La Miniera delle Cetine

Sulle pendici dei Cornocchi, con accesso da una stradina assai ghiaiosa che si snoda nel bosco, si trovano i resti della miniera delle Cetine.

La struttura fisica di questo territorio, specialmente nella parte superiore, è in maggioranza gabbroso e serpentino. Di tratto in tratto si trovan anche strati di macigno e di calcare compatto e parte argilloso di colore nerastro. Questo territorio sembra faccia da cappello alla zona che si trova sull’Era, sul Capriggine e sull’Evola e si compone di terreno terziario marino consistente in una marna argillosa conchigliare o in tufo calcare e in banchi di gesso. Molti, come il Figuer, il Salvi e altri ancora, hanno parlato di questi luoghi sia sotto aspetto geologico che mineralogico.

La miniera delle Cetine si trova tra Treschi e la Nera e sin dal 1870 risulta che vi fossero stati inizati: lavori di sfruttamento, ma alcuni sostengono che i frammenti di cocci fittili e di mattoncini, di un impasto rossiccio e scuro, ivi rinvenuti in abbondante quantità, indicarono chiaramente che nell’epoca etrusco-romana vi abitò una discreta colonia, forse già occupata nella escavazione del rame di detta miniera. Tale asserzione è confermata anche dalle rilevazioni effettuate durante i lavori eseguiti nella miniera dal 1870 in poi dalla Società Baldini di Livorno e successivamente da un Sindacato Inglese, attribuendo i primi sondaggi per estrazione del rame alla colonia di etruschi che risiedeva in Treschi.

Negli ultimi tempi i pozzi erano stati corredati di macchine a vapore e di gallerie discendenti e ascendenti, dopo il bagno delle pietre nel «Margone», macchine perfezionate per il lavaggio separavano dalle scorie la produzione che, da quanto si dice, era ricca di rame quanto la miniera di Montecatini Val di Cecina.

Altri saggi ramiferi, circa il 1880, furono fatti tra i poderi Fornacelle e Capannacce, in prossimità della «Buca delle Fate».

Poche altre notizie sono state a noi tramandate sulla miniera delle Cetine, poiché la tragica morte di Hènderson, l’inglese che rappresentava quel Sindacato, avvenuta il 18 agosto 1885, fu la causa della chiusura e dell’abbandono di detta miniera.

La terribile disgrazia, che avvenne nella miniera delle Cetine, fece eco in tutta Italia, in quanto, oltre al nostro «Il Corazzierev, si interessarono ad essa,

Ecco la cronaca de «Il Corazziere»:

«Era giunto da pochi giorni alla sua fattoria della Striscia, sempre gaio, sempre buono con tutti, pieno della felicità che concede il sapersi da tutti amato, stimato, come meritano coloro, che con la vita attiva ed industriosa, beneficano l’umanità.

Ieri nelle ore pomeridiane il Sig. I. Thomson Hènderson con due dei suoi figli, una cara bambina, un gaio e vivace giovinetto, dalla fattoria della Striscia, si portò in carrozza alla Miniera delle Cetine per fare nell’interno della cava una piccola escursione. Alle ore 3 in punto, il signor Hènderson, posti i bambini sul mastello che serve all’estrazione del materiale, dal pozzo maestro, vi saliva pure lui.

La macchina ruggendo, rumoreggiando, lentamente faceva discendere il mastello, che lento si avvicinava al fondo della galleria del sesto piano, quando si udì un grido terribile, quindi un tonfo di un corpo che cadeva, ripetuto cupamente dall’eco delle sterminate e paurose gallerie della miniera.
I. Thomson Hènderson, era precipitato dall’altezza di circa sei metri, sfracellandosi il cranio.

Giunto il mastello in fondo al pozzo, i due bambini, piangendo, disperandosi, ne uscirono fuori e si gettarono sul corpo del loro babbo, chiamandolo coi nomi più dolci, ma invano, ché il povero Hènderson più non dava segno di vita. Trasportato fuori per mezzo dì una barella dagli operai piangenti, disperati, per ordine del Direttore della Miniera Sig. G. Giani, venne subito spedita una vettura alla Striscia, onde avvìsare la signora Hènderson della terribil disgrazia, mentre il corpo del povero Hènderson, deposto sovra un letto nell’appartamento del Direttore, veniva fatto segno a tutte le possibili cure, in mezzo alla generale costernazione. Ma a nulla valsero e preghiere e lacrime: dopo breve ora, senza aver proferito parola, spirò con gli occhi vitrei, fissi sui suoi plccoli figli, che non poterono raccogliere dalle sue labbra nemmeno l’ultimo bacio.

Là alle Cetine, ove regnava la gioia, il lavoro, la tranquilità, oggi su tutti i volti si legge la cupa disperazione di un dolore inconsolabile; i lavori sono sospesi, il cadavere dell’amato Hènderson giace sopra un letto, e gli operai della miniera fanno guardia al corpo dell’amato padrone.

La salma dello sventurato Hènderson, partirà alla volta di Livorno, sua abituale residenza».

La settimana successiva su «Il Corazziere» fu dato ampio spazio anche alla cronaca del funerale.

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Mi sono recato presso le Cetine per rendermi conto dell’attuale consistenza dei resti della miniera. Per prima cosa, in mezzo ad un terreno seminativo, vidi la costruzione completamente diroccata, al cui centro si trova il pozzo maestro, attualmente chiuso da una robusta grata di ferro. Detta costruzione è riempita da un fitto rovaio che, in parte, la circonda anche esternamente. Il pozzo maestro, che fu teatro, di tanta disgrazia mortale, è pressoché irraggiungibile, ma è ben visibile dall’ingresso della costruzione stessa.

Nei pressi della prima casa colonica delle Cetine, proprio nel tratto antistante all’aia, si trova l’ingresso di una galleria della miniera, anch’esso seminascosto da una fitta macchia di rovi. Scendendo verso l’altra casa colonica, in un altro quadro seminativo, si incontra l’ampia vasca, detta «Margone» dove venivano lavate le pietre prima di passare all’estrazione del rame. L’acqua che riempie la vasca proviene da una vena poco distante.

Presso la sottostante casa colonica si trovano i resti della più grande costruzione della miniera. E’ ben visibile la ciminiera, oggi completamente ricoperta dall’edera e da altre piante rampicanti. Anche la parte della costruzione sottostante la ciminiera è quasi ricoperta dalIa vegetazione. Queste costruzioni, compresi altri muri spessi ormai isolati, si trovano nei pressi del botro, dove scorre continuamente l’acqua proveniente dal «Margone». Intorno anche della casa colonica esistono altri muri della vecchia costruzione della miniera e, in alcuni punti, fanno addirittura da sostegno ai terreni che si trovano su un piano più elevato rispetto a quello della casa stessa. A destra di dette rovine si trova un bosco con fitta vegetaztone su terreno alquanto scosceso.

Tutt’intorno ai predetti resti sono visibili pietre macchiate dal verderame, mentre altre, pur tendenti tutte al colore verde, sembra abbiano splendore metallico e, qua e là, anche se con fenomeni molto più rari, è addirittura possibile ammirare qualche pietra di roccia luminosa.

© Pro Volterra, ELIO PERTICI
La miniera delle Cetine, in “Volterra”