Annibale Cinci occupa un posto di rilievo nella cronaca cittadina del secolo passato per la sua semplicità, la sua onestà e la sua paziente opera di insegnante, svolta anche presso l’oratorio di San Filippo, e per i suoi validi studi sulla storia locale. Egli nacque a Volterra il 9 gennaio 1824 al primo piano di una casa di Via Ricciarelli (n. 16, poi 14). Rimasto orfano in tenera età, frequentò le scuole gestite a San Michele dai padri scolopi.

Fin da giovane sentì la vocazione dell’insegnamento e nutrì affetto e comprensione per i fanciulli, specialmente per quelli più diseredati. Si dedicò all’insegnamento privato prima, e poi nelle pubbliche scuole urbane serali aperte e gestite dal sig. Amerigo Viti. Passò poi ad insegnare nelle scuole femminili di San Pietro ove esercitò fino al 1880. Nel 1847 era già direttore della Scuola Infantile di Volterra che, fin dal 1844, era stata riconosciuta dalle autorità del Granducato di Toscana. In un quadro a stampa in data 1 marzo 1847, edito a cura della Tipografia all’insegna di San Lino, tratta i seguenti argomenti: I. Il subietto della scuola; II. Le pratiche; III. Il metodo; IV. La partizione; V. L’orario; VI. Le vacanze; VII. Il locale della scuola; VIII. L’onorario; IX. L’ammissione; X. I visitatori; XI. Lo sperimento.

La vita del maestro Cinci scorreva serena e modesta divisa tra l’insegnamento, gli studi e le gioie e le preoccupazioni della famiglia. Sposatosi nel 1845 con la signorina Elisa di Vincenzo Tangassi e di Maddalena Campani, ebbe diverse figlie e figli.

Da buon cittadino però Annibale Cinci volle dare il suo contributo alla vita politica e sociale di Volterra. Il suo nome ricorre spesso nelle cronache dei giornali e delle pubblicazioni dell’epoca. Unita la Toscana al Regno d’Italia, egli continuò la sua opera di insegnante e di studioso. In data 1876, dal Provveditore agli Studi di Pisa e Livorno, Gradi, ebbe la patente di maestro di grado superiore. Dall’Accademia dei Sepolti di Volterra, di cui fu a lungo segretario, in data 11 settembre 1879, fu giudicato meritevole di premio per aver dato lettura di una memoria dal titolo: Il Monte di Pietà di Volterra. Il 4 dicembre 1861 il gonfaloniere di Volterra lo aveva nominato camerlengo comunitativo, carica che il Cinci rifiutò. Nel 1867 (in data 17 agosto) era stato eletto ad un posto direttivo nella Società filodrammatica dei Concordi. Il 4 marzo 1861 fu nominato bibliotecario e custode del Museo di Volterra.

La sua opera indefessa in favore dei fanciulli era riconosciuta da parte del Tribunale di Volterra con la elezione a tutore di minori nominalmente indicati in seguito a deliberazione del Consiglio di Famiglia degli stessi minori in data 14 ottobre 1864. Fu tra i primi in Volterra a comprendere il valore dell’istruzione gratuita a favore dei fanciulli e, prima ancora che lo Stato potesse intervenire con provvedimenti legislativi, egli fondò l’oratorio di San Filippo dove raccoglieva molti suoi scolari e chiunque volesse intervenire per dare loro, coadiuvato da alcuni sacerdoti che lo aiutavano anche finanziariamente, i primi princìpi di una educazione civica e cristiana.

Questa sua indefessa opera di educatore non impedì al Cinci di farsi un nome nel campo degli studi storici ed archeologici locali, soprattutto dopo la sua nomina a bibliotecario della Biblioteca Guarnacci. Dall’Archivio di Volterra egli trasse la maggior parte delle notizie più interessanti che pubblicò nella appendice del giornale Volterra. Promosse la ristampa della Storia di Volterra del Giachi, pubblicò una raccolta di monografie delle Istituzioni di beneficenza, delle Accademie, dei monumenti e delle persone celebri della nostra città.

Per i suoi studi meritò importanti riconoscimenti. Fu nominato socio dell’Istituto Germanico di Corrispondenza Archeologica. La Deputazione di Storia Patria per le province della Toscana, Umbria e Marche, con nota dello studioso senatore Marco Tabarrini, in data 1 marzo 1883 lo nominava socio corrispondente, tenuto conto “dell’amore con cui coltivava gli studi storici”. Qualche anno dopo, nel 1887, era nominato regio ispettore dei monumenti e degli scavi di antichità per il Circondario di Volterra, in sostituzione del defunto Niccolò Maffei. Questi titoli lo misero in corrispondenza con molti dotti studiosi di quasi tutta l’Europa dei quali seppe guadagnarsi la stima e l’affetto.

I necrologi pubblicati dopo la sua morte, avvenuta in Volterra il 16 aprile 1889, attestano il compianto universale. Nonostante la reputazione che si era conquistata con la sua intelligente e operosa presenza in quasi tutti i sodalizi volterrani e nonostante la considerazione ed i riconoscimenti ottenuti, serbò sempre una semplicità di modi e di costumi veramente esemplare. Per la sua attività educativa, per la sua opera di confortatore delle miserie del prossimo si può dire che non ebbe nemici neppure tra coloro che più dissentirono dalla sua maniera di pensare. Ci sembra che questo elogio, che ricorre spesso nelle cronache dell’epoca, sia il più alto che un cittadino possa meritare. La sua religiosità fu sincera e profonda, testimoniata dalle azioni coerenti e costanti nel bene. In un periodo in cui l’anticlericalismo dominava la vita pubblica, egli si impose al rispetto, all’ammirazione ed alla stima di tutti. La sua condotta fu sempre integra e la fermezza del suo carattere e dei sui princìpi religiosi rifulse anche nella lunga agonia dell’ultima malattia che lo fece duramente soffrire per oltre quaranta giorni.

Un altro aspetto del suo carattere è sottolineato in un articolo del giornale Volterra del 21 aprile 1889. «Scrupolosamente religioso per convinzione – si legge – rifuggì da ogni fine secondario e fu tollerantissimo». Religiosità vera, quindi, e tolleranza e rispetto per le idee del prossimo. Altre due doti piuttosto rare.

A questo punto qualcuno potrebbe chiederci perché abbiamo parlato così a lungo di questo onesto volterrano dell’Ottocento. Ci sembra che la figura di Annibale Cinci, così lontana da noi nel tempo, sia ancora attuale per l’esempio di attaccamento alla sua città, alla sua storia, alla sua vita economica. Annibale Cinci nel campo degli studi non fu certo uno studioso di levatura nazionale e la sua opera si svolse entro i limiti della erudizione e della ricerca di archivio tipici della seconda metà dell’Ottocento. Ma la sua attività di studioso dimostrava l’attaccamento alla sua città che egli amò di quell’amore che solo certi volterrani anche oggi sanno dimostrare per il loro “poggio”.

Anche per la preziosa opera educativa svolta per lunghi anni da Annibale Cinci nell’oratorio di San Filippo, noi vorremmo che il vecchio edificio fosse ripristinato e destinato a continuare un’utile funzione nel contesto della vita cittadina.

© Pro Volterra, SILVANO BERTINI
Annibale Cinci, in “Volterra”, a. maggio 1964; in “Scritti Volterrani”, a cura di Gianna Bertini, Enrico e Fabrizio Rosticci, Pisa, Pacini Editore, 2004, pp. 35-37.