Non agevole si presenta il compito per Volterra, come in generale per le altre diocesi italiane, di redigere una cronotassi dei vescovi che hanno retto la diocesi dalle origini all’epoca del papa Innocenzo III. Da un lato scarse sono le notizie autentiche pervenuteci, in particolare per i periodi più antichi, mentre dall’altro a questa carenza di dati si è supplito, già in età medievale, con un’abbondanza di elementi più o meno fantasiosi.
> Sommario, Cronotassi dei vescovi di Volterra dalle origini all’inizio del XIII secolo
AL SECOLO XII
Il successore di Pietro IV fu Ruggero, appartenente all’illustre casata lombarda dei Gisalbertini conti di Bergamo: egli era figlio del conte Enrico e di Bellezza, figlia di Ruggero da Soresina, abitanti nel castello di Cremal72. La sua prima menzione come vescovo di Volterra risale al 24 maggio 1103, alla bolla in cui il papa Pasquale II gli confermò il possesso del castello di S. Gimignano73. Egli partecipò ai sinodi tenuti dal medesimo pontefice a Guastalla il 22 ottobre 1106 e a Roma nel marzo 111274. Ruggero fece donazioni al monastero dei Ss. Giusto e Clemente appartenente al vescovado volterrano, e ai canonici della cattedrale75. Geloso custode e rivendicatore dei diritti della sua chiesa, ebbe un contrasto sull’esenzione goduta da quel cenobio con l’abate del monastero di S. Salvatore all’Isola, contrasto terminato il 5 maggio 1108 a favore dell’abate, la cui ordinazione e consacrazione fu dichiarata spettare al pontefice e non all’ordinario diocesano, il vescovo di Volterra cioè. Ruggero dette qui prova –come vedremo più tardi nel I Concilio Lateranense– del suo carattere poco accomodante rifiutandosi di ascoltare la sentenza76. A Ruggero si dovette, probabilmente, l’introduzione dei Camaldolesi nel monastero dei SS. Giusto e Clemente di Volterra, avvenuta anteriormente al 4 novembre 111377.
Il papa Callisto II consacrò il 20 maggio 1120 la cattedrale di Volterra in onore di S. Maria78 e nominò Ruggero legato della Sede Apostolica in Sardegna79. Poco dopo, forse nel 1122, Ruggero fu eletto arcivescovo di Pisa, ma non lasciò l’ufficio episcopale di Volterra80. Per la prima volta egli agì come arcivescovo di Pisa nel I Concilio Lateranense convocato dal medesimo papa Callisto II dal 18 al 28 marzo 1123, ove egli difese aspramente, ma invano, il diritto di primazia della Chiesa pisana sulle diocesi corse contro i Genovesi, i quali riuscirono a far togliere all’arcivescovo di Pisa il diritto di consacrare i vescovi corsi. Ruggero allora «mitram et anulum ad pedes domini pape proiecit et irato animo dixit: ‘Ulterius archiepiscopus et episcopus tuus non ero’. Papa ilico anulum et mitram cum pede longe proiecit et dixit: ‘Frater, male fecisti et te inde penitere procul dubio faciam’». Ed a quel punto i Pisani lasciarono il Concilio81. La vittoria genovese fu però di breve durata, poiché il 21 luglio 1126 il papa Onorio II restituì all’arcivescovo Ruggero i diritti metropolitici sulla Corsica82.
Intanto, dal 1125, era sorta in Toscana un’aspra lotta causata da un rinfocolarsi della secolare vertenza tra le città di Arezzo e di Siena su alcune pievi aretine annesse dai Senesi. A questa guerra parteciparono anche coloro che erano interessati a un abbassamento di Siena, e cioè Firenze e il nostro Ruggero, il quale voleva impedire che l’area della diocesi volterrana più vicina a Siena cadesse sotto il controllo di quella città. Ma le cose non andarono bene per il vescovo, che fu preso prigioniero dai Senesi non lontano da Poggibonsi nell’autunno 1129 e rimase qualche tempo in prigione83. Finalmente liberato, è nominato per l’ultima volta il 26 giugno 1132 come arcivescovo di Pisa in un breve recordationis con il quale il giudice Comita di Gallura ricordava il giuramento di fedeltà prestato l’anno precedente all’arcivescovo e ai consoli di Pisa84. Ruggero morì poco dopo, nell’anno 113285, e fu sepolto a Volterra nel sarcofago del vescovo Gunfredo86.
