I fantini volterrani, eroi di casa del Palio di Volterra, si contano sulle dita di una mano; Tabarre, Checche, il Sordo e il Cappuccino erano professionisti; il Gobbo, Tabarrino, il Moro I un po’ meno, e meno ancora, Argentino, Nellino della Carlottina ed altri ignoti che qualche volta si presentavano alle «mosse». Poi c’era un certo Genesio destinato a rimpiazzare qualche assente, malato, infortunato o diversamente occupato in servizi di trasporto con calesse, meno brillante, ma forse più redditizio.
Qui approfondiamo la figura di Cappuccino.
> Sommario, Una lunga disamina sui cavalli
Pasqualetti Rinaldo, detto Cappuccino, nacque a Volterra il 7 aprile 1857. Figlio di Marco di Pontremoli e Pieroni Rosa di Castagneto, fu il quarto di quattro fratelli. Rinaldo visse buona parte della sua infanzia e adolescenza con la famiglia in Via del Mandorlo; si staccò dal nucleo familiare solo dopo i venticinque anni, quando si trasferì in via di Porta all’Arco n. 5.
Rinaldo come i suoi fratelli Rodolfo, Remigio, Leopoldo e Riccardo affiancava il proprio lavoro a quello di fantino. Tutti avevano una passione smodata per le corse dei cavalli, ma solo Leopoldo e Rinaldo poterono assaporare i frutti del loro talento. Le qualità di Leopoldo lo portarono a gareggiare anche per il Palio di Siena ben sedici volte con una vittoria, mentre Rinaldo meno talentuoso gareggiò per sette carriere senza vincerne alcuna.