Il nuovo campo sportivo a San Giusto

Il 1931 si aprì con il cambio della guardia nel Consiglio Direttivo; a presiederlo venne chiamato uno stimato professionista, il prof. Oreste Baciocchi, direttore dell’ospedale di Santa Maria Maddalena. I dirigenti, in accordo con l’amministrazione comunale di allora (podestà il conte Fabio Guidi), si prefissero un traguardo ambizioso, quello della costruzione di un nuovo campo sportivo.

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Il “Vallebuona” infatti, secondo i dettami della F.I.G.C., non aveva le dimensioni regolari e non si poteva pensare pertanto alla disputa di campionati normali ai quali già partecipavano centri maggiori e minori della Toscana.

Tutti gli sforzi organizzativi di quell’anno furono perciò indirizzati a tale meta. Il terreno prescelto era un ampio prato in Borgo San Giusto, adiacente la chiesa; era una zona pianeggiante e si prestava benissimo alla bisogna. Fu il terreno, per intenderci, della partita “internazionale” del 1917. In pochi mesi, fra l’estate e l’autunno del 1931, il nuovo stadio venne costruito a tempo di record dalla ditta Bartaloni e Guerrieri di Volterra; constava di un campo regolare circondato da una pista di terra battuta. Dal lato sud, sulla strada del Borgo, venne eretta una grande tribuna scoperta a gradoni in cemento, con i cancelli d’ingresso ed il botteghino per la vendita dei biglietti. Era un impianto sportivo perfetto che venne completato negli anni successivi con un campo di tennis ed uno per la pallacanestro fino a giungere a ridosso dello stand di tiro a segno. Erano attrezzature ottime quindi e si parlava già di completarle con una tribuna coperta lato nord, vicino all’attuale via Pisana. Ed era anche bello questo complesso, poiché aveva sullo sfondo la monumentale chiesa di San Giusto con i suoi cipressi secolari. Un po’ di estetica non fa mai male! La sua distruzione (come dirò successivamente), dovuta ad un gesto di incredibile miopia degli amministratori comunali dell’epoca, non sarà mai rimpianta a sufficienza. Se avessimo ancora lo stadio di San Giusto perfezionato con tutti i milioni gettati in quella specie di pozzo di San Patrizio che si è rivelato il “Vallebuona”, Volterra potrebbe contare oggi su di un complesso di prim’ordine.

Se la maggior parte dell’attività fu volta alla costruzione del nuovo stadio, i giallo-rossi continuarono a giocare ma sempre in trasferta. Il vecchio “Vallebuona” fu così definitivamente ripudiato; la Volterrana vinse a Certaldo (2-0), perse a San Vincenzo (1- 3) e pareggiò a Cecina (1-1). Non sono riuscito a trovare notizie di altre gare. La formazione incominciò ad arricchirsi di nuovi nomi. Giocarono infatti: Zani, Fanucci, Geri (“Cinque”), Di Sandro (“Il Gatto”), Bocci, Maganzi (“Tallino”), Del Testa II (“Tarpone”), Del Testa I, Giannini, Pagni (“Fico”), Batistini e Zanello. Si stavano mettendo particolarmente in luce i fratelli Del Testa, di notevoli capacità tecniche e combattive, il giovane Di Sandro, un terzino di eccezionale potenza e aggressività (non dimentichiamo che imperava il metodo), il centravanti Giulio Bocci, elemento tecnico e dal goal facile, figura longilinea, essenziale nel gioco di testa. Egli aveva esordito a soli 14 anni nel 1928 (i dirigenti erano incerti se farlo scendere in campo stante l’età), come ala destra, poi divenne centravanti. Passò successivamente al Cecina (dove si fece onore) ritornando poi alla società di origine.

Il 1932 si aprì con l’inaugurazione del nuovo stadio; cerimonie, fanfare, discorsi, bandiere, ma nessuna partecipazione a campionati ufficiali. Ci si alternò fra “amichevoli” e coppe a eliminazione diretta. Presidente fu ancora il prof. Baciocchi, mentre la formazione si rafforzò di altri elementi. Eccone i nomi: Moretti, Lecco, Di Sandro, Milianti, Bocci, Rocchigiani, Del Testa II, Baicchi, Pagni, Battistini, Del Testa I, Maganzi, Trinciarelli, Cambi (“Bisbini”). Fra i pali c’era Adamo Moretti (il popolare “Frusacco”), a mettersi in luce per la sua eccezionale bravura, sposata ad un fisico altrettanto eccezionale. Senza far torto a nessuno, penso che Moretti meriti una citazione a parte. Egli, insieme ad altri, era un po’ il simbolo della Volterrana, poiché aveva vissuto con e per la società e la squadra in quasi tutta la sua esistenza: giocatore, dirigente, massaggiatore. La sua passione per i colori viola era proverbiale.

Andava bene pure il forte terzino Giuliano Lecco: ritroveremo anche lui negli anni a venire, fra i dirigenti.

Al “San Giusto” la Volterrana giocò contro: Pontedera (2-1), La Rotta (2-0), Navacchio (0-0), Piombino (3-2), Colligiana (1-0), San Marco Livorno (1-0), Cascina (1-0), Castelfiorentino (2-1), Ponsacco (3-2), Erranti Livornesi (2-0), Colline Livorno (0-1).

