Il Sordo, come tanti fantini, partecipò nelle varie località toscane dove si organizzavano i palii o le corse alla lunga con fantino. I palii più famosi quello di Volterra e di Siena.
Fiammifero debuttò al Palio di Siena nella corsa successiva a quella iniziatica di Tabarre; di carattere fumino vinse due palii di Siena ma si fece anche espellere a vita.
All'inizio del Novecento esisteva un procaccia, o corriere come si direbbe oggi, che sbrigava il servizio postale bisettimanale proveniente da Firenze nel tratto Castelfiorentino-Volterra. Il Tinti di Castelfiorentino era un personaggio molto particolare.
Una delle pallottole che stroncò l'esistenza al famoso brigante maremmano Domenico Tiburzi, idealizzato come «Il re del Lamone», partì dal moschetto maneggiato con mano ferma da un carabiniere volterrano: Eugenio Pasquinucci.
Dagli anni Trenta due fratelli si imposero sulla scena fotografica volterrana, Enzo e Valfrido Fivizzoli, che aprirono una libreria e un laboratorio fotografico. Enzo insegnò le basi del mestiere al fratello che ben presto si appassionò così tanto alla fotografia da dedicarle la sua vita.…
Bocchino Belforti era stato decapitato, la sua testa era rotolata giù per la scala come un fagotto di stracci. Dalla finestra del suo palazzo a pochi metri dalla torre del Podestà, Bandecca aveva assistito impotente alla scena.
Quando conobbi Drea ero piccino: avrò avuto sei anni. Anche Drea era piccino ed aveva almeno quarant’anni. Era nato per caso il trenta novembre 1882, in Maremma, in quel di Campiglia Marittima, pochi giorni dopo era stato portato a Volterra ed era stato girato alla ruota. Allora…
Il metodo di insegnamento si basava allora sul classico sistema del bastone e della carota in cui la carota era rappresentata da un buon voto sul registro e il bastone da ciò che il maestro chiamava "castagnaccino".
Era sul tetto del palazzo Inghirami, a spegnere l'incendio della Caserma. In un primo momento c'era riuscito, un minuto dopo si dissolse in una nube di fuoco, in un fragore da Apocalisse.
«Dichiaro inoltre di essere di pura razza ariana e che non lo sia nessuno dei miei ascendenti, fino alla terza generazione.» Lucaks e Liana se la videro brutta in quegli anni, ma riuscirono a sopravvivere.
Tipi caratteristici o strani si trovano in ogni comunità ed in Volterra non ne sono mai mancati. Tanto per rifarci ad un recente passato, una figura di popolano risalta nella Volterra dell'ante-guerra: era lo Sbracioni.
Vagabondo n. 1 della città, fu sfortunato fino alla fine della sua vita. Il Quinziani fu capace di ritrovarsi milionario senza far niente e allo stesso tempo da gran viveur e allegro spendaccione riuscì a sperperare tutto.
La conoscevano tutti a Volterra, abitava a metà di Via Ricciarelli e stava spesso alla finestra tra trine e pellicce. Viveva con un fratello Washington, detto «Faina», un vecchio fascista, marciò su Roma, piuttosto ridicolo e sopratutto fifone.
Nasce a Volterra il 4 novembre 1904 da Alessandro e Tersilia Gremigni, alabastraio. Detto “Tre piedi”, “Varo” e “Bomboniera” si avvicina negli anni Venti agli ideali libertari frequentando le botteghe degli artigiani della città, laboratori, oltre che di preziosi manufatti, anche di idee…
Alabastraio, figura anarchica. Promosse una dimostrazione ostile all’Esercito nella stazione di Volterra, malmenando assieme ad altri, uno studente che aveva gridato: ‘Viva l’Esercito. Abbasso i tedeschi!’. Un gesto che gli costò non pochi problemi.
