Non agevole si presenta il compito per Volterra, come in generale per le altre diocesi italiane, di redigere una cronotassi dei vescovi che hanno retto la diocesi dalle origini all’epoca del papa Innocenzo III. Da un lato scarse sono le notizie autentiche pervenuteci, in particolare per i periodi più antichi, mentre dall’altro a questa carenza di dati si è supplito, già in età medievale, con un’abbondanza di elementi più o meno fantasiosi.1

> Sommario, Cronotassi dei vescovi di Volterra dalle origini all’inizio del XIII secolo


Una pia tradizione vuole che la predicazione del Cristianesimo in Volterra risalga ai tempi apostolici: S. Lino, successore di S. Pietro, sarebbe stato volterrano, e nella città avrebbe predicato S. Romolo, inviato da S. Pietro.
Ma, se da un lato ha poco credito l’affermazione del Liber Pontificalis che Lino fosse «natione italus, regionis Tusciae», ancor meno ne ha quella che egli sia stato volterrano, nozione divulgata da Raffaello Maffei al principio del Cinquecento.2

Nemmeno S. Romolo può essere attribuito alla Chiesa volterrana: egli infatti visse dopo l’epoca delle persecuzioni e fu diacono – o forse prete – della Chiesa fiesolana. Una favolosa Passione dell’XI secolo lo attribuisce all’età apostolica, lo fa vescovo di Fiesole e martire ed estende il suo apostolato a Volterra e ad altre città toscane e perfino a Bergamo e a Brescia.3

Infine è necessario espungere dalla lista dei vescovi volterrani S. Giusto, venerato già nel VII secolo, che tutta la tradizione più antica chiama semplicemente confessore: solo dal XIV secolo egli è rappresentato come vescovo.4 In realtà sembra che il Cristianesimo si sia affermato a Volterra solo dopo la pace costantiniana5, ma le prime notizie sui suoi vescovi risalgono alla fine del V secolo. Alcune lettere del papa Gelasio I degli anni 495 e 496 nominano il vescovo Eucaristo, accusato nel 495 dal defensor Fausto di aver disperso i beni della Chiesa volterrana e per questo ed altri misfatti deposto dal pontefice nel 4966, ed i suoi predecessori Eumazio ed Opilione, anch’essi venditori dei beni della Chiesa7.

Ad Eucaristo successe Elpidio, rimproverato nel 496 dal papa Gelasio I perché, vescovo da poco tempo, intendeva recarsi a Ravenna presso il re Teodorico senza chiedere il prescritto assenso del papa a quel viaggio8. La seconda, e ultima, notizia su Elpidio si riferisce alla sua partecipazione ai due sinodi romani del 23 ottobre e del 6 novembre 5029.

Mancano poi notizie sui vescovi della Chiesa volterrana per più di mezzo secolo, fino al vescovo Gaudenzio: a lui e agli altri vescovi della Tuscia annonaria il papa Pelagio I indirizzò una lettera il 16 aprile 557, nella quale li rimproverava di essersi allontanati dalla Chiesa romana per aderire allo scisma tricapitolino10. In un’altra lettera, attribuibile al periodo tra il settembre 558 e il 2 febbraio 559, lo stesso papa invitava Gaudenzio a perseguire gli eretici, indicandogli anche come battezzare gli eretici pentiti.11

In seguito la lista dei vescovi presenta un’altra ampia lacuna, di novant’anni, fino al vescovo Gemignano, che partecipò al sinodo tenuto a Roma dal papa Martino I nell’ottobre 64912. Altri due vescovi sono noti nella seconda metà del VII secolo: Marciano, che partecipò al sinodo romano del papa Agatone il 27 marzo 68013, e Gaudenziano, che al tempo del re longobardo Cuniperto (688-700) costruì e dedicò la chiesa di S. Giusto presso Volterra14. Ancora minori sono le notizie sull’VIII secolo, di cui conosciamo un solo vescovo, Tommaso, ricordato in una lettera del papa Stefano II al vescovo di Arezzo Stabile il 20 giugno 752. Tommaso, insieme con i suoi confratelli Tachiperto di Castrum Felicitatis e Gisulfo di Chiusi, aveva emesso una sentenza nella vertenza tra le diocesi di Arezzo e di Siena su alcune pievi di confine15.

