I fatti del Trenta

Nelle varie rievocazioni di vita cittadina fatte negli ultimi tempi, compresa la celebre di Dino Lessi, si accenna spesso agli episodi che sono noti come «I fatti del Trenta».

Fu una delle manifestazioni più scoperte della opposizione al fascismo e credo la prima ad avere una organizzazione guidata da un partito, sia pure clandestino. Non credo di poter aggiungere molto se non accennare ad un particolare non so se ignorato o dimenticato. Intendo dire cioè dei «famosi manifesti» dove e come furono stampati, chi ne fu l’ideatore e chi l’autore.

Dei guai che molti ne subirono (fra i quali il sottoscritto) ne è già stato parlato fin troppo.

Mi limiterò a mettere solo le iniziali dei nomi benché ricordo bene tutto come fosse ieri e sono sicuro che alcuni di questi nomi farebbero meraviglia.

Il luogo era un piccolo locale nel vicolo dei Vecchi Ammazzatoi ed era detto «L’acquario», era una bottega artigiana nella quale lavoravano V. T. e «Bottecchia»: il proprietario «Chipi» ne ignorava completamente l’uso clandestino che ne facevamo.

D’altra parte noi lavoravamo di notte e nel massimo silenzio. L’ideatore, se ricordo bene, fu F. P., la spalla N. P.; il sistema quanto di più semplice si possa immaginare: su un piccolo blocco di alabastro furono disegnate le lettere che poi furono poste in rilievo con i normali ferri per lavorare l’alabastro e sbozzate con la scuffina. Insomma ne facemmo dei comuni tamponi anche se di una materia insolita. La carta (carta normale da quaderno) fu procurata da A. F. e questi furono forse i primi quaderni che egli abbia usato, anche se, a mio giudizio, sia tutt’altro che un ignorante.

A proposito di N. P. vorrei aprire una parentesi: militare nell’ultima guerra, ne era stato esonerato per dei lavori in miniera, ma per un rapporto sfavorevole del Commissariato dell’epoca, fu rimandato al Reggimento (in partenza per il fronte russo) e là trovò la morte. Nel rapporto vi era descritto come elemento pericoloso, rissoso e fannullone. Che fosse pericoloso per il fascismo è certo, ma per gli altri aspetti, io chiedo a tutti coloro che lo conobbero se vi fu altra persona più buona, più leale, più onesta, più volenterosa di Nello Pistolesi. Ma gli uomini hanno certe volte la memoria troppo corta.

Nel 1946 nessuno dei compilatori di quel famoso rapporto e di altri rapporti simili, ricordava più quel nome.

Per tornare in argomento si può dire che è incredibile come tutto questo abbia potuto «far perdere la tramontana» agli investigatori dell’epoca. Ciò che poteva essere considerata una ragazzata ebbe il potere di renderli addirittura idrofobi. Non so quante furono le tipografie perquisite da cima in fondo, senza altro risultato che rendere gli investigatori sempre più furiosi.

Nessuno di loro pensò mai alla soluzione più semplice e adesso io non ricordo se e come lo abbiano mai saputo. Ricordo sempre il giorno (era la fiera di settembre in cui avvenne il lancio dei volantini in Vallebuona. Ricordo il maresciallo Benedetti, tutto congestionato che strappa i manifestini di mano da chi ha avuto la curiosità di raccoglierli e lo fa con un tale zelo rabbioso che può far presentire ciò che succederà poco più di un anno dopo, quando il sottoscritto se lo troverà nuovamente di fronte. Ma questa, è tutta un’altra storia.

© Pro Volterra, ELIO BARDINI
I fatti del Trenta, in “Volterra”