Nella diocesi volterrana a Ruggero successe Crescenzio, il cui episcopato fu però piuttosto breve. Attestato per la prima volta il 16 agosto 1133, allorché acquistò dai figli di Gualfredo da Pichena metà dei castelli di Ripapoggioli e di Pichenal87, nel settembre del medesimo anno a Pisa ricevette, alla presenza del papa Innocenzo II e dei consoli di Pisa, Genova e Pistoia, un arbitrato a lui favorevole emesso dall’arcivescovo di Pisa Uberto e da due eminenti cittadini pisani, arbitrato che pose fine alle controversie tra il vescovado volterrano e i conti Gherardeschi, originate dalla guerra di cui abbiamo parlato sopra e in cui era stato coinvolto il vescovo Ruggero88. Non so se Crescenzio possa essere identificato con il Crescentius cantor et canonicus della cattedrale volterrana attestato nel 1110-111189.
Per l’ultima volta Crescenzio compare il 4 giugno 1135, allorché confermò alla chiesa di S. Pietro in Corte nel territorio di Latereto nel piviere del Pino le concessioni fatte dal vescovo Ermanno, che l’aveva consacrata e sottoposta al patronato vescovile90. Crescenzio morì il 17 agosto di un anno non precisato, ma certo tra il 1135 e il 113791.
Più lungo fu l’episcopato di Adimaro, che nel novembre 1137 dette in permuta al vescovo di Siena Ranieri metà del castello di Montieri in Val di Merse con le miniere d’argento che si trovavano in quel territorio e alcuni beni nel castello di Chiusdino, ottenendo in cambio ciò che il vescovado senese possedeva nel piviere di Sorciano e a Fabbrica92. In questo modo i Senesi consolidavano, dopo la guerra degli anni precedenti, la loro posizione in Val di Merse ai danni del vescovado volterrano, ma soprattutto giungevano alle miniere d’argento di Montieri.
Il 22 gennaio 1139 Adimaro ottenne dal conte Ranieri I Pannocchia alcuni beni in Valdera93, e il 16 giugno 1140 traslò dalla chiesa dei Ss. Giusto e Clemente in quella di S. Salvatore di Volterra le reliquie delle sante Attinia e Greciniana94. Per l’ultima volta egli compare in una donazione fatta alla Chiesa volterrana dai conti di Montecuccari di Valdera il 6 ottobre 114695. Tradizionalmente, sulla sola base del suo nome, è stato ritenuto un membro della famiglia Adimari di Firenze, ma non esiste alcun elemento che lo provi96.
Il successore di Adimaro, Galgano, compare il 3 agosto 115097. Teso a recuperare e difendere i beni della Chiesa volterrana, fu in lite per il possesso di Gerfalco con il conte Ranieri I Pannocchia a partire dal 1156 e con il conte Ildebrandino VII Aldobrandeschi, controversie che ebbero fine con un arbitrato pronunciato dai consoli senesi il 30 aprile 116298, al quale furono presenti anche un console e alcuni giurisperiti pisani. Questo documento mostra così raccolti i fautori della politica di Federico I, cioè i Comuni di Pisa e di Siena, e probabilmente lo stesso Galgano era già passato dalla parte imperiale. Nel periodo immediatamente successivo allo scisma provocato dall’elezione il 7 settembre 1159 dell’antipapa Vittore V in contrapposizione al pontefice Alessandro III, Galgano, come del resto in generale tutta la Toscana, aveva mantenuto un atteggiamento favorevole al papa legittimo, come mostra la consacrazione da lui fatta della chiesa di Casole d’Elsa insieme con l’arcivescovo di Pisa Villano e il vescovo di Firenze Giulio99. Ma in seguito anche Galgano, come molti altri comuni e vescovi toscani, passò dalla parte dell’antipapa, sostenuto dall’imperatore: il 1 agosto 1163 era a Siena con il legato imperiale Rinaldo da Dassel100 e tra l’aprile e il giugno 1164 ottenne da Federico I la giurisdizione sulla città di Volterra e sui castelli della diocesi101.
Ma la posizione favorevole assunta da Galgano nei confronti dell’imperatore e dell’antipapa, e ancor più i diritti signorili che egli aveva ottenuto e che certo cercava di esercitare tentando di sottomettere a sé il Comune di Volterra, provocarono tra il vescovo ed i Volterrani un contrasto ed una frattura così profondi e insanabili che Galgano fu ucciso dai cittadini in rivolta. Non si sa esattamente quando ciò sia accaduto: l’ultima menzione di Galgano risale al 12 settembre 1168102 e la sua uccisione dovette avvenire non molto tempo dopo, forse nel 1170, quando si manifestava in Toscana un generale ritorno all’ortodossia103. Si è voluto attribuire Galgano alle famiglie Pannocchieschi o Inghirami, ma si tratta di tradizioni cinque-seicentesche prive di fondamento104.
