Non agevole si presenta il compito per Volterra, come in generale per le altre diocesi italiane, di redigere una cronotassi dei vescovi che hanno retto la diocesi dalle origini all’epoca del papa Innocenzo III. Da un lato scarse sono le notizie autentiche pervenuteci, in particolare per i periodi più antichi, mentre dall’altro a questa carenza di dati si è supplito, già in età medievale, con un’abbondanza di elementi più o meno fantasiosi.
> Sommario, Cronotassi dei vescovi di Volterra dalle origini all’inizio del XIII secolo
Meglio informati siamo a partire dall’età carolingia, allorché comincia a delinearsi una lista forse quasi completa.
Il 27 ottobre 821 l’imperatore Ludovico il Pio inviò da Diedenhofen un diploma a Grippo, vescovo di Volterra, in cui – sulla base di un precedente privilegio di Carlo Magno a noi non pervenuto – confermava la protezione imperiale al vescovado intitolato a S. Maria e a S. Giusto e la concessione dell’immunità alle sue proprietà16. Comincia con questo atto la serie dei diplomi imperiali e regi indirizzati ai vescovi volterrani, i quali assunsero un ruolo sempre più importante nella vita cittadina, grazie anche alla mancanza a Volterra di un alto ufficio civile residente: infatti la città, sede di un gastaldo in età longobarda, divenne centro di una contea solo nel terzo decennio del X secolo, ad opera del re Ugo, ma i conti non riuscirono a radicarvisi stabilmente17. I vari documenti imperiali testimoniano il progressivo ampliamento dei diritti e dei poteri dei vescovi nella città e nel suo territorio, diritti e poteri però che non sempre i presuli riuscirono ad esercitare effettivamente.
Legami con l’impero ebbe anche il vescovo Pietro I, attestato per la prima volta il 15 novembre 826 come partecipante al sinodo tenuto a Roma dal papa Eugenio II18. Nell’ottobre 833, insieme con Agiprando vescovo di Firenze, presiedette su mandato dell’imperatore Lotario I un placito a Siena relativo alla controversia tra il vescovo di Arezzo e l’abate del monastero di S. Antimo sul possesso del monastero di S. Pietro ad Asso19.
Da Lotario I il nostro vescovo ricevette un diploma, per noi perduto, nel quale l’imperatore gli concedeva il diritto d’istituire due mercati nei luoghi detti di S. Silvestro e di S. Ottaviano.20
L’ultima notizia su Pietro I risale al 15 giugno 844, allorché a Roma fu presente all’incoronazione a re d’Italia di Ludovico II da parte del papa Sergio II e al sinodo convocato da quel pontefice.21
A Pietro I succedette Andrea, al quale l’imperatore Lotario I confermò da Aquisgrana il 30 dicembre 845 il privilegio di Ludovico I dell’82122. Il vescovo Andrea partecipò nell’aprile 850 al sinodo convocato a Roma dal papa Leone IV23 e l’anno seguente, il 17 giugno 851, ricevette dall’imperatore Ludovico II un diploma in cui, sulla scorta del privilegio di Lotario I al vescovo Pietro I, gli erano conferiti i due mercati concessi al suo predecessore con l’aggiunta di altri due, uno nella città di Volterra il 15 agosto «in domo […] ubi beatus Octavianus corpore requiscit», l’altro nel castello di Camporise presso la chiesa di S. Pietro24. Questo documento testimonia la traslazione – compiuta dal medesimo vescovo Andrea prima dell’851 – del corpo di S. Ottaviano dalla chiesa omonima in Colline alla cattedrale di Volterra, il cui collegio canonicale s’intitolò a quel santo.25
Il vescovo Andrea però, ormai vecchio e malato («incommoditate sui corporis prepeditus»), compì alienazioni del patrimonio della Chiesa volterrana sotto forma di donazioni, precarie e livelli, che il suo successore Gaugino riuscì a far annullare dall’imperatore Ludovico II l’8 dicembre 874.26 Gaugino partecipò il 1 agosto 877 al sinodo tenuto a Ravenna dal papa Giovanni VIII27; infine nel gennaio 882 concesse un livello ad un privato.28
Negli anni 886-887 è attestato il vescovo Pietro II, destinatario nell’886 di una lettera del papa Stefano V, in cui il pontefice lo informava di aver scritto ai vescovi delle diocesi di Siena, di Roselle e di Populonia perché costoro non ricevessero e consacrassero i chierici volterrani.29 A questo vescovo è indirizzato anche il falso diploma dell’imperatore Carlo III dell’887, molto probabilmente costruito dalla cancelleria vescovile sulla base di un originale perduto, ampiamente interpolato nel X secolo.30
© Piccola Biblioteca Gisem, MARIA LUISA CECCARELLI LEMUT
“Cronotassi dei vescovi di Volterra dalle origini all’inizio del XIII secolo*”, in Pisa e la Toscana occidentale nel medioevo. A Cinzio Violante nei suoi 70 anni, a cura di G. Rossetti, 1, Pisa, ETS, 1991 (Piccola Biblioteca Gisem, 1), pp. 23-57)
Questo articolo nasce dalla rielaborazione e dall’ampliamento del contributo preparato nel lontano 1980 per la progettata Series episcoporum ecclesiae catholicae occidentalis ab initio ad annum 1198, a cura di O. Engels e S. Weinfurter dell’Università di Colonia, coordinata per la sezione italiana da Gert Melville. Ma tale iniziativa non ha avuto alcun seguito e non si ha più notizia dei testi allora prodotti.
