Le trascrizioni del processo alla Strega dei Rondinini

L’inurbamento delle popolazioni rurali, seguito alla crisi demografica, ha favorito la diffusione di pratiche magiche e superstizioni di origine pagana, sopravvissute fino allora nell’isolamento delle campagne, anche in ambito cittadino. Per avere un chiaro quadro della scena della stregoneria nei nostri territori e con dettaglio la figura della strega dei rondinini questo articolo sviscera le attività dei predicatori sulla necessità di un risanamento morale della società.

> Scopri, La ‘ncantatrice di Travale

Avevo già trovato, rovistando fra le vecchie carte, formule precatorie e deprecatorie o imprecatorie d’un grande interesse documentario, ma mai un formulario diffuso e sistematico come nel processo alla Strega dei Rondinini.

Vorrei sottolineare che, data l’epoca e le persone, quasi ogni medicina non era creduta efficace se non con gli orpelli d’una preparazione e suggestione tramite parole gesti posizioni, codificate dall’uso e dalla fiducia in una medicina che chiamerei filosofica psichica e sacramentizia. Ecco spiegato perchè il notaro volterrano Giusto di Gualfredo Sozzi annotava premurosamente questo rimedio infallibile contro i vermi intestinali: «non fare uso d’olio se non di lucerna, dare come bevanda dell’acqua piovana nella quale sia stata fatta spengere tre volte una verga d’acciaio infuocata, fare un impiastro sullo stomaco con un pesto di gusci di melograno e cime di rovo bollite nell’aceto, al mattino, alla sera e all’alba del giorno della luna nuova». Anche Ser Chelino di Binduccio degli Accettanti annotava nelle sue imbreviature questa «segnatura» infallibile se ripetuta con tre segni di croce all’orizzonte contro la tempesta, il nuvolo e il maltempo: «Nugolo, nugolo che dal cielo vieni – benedetta l’opra che ordinando e facendo viene. – Vanne in quella valle scura – dove a nessun uccello non casca mai piuma. – Oh tu del cavaliere bianco, – quello che pensasti fare tu l’ha fatto un altro. – Oh tu del cavaliere nero, – quelle che pensi di fare tu lo faccio io, – col padre il figlio e lo spirito di Dio». Così pure il cristianissimo e rassegnato Luca Landucci esaltava Paolo Dal Pozzo Toscanelli, perché «medico fìlosafo e astrolago benché di santa vita» e annota ogni mostruosità, ogni folgorazione, ogni dubbio avvenimento come certo segno divinatorio.

Infatuazione generale quindi, che ci aiuta a comprendere monna Elena moglie di Nanni da Travale detto Sarteano «incantatrice divinatrice e sortilega, abile a manipolare i consigli secondo le risposte del demonio». La stessa che nell’estate dell’anno 1423 fu condotta di fronte al tribunale civile e religioso del vescovo di Volterra Stefano di Geri del Buon da Prato, e sottoposta a stretto interrogatorio dal messer Antonio Michelotti da Perugia, essendogli coadiutore e attuario il notaro locale Ottaviano Vermicelli, al quale ultimo non saprei dire se interessasse di più il fatto umano dell’innocenza o colpevolezza dell’imputata, oppure la primizia delle formule che vengono recitate metodicamente (non so poi quanto spontaneamente o con quali mezzi efficaci del tempo) dalla strega e altrettanto metodicamente annotate dal curiale.

Alla donna però nessuno riesce a strappare le cinque parole sacre tratte dal Salterio, le quali valgono a creare l’ambiente propizio alla fattura. Poiché, luogo, persona e cosa variando, le formule sarebbero sempre adattabili; ma la mancanza di quelle parole, che sono come la bacchetta fatata, come impedì al Vermicelli annotatore d’allora, certamente impedirà a noi annotatori d’oggi di provar l’efficacia delle fatture di monna Elena da Travale.

Tutto l’insieme della narrazione in volgare paesano è interessante, formula e ricetta, ma riporterò nel testo originale solamente le frasi da pronunciare o qualche conclusione veramente pregnante.


LE FORMULE

Quando la strega vuole divinare si raccoglie sopra pensiero e dice: «La Vergine Maria gittò la sorte per trovare Jesù el suo figliuolo – e io le gietto per lo tale e la tale – se detta avere bene o si o no». E mescola in mano una moneta crociata e la fa cadere e se viene croce porta bene.

Per far venire una persona, uomo o donna che sia, pronuncia per cinque domeniche di seguito, mille volte ogni domenica, l’invocazione: «Dòmino e Donna manda el cotale a me».