Ugo, il successore di Galgano, fu invece persona gradita al pontefice, se il primo documento che lo ricorda è proprio il privilegio con cui Alessandro III gli confermò il 29 dicembre 1171 i possessi e i castelli appartenenti al suo vescovado105. Dal medesimo papa egli ottenne il 23 aprile 1179 un altro privilegio di conferma, con l’elenco non solo delle chiese e delle pievi dipendenti dal vescovado di Volterra ma anche dei castelli, e con l’indicazione dei confini della diocesi106.
Forse egli può essere identificato con Ugo, canonico della cattedrale di Volterra durante l’episcopato di Galgano107. Una tradizione cinquecentesca, dovuta a Raffaello Maffei, lo vuole della famiglia dei Saladini di Agnano e canonico a Padova, oltre che a Volterra; nel XVII secolo lo si è identificato con Ugo arciprete della canonica di Volterra e autore nel 1161 dell’Ordo officiorum della chiesa volterrana. Ma non esiste alcun elemento che possa comprovare queste ipotesi: anzi l’arciprete Ugo è certamente persona diversa dal vescovo, essendo attestato anche durante l’episcopato di Ugo108.
Il vescovo Ugo partecipò nel marzo 1179 al III Concilio Lateranense109. Nel settembre 1181 compose con il Comune di Siena il contrasto su Montieri e le sue miniere d’argento, derivato dalla permuta compiuta dal vescovo Adimaro nel 1137: i Senesi dovettero ora accontentarsi di un quarto del castello, delle miniere e dei diritti signorili110.
Ugo morì l’8 settembre 1184 e fu sepolto nel sarcofago dove già riposavano i vescovi Gunfredo e Ruggero, donde le sue reliquie furono tolte il 9 febbraio 1648 per essere trasferite nella prima cappella sinistra del transetto della cattedrale111. Fu venerato come santo.
A Ugo successe Ildebrando, della famiglia comitale dei Pannocchieschi, attestato dal gennaio 1185112. Figlio del conte Ranieri I Pannocchia, fu canonico della cattedrale di Volterra e in tale veste accompagnò il vescovo Ugo al III Concilio Lateranense nel marzo 1179113. Appena divenuto vescovo, ottenne dall’imperatore Federico I il 17 maggio 1185114 e dal papa Lucio III l’11 novembre 1184 o 1185 la revoca di tutte le alienazioni compiute dai suoi predecessori, e in particolare da Galgano e da Ugo115. Altri privilegi imperiali e pontifici ricevette il vescovo Ildebrando: il 2 novembre 1185 Federico I gli confermò il diploma rilasciato al vescovo Galgano nel 1164, confermato a sua volta da Enrico VI il 28 agosto 1186 e il 17 agosto 1194116. Enrico VI inoltre concesse a Ildebrando il 2 novembre 1187 di scegliersi un avvocato che prestasse il sacramentum calumpniae e il 16 agosto 1189 il diritto di battere moneta117.
Il papa Urbano III nel 1187 confermò al vescovo Ildebrando il 6 settembre i diritti di patronato sulle chiese dipendenti dal vescovado di Volterra e il 21 settembre i beni, i diritti, le chiese e le pievi appartenenti alla Chiesa volterrana118. Il papa Clemente III confermò il 24 gennaio 1188 il primo di questi privilegi, e inoltre affidò ad Ildebrando la pieve di Colle Val d’Elsa con le sue cappelle119. Anche il pontefice Innocenzo III confermò il 24 marzo 1199 al vescovo Ildebrando tutti i diritti e giurisdizioni di cui godeva il suo vescovado120.
In base alle concessioni imperiali, dunque, il vescovo a Volterra godeva di diritti comitali sulla città e sul suo territorio, ma l’esercizio gliene era limitato o addirittura impedito dal Comune di Volterra, ormai in costante lotta con il vescovo per affermare la propria autonomia ed estendere il proprio contado. L’episcopato di Ildebrando fu appunto contrassegnato da tali contrasti, in particolare negli anni 1193-1204, e un arbitrato del 17 marzo 1204 pose fine ad una vertenza relativa a Pomarance121.
Oltre che con il Comune, Ildebrando fu anche in contrasto, intorno al 1205, con i canonici della cattedrale, che intendevano conservare la propria autonomia nella scelta dei confratelli122.
