Qualcuno, nel Quattrocento, cominciò a chiamarla Porta di Ercole, ma il suo nome più antico e ufficiale è sempre stato quello attuale di Porta all’Arco.
L’ intitolazione all’eroe nazionale degli Elleni non sappiamo se le proviene da un tempio che sorgeva nelle vicinanze o se addirittura testimonia un episodio della vita del semidio che sarebbe transitato di lì quando fu di ritorno dalla Libia.11 D’altra parte Ercole deve essersi trattenuto un bel po’ di tempo a Volterra perché fu proprio lui che, dopo Giano, insegnò ai volterrani i segreti della religione e la concimazione delle campagne.12 In segno di eterna gratitudine gli fu eretta la porta maestosa ornata delle tre teste di leone, incastonate nell’arco a sua maggiore gloria.
Prima però di avere il nome di Ercole, la porta si chiamava Felice perché da essa entravano le merci provenienti dal mare che rendevano felici i volterrani asserragliati dentro le mura.
Se sul nome non ci sono dubbi, tesi diverse si scontrano da sempre sul mistero e sul significato delle tre teste, consumate “dal vento australe e dalla vetustà del tempo”. Rappresentano i Cabiri.13 o la triade capitolina con Giove, Giunone e Minerva, oppure Giove con i due Dioscuri Castore e Polluce od anche i Lares Viales collocati sopra l’arco per ricevere l’adorazione dei passanti? O non sono forse le teste di tre potenti lucumoni che ressero le sorti della città? O forse son le teste recise di altrettanti nemici, che scrutano perennemente in più direzioni per scorgere in lontananza e scoraggiare altri minacciosi aggressori?
A chiunque siano appartenute, le tre teste scolpite nel tufo nero proteggono la porta da sempre: come quando essa “serrò tra valva e valva Bocchino Belforte scavalcato dal figlio d’Inghiramo Inghirami e infunato come belva”.14 Come quando la furia devastatrice dei nazisti si annullò nell’eroismo dei volterrani che rischiarono la vita per salvare “lo splendore e il decoro dell’antica Toscana maestà”.