16 Ed. A. Fanta, Unedirte Diplome II. Mit Einem Excurs über die Urkunden Ludwigs II. für Monte Amiata, in «Mitteilungen des Instituts für Österreichische Geschichteforschung», V (1884), pp. 378-415, n. 2 p. 381; reg. J.F. Böhmer, Regesta imperii, I: Die Regesten des Kaiserreiches unter den Karolingern, 751-918, a cura di E. Mühlbacher, Innsbruck 1908, n. 745. La dedicazione a S. Giusto compare anche nel diploma di Lotario I dell’845: vedi nt. 22. In seguito si trova solo la dedicazione a S. Maria, come nel diploma del re Ugo del 929 citato alla nt. 35.
17 Su tutto questo vedi G. Rossetti, Società e istituzioni nei secoli IX e X: Pisa, Volterra e Populonia, in «Lucca e la Tuscia nell’alto medioevo», Atti del V Congresso Internazionale di studi sull’alto medioevo (Lucca, 3-7 ottobre 1971), Spoleto, Centro italiano di studi sull’alto medioevo, 1973, pp. 209-338, a pp. 241-246. La prima attestazione della contea di Volterra è nel diploma del 929 citato alla nt. 35. Conti di Volterra furono, almeno dal 967, membri di quella famiglia più tardi nota col cognome Della Gherardesca, sui quali vedi M.L. Ceccarelli Lemut, I conti Gherardeschi, in «I ceti dirigenti in Toscana nell’età precomunale», Atti del I convegno di studi del Comitato sulla storia dei ceti dirigenti in Toscana (Firenze, 2 dicembre 1978), Pisa, Pacini, 1981, pp. 165-190; Eadem, I conti Gherardeschi e la fondazione del monastero di S. Maria di Serena, in Nobiltà e chiese nel medioevo e altri saggi. Miscellanea di scritti in onore di G. Tellenbach, a cura di C. Violante, Roma, Jouvence, in corso di stampa.
18 Ed. M.G.H., Legum sectio III, Concilia, II/2: Concilia aevi karolini, a cura di A. Werninghoff, Hannoverae et Lipsiae 1908, p. 562.
19 Ed. C. Manaresi, I placiti del «Regnum Italiae», voll. 3, Roma, Istituto Storico italiano per il medio evo, 1955-1960 (Fonti per la Storia d’Italia, 92, 96, 97), I, n. 42 pp. 132-139. Il placito è citato anche nel diploma di Lotario I inviato il 9 dicembre 933 da Aquisgrana al vescovo di Arezzo: M.G.H., Diplomata Karolinorum, III: Lotharii I et Lotharii II diplomata, a cura di Th. Schieffer, Berlin-Zurich, Weidmann, 1966, n. 14 pp. 80-82.
20 Ivi, n. 164 p. 339. Conosciamo questo diploma dalla citazione fattane da Ludovico II nell’851: vedi nt. 24.
21 Duchesne, Le Liber Pontificalis, cit., II, p. 89.
22 M.G.H., Lotharii I et Lotharii II diplomata, cit., n. 93 pp. 228-229. Per il diploma di Ludovico I vedi testo corrispondente alla nt. 16.
23. Edd. Pasqui, Documenti, I, cit., n. 37 pp. 50-55; Manaresi, I placiti, cit., I, n. 53 pp. 176-187.
24 Edd. Ammirato, Vescovi, cit., pp. 68-70; Ughelli, I.S., cit., I, coll. 1427-1428; Cappelletti, Le chiese, XVIII, cit., pp. 218-219; reg. Böhmer-Mühlbacher, cit., n. 1273. Per il diploma di Lotario I al vescovo Pietro vedi testo corrispondente alla nt. 20.
25 Sulla base del Kalendarium Hugonis risalente al 1161 (ora pubblicato da M. Bocci, De sancti Hugonis actis liturgicis, Firenze, Olschki, 1984: il passo che ci interessa è a p. 134), che attribuisce la traslazione sì al vescovo Andrea ma la pone nell’anno 820, tutta una tradizione storiografica ha posto un altro vescovo Andrea nell’820 (Giovannelli, Cronistoria, cit., p. 160; Ammirato, Vescovi, cit., pp. 68-70; Orlendi, Orbis Sacer, II, cit., p. 1055; Leoncini, Illustrazione, cit., p. 239; Giachi, Saggio di ricerche, cit., p. 194; Cavallini, Vescovi volterrani, cit., p. 14), ma già Ughelli, I.S., cit., I, col. 1427, e J. Limpers, Acta Sanctorum Septembris, I, Antverpiae 1746, col. 404, attribuirono la traslazione al vescovo Andrea attestato tra l’845 e l’851.
26 Edd. Ammirato, Vescovi, cit., pp. 70-73; Ughelli, I.S., cit., I, coll. 1428-1429; reg. Böhmer-Mühlbacher, cit., n. 1273.
27 Mansi, Sacrorum conciliorum… collectio, XVII, Florentiae 1772, col. 342.
28 Regesto in F. Schneider, Regestum Volaterranum (=R.V.), Roma 1907 (Regesta Chartarum Italiae, 1), n. 9.
29 Ed. P. Ewald, Die Papstbriefe der Brittischen Sammlung, in «Neues Archiv», V (1879), pp. 393-596, n. 2 p. 400; reg. Kehr, I.P., cit., III, n. 9 p. 282. Pietro II è sconosciuto a tutte le liste vescovili citate alla nt. 1, salvo che alla tesi Casalini, cit., pp. 49-51.
30 Ed. M.G.H., Diplomata regum Germaniae ex stirpe Karolinorum, II/1: Karoli III diplomata, a cura di P. Kehr, Berolini 1936, pp. 329-332. In quasi tutte le liste episcopali citate alla nt. 1 anteriori a questo secolo (salvo il Giovannelli) il falso diploma è attribuito a Carlo Magno all’anno 800, per cui viene inserito un altro vescovo Pietro a quella data.