La chiesa della Madonna del Libro

Molte sono le antiche costruzioni, conservate o in rovina, che, nella Zona Boracifera, portano in sé i ricordi di un lontano passato. La chiesina della Madonna del Libro, nei pressi della Leccia, è fra queste: e su di essa vogliamo oggi attirare l’attenzione dei nostri lettori.

Pur rimanendo in una posizione preminente – sulla cima di una collinetta opposta allo sperone roccioso sui cui sorge il paese – questa cappella sfugge quasi sempre all’osservazione di coloro che transitano sull’unica strada carrozzabile che attraversa la zona. Le sue origini risalgono ai tempi in cui il Castello della Leccia era uno dei tanti centri fortificati che sorgevano a sud del territorio volterrano; il castello, il cui nome traeva origine dalle foreste di lecci che anche allora ricoprivano le colline che dividono le sorgenti del Cornia dalla valle del Pavone, era già noto agli albori del mille.

Feudo dei conti della Leccia, aveva visto succedersi nell’XI secolo la signoria del conte Ugo e di suo figlio, di conte Ridolfo, probabilmente legati da parentela ai Pannocchieschi di Maremma.

La sua chiesa era – allora come oggi – dedicata a S. Bartolomeo e suffraganea dell’importante Pieve di Morba, i cui resti sono ancora ben visibili presso Larderello. I beni dei signori della Leccia dovevano estendersi per molte miglia per il corso del Cornia: forse fino a confinare con quelli della potente badia di S. Pietro a Palazzuolo che sorgeva presso Monteverdi; e i rapporti fra i feudatari della Leccia e i monaci erano assai cordiali: la vedova di Ridolfo, la contessa Gisla, infatti, aveva donato a questi ultimi nel 1105 alcuni vasti territori posti fra il Cornia, Carboli e il Frassine (nell’attuale zona di Lago e Vecchienne). Il conte Uguccione, figlio di Gisla, aveva ratificato la donazione.

Settant’anni più tardi, nel 1176, i monaci di Monteverdi aumentavano la loro influenza sul castello acquistando «una sesta parte della giurisdizione di Leccia». Dieci anni dopo, però, l’imperatore Federico Barbarossa, che aveva attraversato la Maremma con i suoi eserciti, concedeva la Leccia in feudo a Ildebrando dei Pannocchieschi, vescovo di Volterra.

Intanto gli abati di S. Giusto in Volterra e di S. Pietro in Monteverdi intavolavano trattative per rafforzare ed estendere il libero comune volterrano. Frutto dell’incontro fu una notevole espansione dell’influenza di Volterra verso sud.

Così nel 1204, assieme agli abitanti del Sasso e di Serrazzano, gli abitanti della Leccia giurarono fedeltà al Comune di Volterra. Ciò non portò che ad acuire le dispute fra vescovo e comune per reclamare la proprietà del Castello: nel 1262 il vescovo Alberto raggiungeva un accordo a suo favore col Comune; l’accordo però durava ben poco; i litigi ricominciarono finché, il 24 novembre 1319, il vescovo Ranieri riconobbe la sovranità del libero comune volterrano sul Castello della Leccia.

S’iniziò allora, finalmente, un’epoca di maggiore tranquillità: e di questa ne approfittarono gli abitanti del castello per uscire dalle loro mura ben difese e costruire due oratori votivi, ambedue dedicati alla Madonna, nella campagna vicina. Uno, più a sud sulle rive del Cornia, dedicato alla Madonna del Latte: forse la data della sua costruzione è quella stessa incisa su una campana poi trasferita nella chiesa del castello: il 1333. L’altro, sopra un poggetto isolato, era quello della Madonna del Libro.

Niente si sa del primo oratorio che probabilmente crollò o fu distrutto nei secoli che seguirono. Ma il santuario della Madonna del Libro ha invece sfidato il tempo ed è pervenuto, quasi immutato, fìno a noi, esempio di una architettura religiosa rustica, ingenua e primitiva.

È questa una chiesa bassa – poco più di una rozza cappella – con la facciata rivolta verso sud-ovest e ornata di un portico che l’avvolge fìno sui lati. Le mura sono massicce e solide; gli archi, curiosamente asimmetrici e caratteristici. Sul dietro, un piccolo cimitero tuttora in uso. La chiesa prende il nome da un antico dipinto, attribuito alla scuola trecentesca senese, che vi era custodito e venerato fino a non molti anni fa.

Nella cappella venivano celebrate con particolare solennità due feste annuali; la prima, le cui origini si perdevano nel tempo e che era intesa ad ottenere la protezione dalla grandine, il 14 di giugno; la seconda, in occasione della natività di Maria Santissima, l’8 settembre. E in queste feste accorrevano alla Madonna del Libro i fedeli dei paesi vicini, si celebravano numerose messe e, al pomeriggio, l’immagine della Madonna veniva portata in solenne processione.

L’ultima festa religiosa fu celebrata 1’8 settembre 1958.

Infatti, in seguito all’instabilità del terreno, alcune fessure preoccupanti avevano cominciato ad apparire nelle mura; il Vescovo di Volterra aveva perciò decretato la cessazione di ogni servizio nella cappella; in quell’occasione l’immagine della Madonna e gli arredi sacri fuorono trasportati nella chiesà parrocchiale della Leccia dove sono tuttora custoditi.

Attualmente l’oratorio versa in stato di abbandono. Sotto l’antico portico, il cui tetto di grosse tegole qua e là comincia a scoperchiarsi, le erbe crescono e si arrampicano un po’ dappertutto, ultime a custodire la quiete mistica del luogo. Il sole scopre davanti alla chiesa per chilometri e chilometri il selvaggio aspetto delle colline maremmane, giù per la val di Cornia fìno al mare presso Populonia.

Più in basso, ancor forte e salda sul suo spuntone roccioso fra il Turbone e il Cornia, la Torre del Castelluccio chiusa da secoli nel suo misterioso isolamento. A sinistra, sul colle di rimpetto, il vecchio, caratteristico abitato della Leccia, con i ruderi del castello. Sul retro, su per le pendici dei monti, i contrafforti di Castel Volterrano, nascosti dall’erba. E, sulle cime dei poggi intorno, le macchie biancheggianti dei paesini che, coll’andar dei secoli, si sono formati sugli antichi castelli medioevali.

Un posto oltremodo suggestivo e un panorama magnifico. Vi consigliamo di raggiungere il vecchio oratorio. Sarà facile allungare la passeggiata fìno alla vicina «Fonte del Latte». È questa una delle tante sorgenti termali, celebrata anche dal medico di papa Sisto V, Andrea Bacci, nel 1571, e da Giovanni Targioni Tozzetti nel 1746, che gode della curiosa fama di far venire il latte alle madri che allevano i loro bambini. La sorgente, una fonte perenne leggermente tiepida, è in mezzo a un bosco di piante d’alto fusto presso al corso del Cornia.

Né si deve dimenticare di fare una visita all’abitato della Leccia, tutto abbarbicato sul masso, che ha mantenuto intatto fìno a noi il suo silenzioso aspetto medioevale.

© Pro Volterra, PIER LUIGI PELLEGRINI
La chiesa della Madonna del Latte, in “Volterra”