Era una bella giornata di primavera (marzo o aprile, non ricordo esattamente) del 1944.
Io frequentavo la seconda liceo del “Carducci”, allora collocato nel palazzo Vigilanti, nei pressi del Giardinetto. Nonostante l’infuriare della guerra sempre più vicina, come testimoniavano i frequenti allarmi aerei e qualche scontro tra militi fascisti e partigiani, il funzionamento della scuola andava alla bell’e meglio e, spesso, dovevamo recuperare nel pomeriggio le ore perdute al mattino, proprio in forza degli allarmi aerei che ci davano, senza troppi rischi per tutti, una bella occasione di vacanza, allorché la sirena dall’alto della torre del Palazzo dei Priori ci permetteva una rapida uscita, magari alle soglie dell’ora di greco. Così fu per quel pomeriggio; era stato previsto un compito di latino per le quattordici e trenta e le sedici, tenuto il quale ce ne uscimmo allegramente.
Eravamo tutti in gruppo, poiché la classe contava appena una decina di alunni. Quando arrivammo all’altezza dell’Oratorio di Sant’Antonio, ci imbattemmo in una fila di militi di quella che allora si chiamava Guardia Nazionale Repubblicana, che sbarrava il passaggio. Alle nostre prime richieste ci fu risposto di tornare indietro e qualcuno, senza tanti complimenti, ci allungò il calcio del moschetto. Avevamo visto che tutta via Nuova era completamente deserta; solo un’ambulanza vi sostava. In fondo all’incrocio con via Guidi, tra la farmacia Cerri e la tabaccheria, allora Tozzi, un altro cordone di militi.
Naturalmente la curiosità fu forte; tornammo indietro e, tutti insieme, prendemmo per via di Sotto, risalendo da San Michele alle spalle dell’altro cordone. Qui si erano radunati gruppi di cittadini; ma nessuno era in grado di dire quello che era successo. Individuammo però il luogo dell’accaduto. Allora in via Nuova esisteva il ristorante denominato “Italia”, gestito dallo Scarselli. Questi, per comodo dei suoi clienti, teneva a disposizione alcune camere poste nell’abitazione di fronte, presso la quale sostava l’ambulanza. A questo punto arrivarono i Carabinieri che superarono il cordone dei militi, recandosi verso la casa.
Qui occorre aprire una parentesi.
Dopo la tragedia dell’8 settembre, i Carabinieri, nel territorio controllato dal risorto fascismo, persero ovviamente la definizione di “Reali” che li aveva caratterizzati da oltre un secolo. Essi si trovarono in mezzo alla bufera. Ci fu chi si oppose decisamente all’invasore tedesco, andando a confluire nelle bande partigiane, oppure sacrificando eroicamente la vita come Salvo D’Acquisto o come quelli fucilati a Fiesole. Poi ci furono quelli che restarono in servizio e confluirono nella G.N.R. (Guardia Nazionale Repubblicana). Alcuni, per evidente convinzione politica, altri per il quieto vivere, magari remando contro. Anche a Volterra si creò una situazione del genere, poiché la Stazione di via dell’Ortaccio era comandata dal maresciallo Raciti che si era creato una brutta fama per la sua durezza con la quale arrestava i padri dei renitenti alla leva. Un altro carabiniere fu ucciso dai partigiani nelle campagne di Mazzolla, come avvenne per altri in un agguato a Pomarance. Al tirar delle somme però, era evidente che i Carabinieri cercavano di distinguersi dai militi, come infatti avvenne nella vicenda in questione.
Nel frattempo dall’abitazione erano usciti alcuni militi che caricarono sull’ambulanza una donna avvolta nelle coperte. I Carabinieri entrarono e ne uscirono poco dopo portando con loro un giovane sanguinante per una ferita alla testa. Quando il gruppo fu in fondo a via Guidi (si noterà che, allora, era stata intitolata a Ettore Muti), fummo in molti a riconoscere il malcapitato. Si trattava di Edon Guarguaglini, da poco giunto in città dalla natia San Cipriano, aprendo un piccolo negozio di orologeria nel vicolo delle Prigioni. Nonostante la situazione, chiese ed ottenne dai Carabinieri di serrare con la tipica “bandella” la porta della bottega; quindi sparì in direzione della caserma.
Questo episodio mi fu raccontato da un comune amico, Piero Consortini, che aveva il suo negozio di parrucchiere in via Guidi, proprio davanti all’imbocco del vicolo. Egli commentò a bassa voce con un mezzo singulto: “Povero Gastone, non ti vedrò più!”.