Per quanto riguarda le grandi scelte politiche, egli fu, come appare dai privilegi imperiali ricevuti, legato ad Enrico VI ma, dopo la morte di costui, partecipò l’11 novembre 1197 alla costituzione della lega di S. Genesio, patrocinata dal pontefice, della quale Ildebrando fu uno dei rectores et capitanei123. E a favore di uno dei membri di questa lega, il Comune di Firenze, si adoperò allorché convinse il 12 febbraio 1200 il conte Alberto degli Alberti a cedere Semifonte ai Fiorentini, che intendevano distruggerla124. Ma quando Ottone IV fece riapparire l’autorità imperiale in Italia, Ildebrando tornò al partito imperiale e fu presso l’imperatore tra l’ottobre 1209 e il febbraio 1210125.
A Ildebrando si deve l’introduzione, l’8 ottobre 1201, dei Cistercensi, provenienti probabilmente dall’abbazia di Casamari, nell’eremo di S. Galgano presso Chiusdino^126. L’ultimo documento che nomini il vescovo Ildebrando è del 6 dicembre 1211127.
© Piccola Biblioteca Gisem, MARIA LUISA CECCARELLI LEMUT
“Cronotassi dei vescovi di Volterra dalle origini all’inizio del XIII secolo*”, in Pisa e la Toscana occidentale nel medioevo. A Cinzio Violante nei suoi 70 anni, a cura di G. Rossetti, 1, Pisa, ETS, 1991 (Piccola Biblioteca Gisem, 1), pp. 23-57)
Questo articolo nasce dalla rielaborazione e dall’ampliamento del contributo preparato nel lontano 1980 per la progettata Series episcoporum ecclesiae catholicae occidentalis ab initio ad annum 1198, a cura di O. Engels e S. Weinfurter dell’Università di Colonia, coordinata per la sezione italiana da Gert Melville. Ma tale iniziativa non ha avuto alcun seguito e non si ha più notizia dei testi allora prodotti.
72 Tutto questo risulta dal privilegio concesso il 3 aprile 1123 su richiesta dello stesso Ruggero dal papa Callisto II al preposto della chiesa di S. Benedetto presso Crema (ed. E. Gattula, Historia abbatiae Cassinensis per saeculorum seriem distributa, Venetiis 1733, p. 285; reg. Kehr, I.P., VI, Liguria sive provincia Mediolanensis, 1, Lombardia, Berolini 1913, n. 1 p. 301), donata al monastero di Montecassino dai genitori di Ruggero il 1 dicembre 1097 (Gattula, Historia, cit., p. 284), documenti citati anche da Cappelletti, Le chiese, XVIII, cit., pp. 229-231, e da Schwartz, Die Besetzung der Bistumer, cit., p. 224. Sull’identificazione della famiglia cui apparteneva Ruggero vedi E. Odazio, I conti del comitato Bergomense e le loro diramazioni nei secoli X-XII, in «Bergomum», 1934, pp. 271-293; 1935, pp. 15-17, 97-110, 148-178, 233-263, a p. 155; C. Violante, L’origine lombarda di Ruggero vescovo di Volterra e arcivescovo di Pisa (1099/1103-1131/1132), in «Atti dell’Accademia Nazionale dei Lincei», 377 (1980), s. 8, Rendiconti, Classe di scienze morali, storiche e filologiche, XXXV (1980), pp. 11-17; anche Cavallini, Vescovi volterrani. Supplemento, cit., pp. 28-29, aveva attribuito Ruggero alla famiglia dei Gisalbertini, ma il suo testo, rimasto a lungo manoscritto, non era noto.
73 Ed. J. von Pflugk-Harttung, Acta Pontificum Romanorum, voll. 3, Tubingen 1881-1888, II, n. 217 pp. 179-180; reg. Kehr, I.P., III, cit., n. 13 p. 283.
74 Mansi, Sacrorum conciliorum…collectio, XX, cit., col. 1212; XXI, Venetiis 1776, coll. 51, 53, 70 (anche in M.G.H., Leges, II, a cura di G.H. Pertz, Hannoverae l837, appendice, pp. 181-182; Duchesne, Le Liber Pontificalis, cit., II, p. 371).
75 Reg. Schneider, R.V., cit., nn. 141, 1106 novembre 16, e 148, 1111 settembre 20 (anche ed. Giachi, Saggio di ricerche, cit., n. 21 pp. 447-448).
76 Ed. P. Kehr, Le bolle pontificie che si conservano negli Archivi senesi, ora in Idem, Papsturkunden in Italien, cit., I, n. 1 pp. 67-69.
77 In quella data il cenobio era dal papa Pasquale II compreso tra i monasteri camaldolesi: Mittarelli et Costadoni, Annales, cit., III, app., n. 167 coll. 243-245.
78 Così scrisse lo stesso papa al vescovo Ruggero il 7 giugno 1120, ed. Pflugk-Harttung, Acta, cit., II, n. 267 pp. 223-224; reg. Kehr, I.P., III, cit., n. 2 p. 287.