Quando vuoi sapere se uno è spiritato, prende una cintura di lui e su di essa misura la lunghezza di tre palmi dicendo: «Jesù alto, transito, – liberato e finito, – per lo mezzo di loro passò, – Signore, per lo mezzo di loro passa – e difendilo da ogni strega e da ogni spirito dannato, – e da ogni malia che gli potesse nuocere», Alla fìne della preghiera ripete la misura e se la cintura si trabutta più di tre palmi la persona è spiritata.

Quando vuoi trovare un ladro o un ricettatore pronuncia le cinque parole sacre sopra del pane e del cacio che darà a mangiare al sospettato. Se egli avrà veramente rubato si altererà e non potrà mangiare.

Quando vuoi liberare uno dal carcere dice: «Iddio ti salvi, àere, per tre impiccati e per tre annegati e per tre morti a ferro. Nove siete e nell’inferno ridete; nove diavoli ne traete, e al tal andrete, e dalla prigione li trarrete». E viene un turbine di vento che procurerà la libertà ai prigionieri. Con questa «incantagione» ha liberato dal carcere un tal Francesco, comitatino di Perugia, che a Travale era stato preso per ladro d’un paio di buoi. «E uscitte di prigione» (argomento ad hominem per il vicario che è Perugino).

Ma questi in qualche modo si possono chiamare benefici. Il peggio comincia quando la strega accetta di mettersi «mezzana» d’odio e d’amore fra le persone e fa uso di questa ricetta con la quale afferma d’aver più volte «fatturato» se stessa, monna Agnese «suo sirocchia» e molti altri.

«Accipit una nidiata di rondolini (rondinini) che sieno almeno quattro e mettegli in una pentola roggia in uno soppedanio (cassapanca) vivi, e lassagli stare tanto che muoiono». Poi fa questa scelta «Quelli che stanno vòlti l’uno al dietro dell’altro li secca e fanne polvere e quella polvere dà a quelli fra quali vuoi che sia discordia e presa questa polvere saranno in grandissima discordia». Invece «Se vuoi mettere concordia piglia quelli rondolini, che stanno a becco a becco vòlti, e fa il simile e sarà concordia tra coloro a chi lo farai».

Diciamo la verità (anche senza interpellare la Società protettrice degli animali): non è degno del rogo questo pretenzioso intromettersi nella vita e nella morte dei poveri rondinini? Che dire poi quando le formule si fanno complicate e interviene il malefizio supremo che coinvolge anche l’eresia contro Dio?

«Iddio in alto! e il tale (o il tal luogo) sia intrànso (cioè intransitato) e nugola sopra di lui». Con queste parole, oltre che scatenare la bufera e il temporale, si può far insorgere un male senza rimedio, si può procurare la pazzia. Malìe che si effettuano cucendo un pezzo di panno stregonato sotto la soletta delle calze o facendo ingerire una fava inversa. «E queste parole si vogliono dire il giovedì e la domenica» e si completano aggiungendo, alla malìa che ha potere di liberare dal carcere, questa appendice «nove diavoli ne trarrete, e addosso al tale li metterete, il cuore dal corpo voi gli trarrete, e la memoria dal capo gli leverete, e per lo mondo impazzato li manderete».

Oppure in questo modo che ricorda il culto del pagano Priapo. Prendi del pane e vai di notte a portarlo sopra un termine (o palo o pietra confinaria) e inginocchiato recita: «Termine, determina il tale in febbre terzana, quartana, continua, nottaia, bottraia, e in ogni febbre amara». Quindi le altre formule sopracitate. «Ancho tolle nove parti di sale per li nove buchi del corpo e mettelo nel cuore del fuoco e dì: Così schioppi el core al tale, come schioppa questo sale. E fatto questo infermirà e stenterà gravemente».

Inoltre, la nostra strega, quasi che ciò non bastasse, si afferma capace di preparare alle donne, illecitamente gravide, medicine formate con un pesto dell’erba «schiantapuzza» misto a due once d’argento sublimato da prendere in sette pozioni, colle quali bevande «le fa sconciare» e molte ne ha liberate dalla pendente infamia.


LA SENTENZA

Elena da Travale seviziatrice degli innocenti rondinini era una fattucchiera «avvelenatrice» o una «millantatora»?

La sentenza della Curia di Volterra, registrata nella filza 47 degli Atti Civili e Criminali, è povera di emozione. «La donna sia fustigata, messa alla berlina e sbandita dai confini». Spese del processo, o multa che dir si voglia, 50 fiorini; a laude e gloria della giustizia e clemenza del vescovo di Volterra, che, non per nulla, si chiamava messere Stefano di Gieri del Buono.

© Pro Volterra, MARIO BATTISTINI
Anno 1423, processo alla strega di rondinini, in “Volterra”