Al Consortini era uso chiamar così l’amico per certe sue vicende amorose, come raccontato da una canzone che in quei tempi andava per la maggiore. Ma che cos’era successo?
La voce si stava spargendo con una certa rapidità: si trattava di una vicenda largamente boccaccesca, per non dire da Gastone… appunto, che, come si sa, “aveva donne a profusione”.
Il Guarguaglini era solito pranzare al ristorante dello Scarselli, dove pure era cliente, insieme alla moglie, il maggiore della milizia Marchetti.
Data la situazione politica che portava il Marchetti ad assentarsi, in quanto era praticamente il comandante della G.N.R. (era ancora in servizio il Console Libano Ulivieri ma piuttosto anziano, non aveva più alcuna autorità). Di conseguenza la signora rimaneva sola ed Edon, da bravo Gastone, incominciò ad averci i primi contatti. Una parola oggi, una domani e non ci volle molto tempo perché aprisse la porta della sua camera (che era, appunto, nell’edificio difronte) all’intraprendente giovanotto.
Si sa come vanno a finire queste cose: una parola tira l’altra, e la vicenda arrivò all’orecchio del marito, il quale si apprestò alla vendetta. Un giorno, dopo pranzo, fece finta di dover partire, concesse un po’ di tempo agli amanti e poi intervenne con in mano la pistola d’ordinanza. La porta della camera era chiusa a chiave, ma la parte superiore era di vetro. L’ufficiale ruppe il vetro e, quando si trovò di fronte all’intuibile spettacolo, aprì il fuoco. La prima pallottola colpì la moglie ad una coscia, quindi l’arma fu puntata contro Edon letteralmente terrorizzato.
Avvenne uno di quei casi incredibili, poiché la pistola s’inceppò; folle di rabbia e di risentimento, il Marchetti riuscì ad entrare nella camera e s’avventò sul Guarguaglini colpendolo alla testa col calcio della pistola.
L’interessato, anni dopo, raccontandomi quei momenti, confessò di essersi sentito alla fine, quando per sua fortuna entrarono i Carabinieri che lo sottrassero alla violenza del maggiore. Questi insistè perché il Guarguaglini fosse portato nella caserma della Milizia in piazza della Dogana, ma i Carabinieri furono irremovibili, sostenendo che il fatto era di loro competenza. Si può facilmente capire che fine avrebbe fatto il nostro amico, una volta lasciato nelle mani del suo peggiore nemico.
Invece i Carabinieri, dopo una sosta in caserma, lo portarono all’Ospedale dove venne curato e piantonato. Era ormai al sicuro.
La faccenda causò le più spassose risate, perché, per fortuna, anche la ferita della signora non aveva lasciato gravi conseguenze. Negli ambienti fascisti il Marchetti non era molto amato ed erano perciò molti i camerati che ridevano alle sue spalle.
Fu dunque ritenuto utile per tutti appianare la questione; di conseguenza, appena guarito Edon tornò a riaprire il proprio negozietto ed a pranzare al solito posto. Il fatto che le cose gli fossero andate bene, lo spinse addirittura a sfidare la sorte. Infatti, allorché nel ristorante entrava il Marchetti, Edon scattava in piedi, si esibiva nel più corretto saluto romano e augurava il buon appetito al marito tradito.
Il Guarguaglini non era molto pratico di gradi militari e perciò, quando scattava nel saluto, apostrofava l’ufficiale non con il grado di maggiore, bensì con quello di console, facendolo precedere, per giunta, da un “signor”. La situazione andava ormai precipitando: dopo non molte settimane il Marchetti fuggi al nord, e al Guarguaglini rimase solo, come traccia della brutta avventura, un’ampia cicatrice che gli attraversava la testa verticalmente.
Divertente però è l’epilogo, perchè Edon Guarguaglini quando entrava nella bottega del Consortini, per fare due chiacchiere o i capelli, molto seriosamente il barbiere invitava i numerosi clienti ad alzarsi in piedi, dicendo: “Onorate colui che ha sparso il suo sangue generoso nella lotta contro il fascismo!”. Per i clienti non volterrani, Piero completava l’opera aprendo i capelli di Edon e mostrando la brutta cicatrice, rimasta per lui unica testimonianza di una storia d’amore… quantomeno travagliata.