dalla guerra.”

“Bruna sei sveglia, cosa pensi?” improvvisamente Ernst si girò a guardarla, “Ho paura” rispose lei “Fra poche ore sarai libera, l’esercito americano è vicino, la guerra si sposterà a nord, fortunata te che hai ancora una patria e un re.”

Da fuori arrivavano i rumori, si sentivano i soldati tedeschi che davano ordini per l’affrettata partenza.

Un soldato bussò alla porta: “Herr Kommandant siamo pronti!” Un ultimo abbraccio e poi l’Ufficiale della Werhmacht scese la scalinata della villa. Nel piazzale lo aspettavano le truppe pronte con i loro mezzi per la ritirata verso l’Arno. I loro occhi si incontrarono un’ultima volta mentre saliva sulla macchina. “Non ti dimenticherò” le aveva detto prima di lasciarla.

Terzilio, il barrocciaio di Villamagna che si recava a Volterra alle prime luci dell’alba, accettò di darle un passaggio. Faceva già caldo nonostante la mattina fosse appena cominciata. Per tutto il viaggio Bruna evitò di guardare indietro e di parlare. Ernst si era veramente affezionato a lei, era un soldato tedesco, fedele alla sua patria ma non era un sadico sanguinario, apprezzava l’arte, la musica, le cose belle. Se l’avesse conosciuto in periodo di pace, sarebbe stato sicuramente un gentiluomo colto e raffinato. Quando il 23 di giugno il Quartier Generale tedesco si era spostato dalla Scuola d’Arte alla Villa di S.Donnino, erano rimasti a Volterra solo pochi guastatori che si erano dati alle razzie e ai saccheggi anche nelle chiese. Bruna gli aveva raccontato quanto succedeva e lui si era recato direttamente dal Vescovo per chiedergli di denunciare e identificare i soldati colpevoli per poterli processare e punire. Quando il 30 giugno arrivò l’ordine di distruggere la Porta all’Arco, potenziale ingresso alla città degli americani, accettò il compromesso che questa fosse murata a patto che il lavoro fosse concluso in un giorno e così, con il coinvolgimento di tutta la popolazione la porta etrusca fu salva. Dietro le sue preghiere le promise che non avrebbe distrutto la città prima di partire per arrestare l’arrivo degli alleati e così aveva fatto.

“Che brutta cosa è la guerra! Se si potesse mettere tutti i buoni da una parte e i cattivi dall’altra sarebbe facile stare dalla parte giusta ma io sono confusa. Mi immagino cosa succederà ora, come in altri paesi liberati, i più facinorosi, faranno “giustizia”, con vendette, violenze e assassini contro gli uomini del regime. Crudeltà contro crudeltà, è questa la pace? dove sta la differenza? Quelle come me, amiche dei tedeschi, saranno marchiate con la rasatura a zero dei capelli e isolate come lebbrose ma io non ho paura delle conseguenze, ho fatto solo quello che mi è piaciuto, non ho rimpianti.
Non ti dimenticherò nemmeno io, Ernst”.

Il Comandante tedesco è morto prima della fine della guerra in un bombardamento aereo nel Nord Italia, Bruna non si è mai sposata.

Alle 6.30 del 9 luglio 1944, dopo poche ore che i tedeschi se ne erano andati, le forze alleate attraversarono il ponte di S.Lazzero.

© Anna Ceccanti, ANNA CECCANTI
L. Lagorio – La Storia, Dizionario di Volterra, Volterra