Parlare delle origini delle corse dei cavalli a Volterra è un’impresa assai difficile perché non esistono molti documenti che ne possono dare testimonianza.
Quando i volterrani decisero di fare le corse di cavalli con fantini e di farle più interessanti, più belle, più civili delle precedenti, l’Italia non era ancora fatta. Sarà stato per necessità, sarà stato per una evoluzione morale, sarà stato per quel che si vuole, il fatto sta che la corsa a cavalli sciolti (come lo chiamava il Magistrato) non rispondeva più a quelle esigenze, cosiddette, moderne.
La vecchia corsa di cavalli senza fantini si chiamava anche «alla lunga». Traeva la sua origine dalla medievale corsa di cavalli di razza barbera, ma il popolino la dava ad intendere per la «corsa dei barbari» o «alla barbara» ed aveva ragione: perché sul dorso di quei mansueti cavalli venivano fissate alcune perette appuntite che punzecchiavano il cavallo e lo facevano sanguinare. A Roma quella corsa si svolgeva da Piazza del Popolo a Piazza Venezia; a Volterra prendeva le mosse dalla Piazzetta delle Balze ed aveva la ripresa in cima allo sdrucciolo di Piazza dei Priori. Con maggiore dettaglio, una lunga direttrice dalla sparita chiesa di San Martino fino alla sede del Casino dei Nobili di Piazza Maggiore.
La passione per le corse alla lunga, in voga agli inizi dell’Ottocento, andò via via scemando con il passare degli anni; di pari passo, per un certo spirito di rinnovamento, si cominciarono invece a prediligere le corse alla tonda tenute alla Pista dell’Anfiteatro di Vallebuona. In questa lunga parabola discendente delle corse alla lunga ci fu un solo picco in controtendenza: intorno al 1850, con il prato di Vallebuona indisposto per alcune frane, si cominciò a dire in giro che la corsa alla lunga con cavalli scossi era più volterrana e per dimostrarlo sembra che facessero volare pure dei cazzotti.
Le corse alla lunga si svolsero almeno fino al 1884, poi vennero abolite definitivamente con una legge del Regno d’Italia, perchè ritenutesi troppo cruente. Prima dell’annullo ufficiale, a Volterra si tentò di trasformare le corse alla lunga in corse di barroccini. Le corse con il calesse si svolgevano nel piazzale di Borgo San Giusto, ma come era avvenuto per le corse alla lunga, non riuscirono a contrastare le promettenti corse alla tonda della Pista dell’Anfiteatro di Vallebuona.
Nella delibera del Consiglio Comunitativo, in data 24 aprile 1819, si testimonia che, in occasione della venuta a Volterra di Francesco II, «Il popolo volterrano era superlativamente desideroso di esternare il suo giubilo in sì fausto avvenimento, per cui fu disposto che i festeggiamenti consistessero in un Palio alla Tonda nella Piazza di Vallebuona, ed in una festa di ballo nel nuovo teatro». Per l’occasione stanziarono la somma di trecento scudi. La deliberazione del 1819 dispose che i lavori di pulizia in Vallebuona dovevano essere eseguiti dalla ditta accollataria di Giuseppe Bocci: in particolare per eliminare il pericolo di eventuali frane del terreno e per rispettare le piante qui esistenti.
Dal testo si deduce che ancora non vi fossero le gradinate a terrazza e che le corse alla Tonda si tenevano senza particolari allestimenti; la presenza del Reale tuttavia costrinse i volterrani ad addobbare la Pista dell’Anfiteatro di Vallebuona nei migliori dei modi. Le innovazioni apportate in occasione di questi festeggiamenti, a carattere straordinario, spinsero comunque il Comune a prestare maggiore attenzione al prato di Vallebuona per le manifestazioni a venire. Allo scopo, Giuseppe Bocci venne insignito primo accollatario del Prato di Vallebuona e lo gestì per oltre quindici anni.
Il prato di Vallebuona ha visto negli anni tutta una serie di impresari più o meno abili. Il primo, s’è detto, fu Giulio Bocci, nominato dal Comune nel 1819 per provvedere ad una riqualificazione totale delle piste. Per il lavoro di riqualificazione Bocci riceveva circa 200 Lire all’anno.