Emma e il Punto Scritto Volterrano; 'scritto' perché il ricamo viene fatto come se fosse una scrittura intrecciata, 'volterrano' in onore alla città e al prestigio di questa Scuola Professionale di San Pietro.
Bruna viveva a San Donnino e ai tempi della Seconda Guerra Mondiale ospitò il Comandante tedesco Ernst, quel comandante che accettò la proposta dei volterrani di murare la Porta all'Arco.
Suo marito non era ancora arrivato. Fuori dalla porta della Manifattura degli Alabastri Topi dove lei lustrava i vasi d’alabastro e lui faceva l’ornatista, le aveva detto: “Vai avanti a casa, io vengo fra poco”. Quel “fra poco” ormai lo sapeva, significava che nel tragitto per arrivare per la…
Francesca fuggì nel bosco e pur sapendo delle buche di vapore velenoso che facevano morire gli animali che si avvicinavano troppo, si ritrovò nel mezzo ad una di queste e ne fu inghiottita. Una delle buche tutt'ora visibili si chiama “buca della Monachecca”, in ricordo della ragazza.
Dorotea Borselli, di nobile famiglia, devota a quell’immagine sacra chiamata “Madonna del Livido”, volle far erigere a sue spese un oratorio intorno al tabernacolo. Fu abbellito e decorato con pitture e ornamenti.
Oltre che nell'agricoltura, erano interessati nel commercio. Ascritti all'Arte della lana, conducevano una bottega di mercerie nei locali sotto casa e trafficavano in zolfo che estraevano da una cava di loro proprietà a Libbiano.
Vecchia ed illustre casata, si affermò in modo particolare nel secolo XV per merito di ser Piero e ser Giovanni di Taviano di Michele. Essi erano immatricolati nell'Arte dei notai e nel traffico della lana, merceria e pizzicherie.
Due sposi, Raffaella Adriani di 29 anni e Vittore Amaranti di 30 anni, alabastraio, abitanti in Via Franceschini, sono vittime della maldicenza popolare, gratuita, senza precedenti, fino a sfociare nel dramma del suicidio.
Nei secoli, molti sono stati i postriboli di Volterra, nati per combattere la piaga della sodomia. Anastasia, tra tutte le prostitute, era quella che teneva testa ai soldati, pretendeva i pagamenti e organizzava gli incontri.
A colpi di accetta e pistola, avevano decimato la famiglia. Il vecchio Giovanni e Adamo erano caduti subito, poi era toccato alla Duilia. Agostina fu colpita da una pallottola dietro l'orecchio, ma sopravvisse per la sfortuna dei due assassini.
Storia d'amore finita male tra due ragazze ventenni del Vicolo Belledonne. Giuseppa dopo aver ucciso a colpi di rivoltella la sua compagnia Pia, vide unica soluzione quella di buttarsi dalla finestra di camera sua.
Scultore e bravo pittore. Da ricordare di lui un dipinto ad olio con il quale si aggiudìcò il primo premio ad una mostra regionale avvenuta a Volterra, raffigurante un aspetto dei mercato in via dell'Ortaccio.
Scultore, è continuatore della migliore tradizione artistica toscana, presente nella famiglia Simoncini da secoli e trasmessa di generazione in generazione.
Pittore, incisore e poeta italiano di epoca barocca. Nato partenopeo, attivo oltre che nella sua città, anche a Roma, Firenze e Volterra; fu un personaggio eterodosso e ribelle, dalla vita movimentata.
Il ricordo di Bruno Landi ha riportato alla mia mente gli anni lontani della nostra giovinezza, le liete brigate, le smerendate» del lunedì, le scorribande canore nelle sere di bel tempo ed i primi passi verso una sistemazione economica.
Si chiamava Robusto ed era originario di Pomarance, scaturito dalla numerosa famiglia dei Tani. E robusto lo era davvero. Bastava vederlo all'opera nel suo ingrato mestiere di muratore, percorrere instancabile ogni angolo della Salina di Volterra.
