Il Teschio alabastrino di Leonardo da Vinci

Un brutto, vecchio modello di cranio fu acquistato per 600 marchi tedeschi in un negozio di antiquariato della Homburg del 1987. Nonostante la sua apparente fragilità, Winfried e Waltroud Rolshausen ne furono attratti sin dal primo momento che si convinsero a comprarlo senza esitazione.

Il signor Winfried, dottore in medicina, fece del teschio parte integrante dell’arredamento del suo ambulatorio fino a che il direttore del museo anatomico della Descartes University parigina, il dottor Roger Seban, non lo notò nel 1996. Ormai dimenticato tra le mensole sotto una patina spessa di polvere, si accorse che quel teschio non era un semplice oggetto d’arte, ma un notevole accurato modello anatomico di cranio in scala 1 a 3. Una piccola replica fin troppo dettagliata che ripose nello studioso tutte le sue attenzioni.

Un fatto sorprendente; era insolito e raro per uno scultore creare un modello di cranio così preciso, proporzionale in scala di un terzo della grandezza naturale. Il fatto che sia un pezzo tridimensionale così piccolo, facile da trasportare in segreto rispetto a un vero teschio umano la dice lunga sulle sue possibili finalità per lo studio scientifico. Tutto sembra collegarsi con il concetto che la segretezza era essenziale per gli anatomisti, poichè la dissezione umana era contro la legge.

Il dottor Seban, nel fare supposizioni, intuì molto di più. A guardare quel teschio con minuziosità gli sembrò di individuare somiglianze con una delle immagini seminali della storia dell’anatomia facenti parte della collezione reale del Castello di Winsdor. Si tratta di un disegno, datato 1498, di Leonardo da Vinci raffigurante un cranio sezionato.

Quei bozzetti di cranio – RL 19059 recto, RL 19058 e RL 19057 – che si estendono su tre pagine di un fascicolo in fronte e retro, furono rivoluzionarie innovazioni nella illustrazione anatomica e probabilmente furono anche i primi di una lunga serie – non possiamo esserne certi: i taccuini di Leonardo furono smembrati e venduti separatamente sdatandoli.

E’ incredibile come il modello e i bozzetti presentino forti similitudini tra di loro. Identicamente al modello in miniatura, il teschio non ha mascella inferiore e descrive le caratteristiche esterne del cranio allo stesso livello di conoscenza. In entrambi mancano le fessure orbitali inferiori e in ciascuno di essi si delinea il sutura coronalis in una posizione insolita nella parte posteriore del cranio.

C’è anche una accomunanza filosofica tra i disegni e i modelli. Secondo le note che accompagnano i disegni, Leonardo stava studiando il cranio nel tentativo di individuare il sensus communis, il luogo dove tutti i sensi, tutte le facoltà intellettuali e creative si incontrano nel cervello. Quel luogo, così teorizzava, dove risiede l’anima! Infatti, il punto definito, in cui tutte le linee si intersecano nel piano, è sezionato di modo che si possa vedere meglio la sede dell’anima. Invece nel modello, che anatomicamente non è preciso nella parte interna per il fatto che non risulta vuoto come il cranio è in realtà, si includono i canali ottici e le aperture attraverso le quali gli occhi inviano le informazioni visive al sensus communis – dove poi il nervo ottico raccoglie i dati inviandoli al cervello. La teoria che i canali ottici erano i mezzi in cui il potere visivo passava al sensoriale era sostenuta solo da Leonardo e nessun altro cranio noto comprende questo dettaglio morfologico legato al sensus communis.

Cosa che però il dottor Saban aveva sbagliato era la catalogazione del materiale del quale il teschio è composto: pensava che fosse stato scolpito nel marmo!

Nel 2003 tramite un’analisi a raggi-X la tesi di Seban fu smentita dallo studioso indipendente belga J. Stefaan Missinne e fu rilevato che il teschio è fatto di Agata alabastrina, estratto dalla miniera di Cipollone nel Comune di Volterra, vicino la località di Spicchiaiola. Missinne però trovò anche una anomalia nei risultati: vi è una forte e strana presenza di un elemento metallico quale è l’Iridio che però non si verifica naturalmente nell’alabastro della miniera di Cipollone o in qualsiasi altro luogo che noi conosciamo. Ciò portò a concludere che l’Iridio fu aggiunto artificialmente e che di conseguenza il modello non era stato scolpito direttamente dall’alabastro, ma creato da un miscuglio di agata, calcio e sabbia di fiume che Leonardo chiamava “mistioni”. Questa miscelazione, citata tra l’altro in alcuni suoi quaderni superstiti, fu prodotto di sue sperimentazioni avvenute tra il 1503 e il 1508.

Il nesso tra Volterra e il genio c’è; che Leonardo conoscesse la città etrusca e la sua area comunale ce lo conferma il “Codice Madrid”, ma anche una cartina geografica di suo pugno conservata nella biblioteca londinese di Winsdor, in cui il genio cita espressamente Volterra e il piccolo borgo di Villamagna.

Ad aggiungere un altro tassello verso la paternità del teschio del nostro anatomista italiano è la prova che Leonardo da Vinci effettuava modelli di teschi. Molti riferimenti sono rinvenuti dopo la sua morte e il primo di questi è quello riguardante un certo teschio dettagliato scolpito nella bella pietra di Calcedonia, elencato nel 1524 nell’inventario di allievo di Leonardo ed erede – possibile amante – Andrea Salai. Anche nel catalogo della Villa Riposo a Firenze, datato 1584, si fa riferimento a un modello creato da Leonardo rappresentante un teschio di uomo morto con tutte le sue minuzie, così come viene descritto da autore sconosciuto in un volume attualmente conservato nella biblioteca Bipontina di Zweibrucken. Ci sono addirittura delle descrizioni di un presunto modello di cranio di un bambino in una collezione degli Asburgo a Praga e Innsbruck.

Fino a prova contraria, la tesi di Missinne conferma ciò che Seban cercò di dimostrare negli anni Novanta, e adesso quel teschio umano forgiato con alabastro volterrano può finalmente ritornare in patria.

© Marco Loretelli, MARCO LORETELLI