© Piccola Biblioteca Gisem, MARIA LUISA CECCARELLI LEMUT
“Cronotassi dei vescovi di Volterra dalle origini all’inizio del XIII secolo*”, in Pisa e la Toscana occidentale nel medioevo. A Cinzio Violante nei suoi 70 anni, a cura di G. Rossetti, 1, Pisa, ETS, 1991 (Piccola Biblioteca Gisem, 1), pp. 23-57)
Questo articolo nasce dalla rielaborazione e dall’ampliamento del contributo preparato nel lontano 1980 per la progettata Series episcoporum ecclesiae catholicae occidentalis ab initio ad annum 1198, a cura di O. Engels e S. Weinfurter dell’Università di Colonia, coordinata per la sezione italiana da Gert Melville. Ma tale iniziativa non ha avuto alcun seguito e non si ha più notizia dei testi allora prodotti.
1 Elementi fantasiosi introdusse, all’inizio del XVI secolo, R. Maffei, Commentariorum Urbanorum libri XXXVIII, n. ed., s.l. 1603, coll. 158-160. Le liste episcopali pubblicate in seguito presentano gravi fraintendimenti, inserzioni di vescovi inesistenti e duplicazione di altri, errori cronologici: S. Ammirato, Vescovi di Fiesole, di Volterra et d’Arezzo, a cura di S. Ammirato il Giovane, Firenze 1637, pp. 61-116; L. Falconcini, Antiquissimae urbis Volaterranae historia, a cura di B. Berardi, in «Rivista Volterrana», I-II (1876-1877); M. Giovannelli, Cronistoria dell’antichità e nobiltà di Volterra, cominciando dal principio della sua edificazione infin’al giorno d’hoggi, Pisa 1613, pp.160-163; F. Ughelli, Italia Sacra sive de episcopis Italiae (=I.S.), 2a ed. cura et studio N. Coleti, voll. 10, Venetiis 1717-1722, I, coll. 1425-1448; F. Orlendi, Orbis sacer et profanus illustratus, II, Firenze 1732, p. 1055; G. Leoncini, Illustrazione della cattedrale di Volterra, Siena 1869, pp. 234-255; P.B. Gams, Series episcoporum ecclesiae catholicae occidentalis ab initio usque ad annum 1198, Regensburg 1873-1886, p. 763. Più affidabili, anche se con errori, A.F. Giachi, Saggio di ricerche sopra lo stato antico e moderno di Volterra, Firenze-Volterra-Cecina 18872, pp. 184-209; G. Cappelletti, Le chiese d’Italia, XVIII, Venezia 1864, pp. 212-237; M. Cavallini, Vescovi volterrani fino al l100. Esame del Regestum Volaterraum, con appendice di documenti trascurati da F. Schneider, in «Rassegna Volterrana», XXXVI-XXXIX (1969-1972), pp. 5-41 (fino al 1061); Supplemento, a cura di M. Bocci, Ivi, LVIII (1982), pp. 23-51; L. Casalini, I vescovi di Volterra dalle origini fino al XII secolo, tesi di laurea, Università di Pisa, a.a. 1966-1967, relatore C. Violante. Per non appesantire eccessivamente l’articolo, mi limiterò a citare queste liste solo in casi particolari.
2 Come è noto, le notizie del Liber Pontificalis sulla patria, la famiglia, le ordinazioni fatte, etc., per i papi dei primi tre secoli non hanno fondamento: vedi L. Duchesne, Le Liber Pontificalis, voll. 3, Paris, De Boccard, 1955-19572, I, pp. XXXVI-XXXVIII, CLXI, 53; F. Lanzoni, Le antiche diocesi d’Italia dalle origini al principio del secolo VII, I, Faenza 1927 (Studi e Testi, 35) pp. 2-3, 559.
3 Ivi, I, pp. 582-583. Vedi anche A. Amore, S. Romolo di Fiesole, in Bibliotheca Sanctorum, voll. 12, Roma, Città Nuova, 1961-1969, Xl, coll. 352-355.
4 Lanzoni, Le antiche diocesi, I, cit., pp. 559-561; S. Ferrali, Giusto e Clemente, in Bibliotheca Sanctorum, cit., VII, coll. 41-47; Cavalllini, Vescovi volterrani, cit., pp. 8-10. Difende la tradizione L. Consortini, Osservazioni critiche sui santi Giusto, Clemente e Ottaviano protettori di Volterra, in risposta alla critica di mons. F. Lanzoni alle loro leggende, in «Rassegna Volterrana», II/2 (1925), pp. 75-91.
5 Vedi A. Falcini, Le origini del Cristianesimo nell’Etruria romana, Firenze, Tip. G. Cencetti, 1952 (pubblicazione parziale di una tesi di laurea in telogia presso il P. Ateneo Antoniano di Roma 1’11 marzo 1940).
