Procaccia e Barrocciai

Se io dovessi dire che sono più portato a scrivere od a raccontare storie e fatti storici (sia pure limitati nel tempo e nel luogo) direi certamente la verità, oggi come oggi. Un tempo forse non pensavo così: e perchè alle date ed ai nomi non riuscivo a starli dietro e perchè non davo loro soverchia importanza.

Tuttavia, le notizie che mi interessano maggiormente sono quelle relative alla mia Volterra e di Volterra mi interessano gli usi ed i costumi, particolarmente.

> Sommario, Una lunga disamina sui cavalli

Si racconta ad esempio (e lo posso raccontare anch’io) che in passato costumava trasportare i prodotti fungibili con i veicoli a trazione animale e forse quei trasporti sarebbero continuati in quella determinata maniera se l’avvento del motore a scoppio (ideato proprio a Volterra) non avesse rivoluzionato le cose.

Tuttavia alla fine degli anni Settanta del Novecento a Volterra era ancora possibile incontrare l’unico cavallo che obbediva indifferente e mansueto al suo padrone tra l’indifferenza dei volterrani e la meraviglia dei turisti. Un tempo erano tanti cavalli, erano parecchi i muli, erano molti gli asini che pullulavano nel nostre Comune.

A mio avviso, però, l’asinello era il più simpatico, il più caratteristico e in parte anche il più folkloristico. All’alba di qualunque giorno gli mettevano i finimenti e a basto o sotto il barroccio iniziava a salire a Volterra. Batteva gli zoccoli sull’acciottolato: si allargava alle curve; scansava i pericoli; si impuntava sotto il troppo peso; posteggiava al suo Cigliere; ragliava in segno di gioia o di saluto; staccava il trotto quando arrivava vicino alla stalla e tuttavia l’uomo lo bastonava o la chiamava «ciuco». E «ciuco» anche noi lo si chiamava.

Erano tempi in cui la segnaletica stradale non esisteva. Si andava a destra e si andava a sinistra, però c’era rispetto e reciproco aiuto. Sui ponti, nelle strettoie (tanto per dirne una) aveva la precedenza chi era più carico.


I PROCACCIA

Allora, prescindendo dal servizio di posta che veniva espletato diligentemente dalla Diligenza, i servizi più importanti si risolvevano con i «Procaccia» che per Volterra, negli anni Venti del Novecento, erano i seguenti:

> Scopri, La vecchia diligenza

Per Firenze e viceversa: Terzilio Trafeli, detto «Leggerino».

Per Pisa, per Livorno e viceversa e per il servizio di agenzia ferroviaria: Fratelli Bertini, che avevano due «gobbie» che sembravano mondiali.

Per Cecina e viceversa: Giuseppe Gabellieri, detto «Dania».

Per Castelfiorentino faceva servizio il «Tinti» che rimetteva in Piazzetta Minucci: e del «Tinti» se ne dicevano delle belle.

Con Saline mantenevano i contatti il ciuchino di «Talento» e il ciuco di «Toba».


I BARROCCIAI

Anche i barrocciai potevano espletare servizi analoghi ma solo i procaccia erano i più organizzati. Partivano presto la mattina e ritornavano tardi, magari tre sere dopo. Partivano a carico e ritornavano a carico. E se facevano tardi per strada, c’era sempre per strada una «Locanda con rimessa e stallaggio». come a «La Sterza» , come a «La Bacchettona».

Uno dei servizi più ricercati dai Barrocciai era il «Trapelo» che consisteva nell’attaccare un’altra bestia od anche due e perfino tre davanti al «Bilancino» e davanti alla bestia che stava sotto il barroccio. Questo accadeva quando c’era da fare una salita e, per Volterra, naturalmente, la salita c’era sempre.

«Fiorino di Pantano» trapelava da «La Chiostra» per una lira a bestia; ma anche «Nanni della Chiostra» trapelava e di quando in quando si divertiva a suonare l’organino a «ritorno pisano».

«Neri» del Leccione trapelava spesso su per la vecchia strada di Montebradoni, sulla quale trapelava anche «Memmo» del Fardini.

«Bati» di Montornese trapelava dalla zona di Citerna; «Martino del Fulceri» trapelava da Roncolla; «Cannetta di Pisi» trapelava da Rioddi e faceva lo «scollettino»; solo la zona dell’Osteriaccia si poteva considerare sguarnita, e si capisce il perché.

E’ evidente che i maggiori contatti commerciali si avevano quindi tramite i Procaccia i quali, di riflesso, davano vita ad altre attività collaterali. Per loro lavorava il carraio, che a Volterra si chiamava «Bigio» o «Tranquillo»: lavorava il sellaio che si arrabbiava quando lo chiamavano «Gianni Giallo» o «Gianni Tigna», lavorava «Gianni Ghiavolo» e soprattutto lavoravano le «Gremignaie» che per venti centesimi vendevano un fastello d’erba in Piazzetta Minucci.

Pro Volterra, GIOVANNI BATISTINI
Procaccia e Trapeli, in rivista “Volterra”