79 10 agosto 1120, ed. J.P. Migne, Patrologiae cursus completus. Series latina (=P.L.), 163, Parisiis 1893, n. 102 coll. 1182-1183; reg. Kehr, I.P., VIII, Regnum Normannorum. Campania, Berolini 1935, n. 188 p. 165.
80 Per la prima volta Ruggero appare come arcivescovo di Pisa nel I Concilio Lateranense del marzo 1123 (vedi nt. 81): sebbene il suo nome non compaia nella narrazione, è di Ruggero che si tratta, dal momento che il suo predecessore nella sede pisana, Atto, era morto nell’anno pisano 1122 (=25 marzo 1121-24 Marzo 1122), ma dopo il 29 agosto 1121: Violante, Cronotassi, cit., pp. 38-39.
81 La narrazione è dell’annalista genovese Caffaro: Annali genovesi di Caffaro e dei suoi continuatori, a cura di L.T. Belgrano, I, Roma 1890 (Fonti per la storia d’Italia, 11), p. 19. Caffaro stesso e un altro rappresentante genovese il 16 giugno 1121 si erano impegnati, per far togliere i diritti metropolitici sui vescovadi còrsi all’arcivescovo di Pisa, a pagare un totale di 1500 marchi d’argento (calcolando 13 soldi genovesi a marco, cioè un totale di 975 lire), ossia 1200 marchi al papa e 300 alla curia, e inoltre 50 oncie d’oro ai chierici romani: Ivi, p. 20 nt. 1. La bolla con cui Callisto II tolse a Pisa i diritti metropolitici sulla Corsica è del 6 aprile 1123: ed. Ughelli, I.S., cit., IV, col. 855; reg. Kehr, I.P., III, cit., n. 18 p. 323. Si noti che lo stesso Callisto II aveva confermato in precedenza tali diritti, il 16 maggio 1120: Ivi, n. 13 p. 322.
82 Ed. Ughelli, I.S., cit., III, col. 441; reg. Kehr, I.P., III, cit., n. 12 p. 283.
83 Sulla guerra vedi R. Davidsohn, Geschichte von Florenz, Berlin 1896-1929, trad. it. Storia di Firenze, I, Firenze, Sansoni, 1956, pp. 594-606. Si noti inoltre che cavalieri volterrani aiutarono i Pisani nella riconquista di Castell’Aghinolfo (ora Montignoso presso Massa) nel maggio 1128: Ivi, p. 600. Per la cattura e prigionia di Ruggero Ivi, pp. 603-604; Kalendarium Ecclesiae Metropolitanae Senensis, a cura di A. Lisini e F. Iacometti, Bologna 1931-1937 (Rerum Italicarum Scriptores (=R.I.S), n. ed., XV/6, pp. 22, 34). Gli ultimi documenti di Ruggero prima della prigionia furono rogati a Càsole d’Elsa il I settembre 1129: ed. Muratori, A.I.M.Ae., cit., III, coll. 1143-1146; reg. N. Caturegli, Il regesto della Chiesa di Pisa, Roma 1938 (Regesta Chartarum Italiae, 24), nn. 309-310.
84 Ed. E. Besta, Per la storia del giudicato di Gallura nell’XI e XII secolo, in «Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino», XLII (1906-1907), pp. 125-133, a pp. 131-132. Ruggero era stato in Sardegna nella primavera 1131, come appare dal giuramento di fedeltà ricevuto il 6 marzo 1131 dal giudice Gonnario di Torres: ed. P. Tola, Codice Diplomatico di Sardegna, I, Torino 1861 (Historiae Patriae Monumenta, X), sec. XII, n. 40 pp. 206-207.
85 Secondo il Chronicon Pisanum seu fragmentum auctoris incerti, a cura di M. Lupo Gentile, Bologna 1936 (R.I.S., n. ed., VI/2), p. 102, egli sarebbe morto nell’anno 1132, da intendersi, come le altre datazioni di quel testo, in stile pisano (=25 marzo 1131-24 marzo 1132), ma, come si è visto, nel giugno 1132 in Sardegna non era giunta ancora notizia della sua morte: la data del Chronicon è dunque errata oppure mal trascritta; cfr. R. Volpini, Additiones Kehrianae, 2, in «Rivista di Storia della Chiesa in Italia», XXIII (1969), pp. 313-360, a p. 339 nt. 95. Il successore di Ruggero nell’arcidiocesi pisana, Uberto, è testimoniato dal 21 febbraio 1133: Violante, Cronotassi, cit., p. 3.