6 Regesti in P. Kehr, Regesta Pontificum Romanorum. Italia Pontificia (=I.P.), III: Etruria, Berolini l908, nn.2-3 p.281; edite da S. Loewenfeld, Epistulae Pontificum Romanorum ineditae, Lipsiae 1885, nn.9 pp.5-6, 22 pp.11-12; la prina lettera anche in Monumenta Germaniae Historica, (=M.G.H.), Auctores antiquissimi, XII, Berolini 1894, Epistulae Theodoricianae variae, a cura di Th. Mommsen, n. 2 p. 389.
7 Ed. A. Thiel, Epistulae Romanorun pontificum genuinae et quae ad eos scriptae sunt a s. Hilaro usque ad Pelagium II, I, Brunbergae 1848, n. 23 p. 496; reg. Kehr, I.P., cit., III, n. 6 pp. 283-284.
8 Ed. Thiel, Epistulae, I, cit., n. 7 p. 486; reg. Kehr, I.P., cit., III, n. 6 p. 281.
9 M.G.H., Auctores antiquissimi, XII, cit.: Acta synhodorum habitarum Romae a. 499, 501, 502, a cura di Th. Mommsen, pp.436, 454. Per l’esatta datazione dei sinodi vedi G. B. Picotti, I sinodi romani nello scisma laurenziano, in Studi in onore di G. Volpe, Firenze 1958, II, pp. 743-786, a pp. 763-766.
10 Ed. Pelagii I epistulae quae supersunt, a cura di P.M. Gassò, Barcelona 1956, n. 10 pp. 31-34; reg. Kehr, I.P., cit., III, n. 3 p. 2. Sulle sedi cui attribuire i vescovi nominati in questa lettera vedi L. Duchesne, Les evêchés d’Italie et l’invasion lombarde, in «Melanges d’archéologie et d’histoire», 1903, pp. 83-116, a p. 92.
11 Ed. Pelagii I epistulae, cit., n. 21 pp. 64-66; reg. Kehr, I.P., cit., III, n. 7 p. 282.
12 Vedilo in J.D. Mansi, Sacrorum conciliorum nova et amplissima collectio, curaverunt P. Labbeus, G. Cossatius et N. Coleti, X, Florentiae 1764, coll. 866, 1161.
13 Ivi, XI, Florentiae 1765, col. 775.
14 Di questa dedicazione resta l’epigrafe, in cui si può leggere: «[in hon]ore s(an)c(t)i Iusti Alchis ill(uster) gastaldius fieri iusset tempore dom(i)n(i) Cunicpert regi et Gaudentiano episcopo a[nno]». Cfr. Giachi, Saggio di ricerche, cit., p. 187. Questa chiesa di S. Giusto, ricostruita tra X e XI secolo, con un monastero benedettino fondato nel 1034 (cfr. nt. 55), rovinò nel 1627: nella nuova chiesa eretta a partire dal 1628 fu trasferita anche l’epigrafe: cfr. Ferrali, Giusto e Clemente, cit., col. 46.
15 Ed. U. Pasqui, Documenti per la storia della città di Arezzo nel Medioevo, I, Firenze 1899 (Documenti di storia italiana pubblicati a cura della Deputazione toscana sugli studi di storia patria, XI), n. 11 pp. 26-27. Il vescovo Tommaso compare anche in una delle liste di monaci del monastero benedettino di S. Pietro di Monteverdi, in diocesi di Populonia, conservate nei Libri confraternitatum dell’abbazia tedesca di Reichenau, dopo il nome di Walfredo, fondatore del cenobio nel 754, insieme con altri quattro vescovi, presumibilmente toscani, di cui è taciuta la sede (M.G.H., Antiquitates, Necrologia Germaniae: supplementum, Libri confraternitatum Sancti Galli, Augiensis, Fabariensis, ed. P. Piper, Berolini 1884, p. 243; su queste liste vedi U. Ludwig, Bemerkungen zu den Mönchslisten von Monteverdi, in Vita Walfredi und Kloster Monteverdi. Toskanisches Mönchtum zwischen langobardischer und frankischer Herrschaft, Freiburg, Universität Freiburg, 1988, pp. 89-107; G. Giuliani, Il monastero di S. Pietro di Monteverdi dalle origini (sec. VIII) fino alla metà del sec. XIII, tesi di laurea, Università di Pisa, a.a. 1989-1990, relatrice M.L. Ceccarelli Lemut, pp. 85 ss.). Di tali vescovi, uno è Andrea di Pisa (su cui vedi C. Violante, Cronotassi dei vescovi e degli arcivescovi di Pisa dalle origini all’inizio del secolo XIII. Primo contributo ad una nuova ‘Italia Sacra’, in Miscellanea G.G. Meersseman, I, Padova, Antenore, 1970, pp. 3-56, p. 13), mentre degli altri non è possibile precisare la sede.