La sua attività di studioso dimostrava l’attaccamento alla città che amò di quell’amore che solo certi volterrani anche oggi sanno dimostrare per il loro “poggio”.
Un poeta arcade governatore di Volterra alla fine del Seicento, Vincenzo da Filicaia detto Polibio Emonio sarà considerato uno dei poeti più importanti del suo secolo.
Meshullam apparteneva a un’abbiente famiglia ebraica il cui capostipite, Buonaventura di Genatano da Bologna, si era trasferito a Volterra agli inizi del Quattrocento.
Il nome di un volterrano, un illustre scienziato, si trova già da tempo sulle carte lunari. Si tratta del nome di Giovanni Inghirami, una biografia spaziale da leggere.
Si scelse uno pseudonimo che in spagnolo vuol dire «boccale»: Jarro. Il nome vero non apparve mai nè in fondo ai suoi articoli di giornale, nè sulle copertine dei suoi volumi: Jarro, sempre Jarro.
Presso la laboriosa popolazione di Saline Socrate Becorpi era assai conosciuto non per la potenza del suo cervello ma semplicemente per la enorme potenza dei suoi muscoli di acciaio.
Non ho mai saputo quale fosse il suo vero nome, eravamo ragazzi e tutti, ricordano lo chiamavano Nocca e lui rispondeva come se quello fosse il suo vero nome.
Originario di Volterra, Arnaldo, politico e avvocato italiano, fu ministro del Lavoro e della Previdenza sociale nei due governi Facta. Una ricca, ma sintetica biografia da leggere.
Zio Ferruccio era un ometto basso e grasso: sembrava, anche per i lineamenti del viso piuttosto marcati, che si fosse alzato da un coperchio di un’urna etrusca del Museo Guarnacci.
Il Palio di Vallebuona e i ricordi più disparati di quei momenti di festa. Un dialogo interessante anche con il fantino Vincenzo Ceppatelli, figlio di Tabarre.
Quest'uomo, pieno di speranze, venne a Volterra con un ciuchetto e qualche straccio, a fare il facchino. Si stabilì in una stalla nel Vicolo delle Prigioni con la compagnia di una chitarra.
Un prete “scomodo” che prima di esercitare il suo apostolato a Volterra nella Parrocchia di San Francesco, fino alla prima metà degli anni Cinquanta era stato parroco di Montecatini della Chiesa di San Biagio.
Prete tenace che aveva turbato il quieto vivere di tanta gente arretrata o addormentata. Centinaia di volterrani, allora ragazzi, ricordano con simpatia ed affetto il don Pedussia della loro gioventù.
Villani, narra di “Come Messer Attaviano Belforti si fece Signore di Volterra”. Non tutto il racconto è veritiero; è una fonte di parte fiorentina e non potevano dire tutta la verità sulla faccenda.
“Oggi c’è un bel solicello, ragazzi, si fa lezione fuori” e tutti di corsa tra urla di gioia a tirar giù dall’attaccapanni golfetti e giacchini sdruciti; ce li infilavamo sopra il giubbottino blu, perchè allora, anni cinquanta, si andava a scuola in divisa, e via dietro…
Un volterrano ingiustamente trascurato dagli scrittori di storia locale. Economista illuminista nella Toscana dei Lorena del '700: il Giovan Francesco Pagnini.
Una donna di rare virtù, un’attrice filodrammatica di eccezionale valore nonchè maestra di allievi dell’associazione filodrammatica dei “Concordi risorti” che sviluppò la sua interessante attività ai primordi del secolo.
Luigi Scabia, importante uomo di pensiero e di azione, direttore dell’Asilo dei dementi di Volterra, posto che egli occupò trasformando quell'Istituto in un grande manicomio moderno.
Tabarre incredibile fantino volterrano che vinse undici Palii di Siena alla fine dell'Ottocento. Un eroe misterioso di casa nostra da raccontare e ricordare.