86 Vedi testo corrispondente alla nt. 57.
87 Reg. Cavallini, Vescovi volterrani. Supplemento, cit., nn. 55 e 57 pp. 74-75.
88 Vedi M.L. Ceccarelli Lemut, Il lodo tra i conti Gherardeschi e il vescovo di Volterra nel settembre 1133: una tappa nel processo di dispersione della famiglia e nella ristrutturazione del patrimonio, in «Bullettino Senese di Storia Patria», LXXXIX (1982), pp. 7-28: il documento è pubblicato alle pp. 25-28.
89 Schneider, R.V., cit., nn. 147-148.
90 Archivio di Stato di Pisa, Dipl. S. Domenico, ed. G. Viviani, Le pergamene dell’Archivio di Stato di Pisa dal 19 giugno 1129 al 9 febbraio 114lxxiii Ed. J. von Pflugk-Harttung, Acta Pontificum Romanorum, voll. 3, Tubingen 1881-1888, II, n. 217 pp. 179-180; reg. Kehr, I.P., III, cit., n. 13 p. 283.
91 Per la sepoltura cfr. testo corrispondente alla nt. 57; sulla traslazione Leoncini, Illustrazione, cit., p. 75.
92 Cavallini, Vescovi volterrani. Supplemento, cit., n. l28 p. 100. La sua appartenenza alla famiglia Pannocchieschi è affermata nel privilegio di Federico I citato alla nt. 114. Su di lui cfr. Cavallini, Il vescovo Ildebrando, in «Rassegna Volterrana», XVIII (1947), pp. 1-24.
93 Vedi nt. 109; sul padre cfr. testo corrispondente alle ntt. 93 e 98. Il suo successore, il vescovo Pagano, era figlio di suo fratello Ranieri II Pannocchia: cfr. Schneider, R.V., cit., n. 305, [gennaio] 1213; Muratori, A.I.M.Ae., cit., VI, col. 263.
94 Edd. Ammirato, Vescovi, cit., p. l08; Ughelli, I.S., cit., I, col. 1442; Orlendi, Orbis sacer, cit., II, p. 1056-1058; Acta Sanctorum Sept., III, cit., p. 297.
95 Del documento, perduto, dà notizia il Liber iurium episcopatus Vulterrani (Archivio di Stato di Firenze, Appendice Capitoli 44), c. 22r; reg. Kehr, I.P., cit., III, n. 27 p. 285.
96 Del diploma di Federico I, perduto, dà notizia il Liber iurium, cit., c. 5v; reg. Schneider, R.V., cit., n. 215; per gli altri due, reg. J.F. Böhmer, Regesta imperii, IV/3: Die Regesten des Kaiserreiches unter Heinrich VI., a cura di G. Baaken, Köln-Wien, Bohlau, 1972, nn. 14 e 375: il primo è edito da G. Lami, Sanctae Ecclesiae Florentinae Monumenta, I, Florentiae 1758, pp. 469-471; il secondo da P. Scheffer-Boichorst, Zur Geschichte des XII. und XIII. Jahrhunderts. Diplomatische Forschungen, Berlin 1897 (Historische Studien Ebering, 8), pp. 221-224.
97 Ivi, n. 77 p. 82.
98 Schneider, R.V., cit., n. 191; cfr. anche nn. 192-194. Per la controversia con Ranieri I Pannocchia, Ivi, nn. 180-181, 185-186.
99 L’iscrizione che ricorda l’avvenimento è murata sul lato orientale del transetto destro, all’interno della collegiata di Càsole d’Elsa e ha la data 6 novembre 1161 indizione 9, secondo il computo pisano, corrispondente all’anno comune 1160:
Millenus centenus erat sex denus et unus
Annus tunc D(omi)ni cum sacra facta fuit,
Idus octavo necnon indictio nona mense
Novembre, tibi Casula quam celebri
Villanus Pisanus et archiep(iscop)us almus et
Florentinus Iulius esimius et Vulterranus
Galganus presul uterque ha(n)c consecrarunt
religione vera, tunc Alexander Romanorum
pontificatum et Fredericus
Rexerat imperium. Hic Christi mater celebratur
virgo Maria et Babtista Dei discipuli(que) sui Andreas, Paulus confessor
vel Leonardus et plures alii,
Quos reticere placet na(m)q(u)e alibi pleno
Conscripsimus ordine cunctos,
Quos quadragenarios continet
Et numerus quos ego Martinus
Quia clericus ordine primus
Sum datus ecclesie
Que solo cum venie.
L’iscrizione fu edita in maniera abbastanza scorretta da M. Cavallini, Il vescovo Galgano, in «Rassegna Volterrana», XXI-XXIII (1955), pp. 7-23, a p. 21 nt. 15.