Nel 1840, la gestione passò invece a Niccolò Frassinesi. Anch’egli, a fasi alterne in un lungo periodo durato dieci anni, si prodigò per migliorare le prestazioni della pista; contribuì con un appianamento del terreno, con la costruzione di un muro per le gradinate e con la messa in piedi di un grosso capanno funzionale per la domatura e l’addestramento di cavalli.
Quando la gestione della pista passò in mano ad Alessandro del fu Giuseppe Bessi, le corse alla tonda subirono una parabola discendente. In primo luogo il Bessi non fu capace di tenere fede al regolamento comunale delle corse, per ciò nel 1859 gli fu revocato il mandato, ma in un secondo momento gli succedettero diversi impresari a breve termine che, senza una visione d’impresa, trascinarono la corsa alla tonda verso una anaffettività totale; le corse resistettero per tutto il 1862. Fu fatta una gara anche nel 1863, ma successivamente in Vallebuona cominciò a crescere l’erba.
Delle corse alla tonda se ne riparlò di nuovo dal 1867; la pochezza di una pausa nullafacente durata tre anni aveva ribollito gli animi dei volterrani che decisero di sporgere domanda al Sindaco per accollarsi lo spettacolo delle corse in Vallebuona per i giorni 15 e 16 settembre di quello stesso anno. I postulanti erano i Signori Giuseppe Manetti, Bartolomeo Taddeini, Alessandro Topi, Giusto Guerrini, Francesco Parenti, Giusto Bocelli e Giovanni Barbafiera.
La prima gara dopo il grande fermo vi partecipò la Banda cittadina, ricostituitasi nel 1863, e furono fatti alzare quattro grossi palloni di carta. Sebbene non mancasse la buona volontà di fare qualcosa per la cittadinanza, la qualità delle corse era rimasta piuttosto mediocre. Lo si può ben notare nei trafiletti de «Il Corazziere», come quello del 15 agosto 1882, in cui venne lamentato che, nonostante i precedenti e innumerevoli insuccessi, ancora una volta la popolazione veniva mistificata per assistere ad una corsa spacciata per migliore della precedente. A riguardo il Comune si raccomandava di spendere maggiori premure perché tali «mistificazioni» cessassero di aver luogo e che l’impresa incaricata facesse il possibile perché le corse riuscissero di pubblica soddisfazione.
D’altro canto gli impresari non è che se ne stessero con le mani in mano: un tentativo disperato di ripresa ad esempio ci fu nel settembre 1886 quando assieme alla corsa alla Tonda, fu aggiunta anche la corsa di «velocipedisti», ma anche in questa occasione venne lamentato che «se invece di velocipedisti avessimo avuto cavalli migliori forse il pubblico si sarebbe divertito di più».
Il successo ormai insperato arrivò sotto la gestione dell’accollatario Gaetano Bensi. Una discreta affermazione riuscita della manifestazione della corsa alla tonda avvenne nel giugno 1888, con eccezionale concorso di popolazione e con il consueto intervento della Banda cittadina che suonò varie sinfonie.
Visti i risultati, l’impresario pensò bene di consolidare al meglio la sua fortuita gestione costituendo un ente denominato Circolo Commerciale Volterrano, a cui facevano capo Tobia Bocelli, Santi Fontanelli, Giuseppe Granchi e Gaetano Bensi stesso. Un gruppo coeso che portò il palio alla tonda ad un crescendo di rosee possibilità di divertimento. Da quel momento in poi infatti il Palio prese normale avvio, dando origine anche a feste di mondanità. La cronaca infatti riporta che, oltre alle corse dei cavalli, furono attirate anche le signore e signorine presenti, ornate di pizzi e di eleganti e sfarzosi abbigliamenti.
Sulla scia di questo rinnovato interesse il 6 agosto 1902 il sindaco, cav. uff. avv. Alessandro Leonori-Cecina e gli assessori cav. Pier Nello Inghirami, cav. avv. Francesco Paoletti e Aurelio Caioli trovarono doveroso deliberare una regolamentazione ufficiale delle corse. Era necessaria perché prima di allora, per la regolarità, per la decenza, insomma per l’ordine delle corse facevano testo le disposizioni transitorie del Sindaco. Le prime corse regolamentate furono fatte certamente per il Ferragosto del 1902 e a queste delibere (salvo vari aggiustamenti e correzioni) ci si attennero almeno fino al 17 settembre 1934.
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