100 Ed. Muratori, A.I.M.Ae., cit., IV, coll. 573-575.
101 Del documento, perduto, conosciamo solo una rapida indicazione del contenuto: M.G.H., Diplomata, X: Friderici I diplomata, 2 (1158-1167), a cura di H. Appelt, Hannoverae, Hahnsche, 1979, n. 646 p. 345.
102 Reg. Cavallini, Vescovi volterrani. Supplemento, cit., n. 103 p. 91. Cfr. G. Volpe, Vescovi e comune di Volterra, Firenze 1923, ora in Idem, Toscana medievale, Firenze, Sansoni, 1964, pp. 143-311, a pp. 153-160.
103 Dell’uccisione di Galgano e del successivo perdono concesso da Alessandro III ai suoi uccisori riferisce il papa Innocenzo III il 26 settembre 1213: ed. L.A. Cècina, Notizie istoriche della città di Volterra, a cura di F. Dal Borgo, Pisa 1758, p. 42 nt. Sulla situazione in Toscana nel 1170 vedi Davidsohn, Storia di Firenze, cit., I, pp.
104 Vedi le osservazioni di Cavallini, Il vescovo Galgano, cit., pp. 7-8.
105 Ed. P. Kehr, Papsturkunden im westlichen Toscana, ora in Idem, Papsturkunden in Italien, cit., IV, n. 9 pp. 616-618; reg. Idem, I.P., III, cit., n. 24 p. 285.
106 Reg. Ivi, n. 25 p. 285; ed. Pflugk-Harttung, Acta, cit., III, n. 286 p. 271.
107 Regg. Schneider, R.V., cit., nn. 171, 3 settembre 1150, e 186, 30 giugno 1158; Cavallini, Vescovi volterrani. Supplemento, cit., n. 94 p. 88, 29 aprile 1161.
108 Vedi l’opinione tradizionale in Acta Sanctorum Sept., III, cit., pp. 296, 300-305; e più recentemente la voce dedicata a Ugo e redatta da M. Bocci in Bibliotheca Sanctorum, cit., XII, coll. 780-782. Invece Cavallini, Vescovi volterrani. Supplemento, cit., pp. 41-42 respinge questa tradizione come priva di fondamento e nega l’identificazione con l’arciprete Ugo, il quale compare dal giugno 1151 al maggio 1190: Ivi, nn. 80, 89, 90, 95, 100, 105, 113, 124, 130, 134, 137; Schneider, R.V., cit., nn. 178, 182, 202-205, 217, 300.
109 Questo risulta dalla testimonianza del canonico Ildebrando, figlio di Todino consanguineo del papa Alessandro III, nella causa tra il vescovo Ildebrando Pannocchieschi ed i canonici volterrani nel 1204 o 1205: edd. Leoncini, Illustrazione, cit., n. 6 p. 400; Bocci, De sancti Hugonis, cit., p. 331.
110 Ed. Cecchini, Il Caleffo Vecchio, I, cit., nn. 18-20 pp. 31-34.
111 Per la sepoltura cfr. testo corrispondente alla nt. 57; sulla traslazione Leoncini, Illustrazione, cit., p. 75.
112 Cavallini, Vescovi volterrani. Supplemento, cit., n. 128 p. 100. La sua appartenenza alla famiglia Pannocchieschi è affermata nel privilegio di Federico I citato alla nt. 114. Su di lui cfr. Cavallini, Il vescovo Ildebrando, in «Rassegna Volterrana», XVIII (1947), pp. 1-24.
113 Vedi nt. 109; sul padre cfr. testo corrispondente alle ntt. 93 e 98. Il suo successore, il vescovo Pagano, era figlio di suo fratello Ranieri II Pannocchia: cfr. Schneider, R.V., cit., n. 305, [gennaio] 1213; Muratori, A.I.M.Ae., cit., VI, col. 263.
114 Edd. Ammirato, Vescovi, cit., p. 108; Ughelli, I.S., cit., I, col. 1442; Orlendi, Orbis sacer, cit., II, p. 1056-1058; Acta Sanctorum Sept., III, cit., p. 297.
115 Del documento, perduto, dà notizia il Liber iurium episcopatus Vulterrani (Archivio di Stato di Firenze, Appendice Capitoli 44), c. 22r; reg. Kehr, I.P., cit., III, n. 27 p. 285.
116 Del diploma di Federico I, perduto, dà notizia il Liber iurium, cit., c. 5v; reg. Schneider, R.V., cit., n. 215; per gli altri due, reg. J.F. Böhmer, Regesta imperii, IV/3: Die Regesten des Kaiserreiches unter Heinrich VI., a cura di G. Baaken, Köln-Wien, Bohlau, 1972, nn. 14 e 375: il primo è edito da G. Lami, Sanctae Ecclesiae Florentinae Monumenta, I, Florentiae 1758, pp. 469-471; il secondo da P. Scheffer-Boichorst, Zur Geschichte des XII. und XIII. Jahrhunderts. Diplomatische Forschungen, Berlin 1897 (Historische Studien Ebering, 8), pp. 221-224.
117 Reg. Böhmer-Baaaken, cit., nn. 62 e 88; il primo è edito da Scheffer-Boichorst, Zur Geschichte, cit., p. 221; il secondo da Ammirato, Vescovi, cit., p. 113; Ughelli, I.S., cit., I, col. 1443; Giachi, Saggio di ricerche, cit., n. 29 pp. 462-463. La moneta volterrana appare nei documenti dal 1191: Cavallini, Vescovi volterrani. Supplemento, cit., n. 139 p. 104; cfr. M.L. Ceccarelli Lemut, L’uso della moneta nei documenti pisani dei secoli XI e XII, in G. Garzella, M.L. Ceccarelli Lemut, B. Casini, Studi sugli strumenti di scambio a Pisa nel medioevo, Pisa, Pacini, 1979, pp. 49-127, nt. 64 p. 67.
118 Reg. Kehr, I.P., cit., III, nn. 28-29 pp. 285-286; il primo è edito da Pflugk-Harttung, Acta, cit., III, n. 392 p. 344; il secondo da P. Kehr, Nachträge zu den Papsturkunden Italiens, II, ora in Idem, Papsturkunden in Italien, cit., V, n. 33 p. 282.
119 Reg. Idem, I.P., cit., III, nn. 32, 30 p. 286. Il primo è pubblicato da Idem, Papsturkunden im westlichen Toscana, cit., n. 22 p. 630; il secondo da Pflugk-Harttung, Acta, cit., III, n. 409 p. 357.
120 Edd. Ammirato, Vescovi, cit., pp. 112-113; Ughelli, I.S., cit., I, col. 1445.
121 Vedi su tutto questo Volpe, Vescovi e comune, cit., pp. 162-172; Davidsohn, Storia di Firenze, cit., I, pp. 906, 951.
122 Vedi le testimonianze raccolte per questa controversia edite nelle opere citate alla nt.109; il papa Innocenzo III dette ragione ai canonici il 17 ottobre 1206, ed. Migne, P.L., 215, Parisiis 1891, n. 171 coll. 1002-1004. Cfr. Volpe, Vescovi e comune, cit., pp. 182-183.
123 Edd. P. Santini, Documenti dell’antica costituzione del Comune di Firenze, Firenze 1895 (Documenti di storia italiana pubblicati a cura della R. Deputazone di Storia Patria per le provincie di Toscana e dell’Umbria, X), n. 21 pp. 33-39; Cecchini, Il Caleffo Vecchio, I, cit., n. 63 pp. 98-102.
124 Ed. Santini, Documenti, cit., nn. 27-29 pp. 48-56. Ildebrando promise ai Fiorentini il suo aiuto militare contro Semifonte: Ivi, n. 30 p. 56-57.
125 Reg. J.F. Bohmer, Regesta imperii, V: Die Regesten des Kaiserreiches unter Philipp, Otto IV., Friedrich II., Heinrich (VII.), Conrad IV., Heinrich Raspe, Wilhelm und Richard, 1192-1272, a cura di J. Ficker e E. Winkelmann, Innsbruck 1881-1882, nn. 315, 317-321, 351, 352.
126 Edd. Ughelli, I.S., cit., I, coll. 1445-1447, con data 15 ottobre 1208; A. Canestrelli, L’abbazia di S. Galgano. Monografia storico-artistica, Firenze 1896, n. 2 n. 107-108. Dopo la morte di Galgano (3 dicembre 1181), presso la sua tomba s’installarono degli eremiti; verso il 1191 vi vennero Cisterciensi da Clairvaux, che però sembra non vi fossero più nel 1195. La vera nascita di S. Galgano come monastero cisterciense si deve nel l201 al vescovo Ildebrando; l’antica tradizione cisterciense ritiene l’abbazia figlia di Casamari: vedi F. Schneider, Analecta Toscana, in «Quellen und Forschungen», XVII/l (1914 ), pp. 62-68.
127 Reg. Schneider, R.V., cit., n. 299. Il suo successore, il nipote Pagano Pannocchieschi, era vescovo eletto il 22 dicembre 1212: Ivi, n. 304.