Il 1933 è scarno di notizie. La Volterrana non dovette giocare molto: le uniche attività di cui parlano le cronache dell’epoca sono una fiera di beneficenza ed una ripresa degli allenamenti in ottobre (si lamentava che i risultati erano stati modesti in quanto i giocatori si erano trovati in difficoltà sull’erba troppo alta e mai falciata!). Quell’erba non falciata ci sembrò significativa, oltre ogni notizia, per dimostrare che la Volterrana aveva dormito il sonno del ghiro per tutto l’anno. Perché? Probabilmente dirigenti, giocatori e tifosi erano stanchi delle partite amichevoli. Solo dopo si puntò al campionato; l’organizzazione di una fiera di beneficenza stava lì a significare la ricerca di una soluzione per il sempre vecchio e insoluto problema di ogni squadra dilettantistica, trovare cioè fondi sufficienti per tirare avanti.

Il 1934 segnò invece una netta ripresa. La metà del campionato regolare si fece sempre più auspicabile e si lavorò in tal senso. La Volterrana (che in quegli anni giocò in maglia verde) riprese la sua attività e le file dei giocatori si infittirono. Trovo così citati nelle cronache Moretti I, Lecco, Moretti II, Serenari (“Titti”), Di Sandro, Del Testa I, Bongini (“Pievano”), Mannucci, Bocci, Del Testa II, Fardellini (“Chiona”), Mastalli (un giocatore di grande levatura tecnica, esperto di divisioni nazionali), Cioni, Del Testa III, Zani, Borghesi (“Goga”) e Danti.

Le partite interne più notevoli videro di scena il Cecina (0-0), il Pontedera (2-2), il Granaiolo (5-1), il G.S. Garibaldi di Pisa (1-1) e il Piombino (1-1). Lasciò ottima impressione anche l’esibizione di una selezione livornese forte di uomini come “Motorino” Magnozzi e Busoni.

In trasferta la Volterrana andò a vincere (4-1) a San Gimignano fra il tripudio generale. A quei tempi infatti le gare con la squadra delle belle torri assumevano l’aspetto di scontri “feroci”. Forse memori delle botte scambiate nel Medioevo, i tardi discendenti rinnovano le ostilità. Si dice che i più accesi delle opposte fazioni andavano alla partita con le pistole cariche in tasca. Può darsi, ma per fortuna nessuna venne mai tirata fuori, anche se le robuste cazzottate si sprecarono.

A proposito di cazzottate: l’estate del 1934 restò famosa per lo scontro con il Lamporecchio. La Volterrana infatti partecipava alla coppa “Monti”, un torneo ad eliminazione diretta; due partite, andata e ritorno, e passa il turno chi ottiene più punti. In caso di una vittoria per parte decide il quoziente reti.

Il Lamporecchio era fortissimo ed i nostri giocatori lo sperimentarono a loro spese, nella terra dei brigidini ne buscarono di santa ragione (5-1); inoltre ricevettero un’accoglienza non proprio ospitale. Gridarono alla vendetta e aspettarono la domenica successiva; la Volterrana si battè come un leone infuriato, il pubblico tumultuava, ma la difesa pistoiese era forte ed incassò solo una rete. A quel punto, vedasi bene che se la nostra squadra vinceva, l’altra era ormai eliminata. Ma le cose andarono peggio del previsto; a pochi minuti dalla fine l’arbitro Viti, uno studente universitario pisano (fra l’altro di origine volterrana), ravvisò in un’entrata dura di Di Sandro in area, gli estremi del rigore. E gli ospiti pareggiarono. Allora si scatenò l’ira di Dio; intervenne la forza pubblica, gli scambi… manuali si svilupparono fra le opposte schiere, anche l’arbitro ricevette la sua “razione” dagli inveleniti giocatori volterrani. A stento i dirigenti riuscirono a salvarlo e ad accompagnarlo alla stazione ferroviaria sotto scorta dei Carabinieri e dopo che furono tagliate le gomme di un’auto destinata alla bisogna!

E’ questa una pagina che non fa onore allo sport volterrano, praticamente l’unico episodio grave in tutta la vita del nostro sodalizio. Fu un episodio rimasto ben fisso nella memoria di tutti coloro che vi furono presenti; se ne parla ancora e non solo a Volterra. Ne ho la prova. Nel campionato di I° Categoria 1968-69 il Lamporecchio (abbreviato il suo nome in Lampo) venne al “Vallebuona”. Per la cronaca perse 2-0. Nessuno pensò alla rivincita di tanti anni fa. Io ho però la memoria buona e di quel giorno mi ricordavo esattamente, anche se avevo soltanto sette anni. Così, mentre guardavo svolgersi una partita del tutto tranquilla, pensavo a quella “tremenda” domenica del 1934, un pomeriggio caldo e luminoso. Rivedevo, fotograficamente, un maresciallo dei Carabinieri il quale, fuori dallo stadio, cercava di metter pace e che invece ricevette un diretto da k.o. che lo mandò a sbattere contro il muro delle tribune mentre il cappello, con l’onorata fiamma della Benemerita, balzava lontano.

Mi guardavo intorno. In campo correvano dei giovani, anche i dirigenti ospiti erano in verde età. A chi chiedere? Vidi allora il massaggiatore del Lampo, uno di quei simpatici vecchietti con la valigetta in mano, rotti a tutte le intemperie. Mi avvicinai e gli chiesi da quanto faceva il mestiere: “Eh!” mi disse con una evidente alzata di spalle. “Ma si ricorda”, insistei “del ’34, a Volterra?”. Fu come dar fuoco ad una miccia. C’era stato sì e se l’era vista brutta in quel “po’ po'” di battaglia. Rievocammo i comuni ricordi ed andammo poi a bere insieme. Anche questo è bello nel calcio, poiché a distanza i risentimenti spariscono e ci si ride sopra.

Ma torniamo alla nostra storia. L’episodio “vivace” fu dimenticato presto; il campionato, quello vero, batté (finalmente) alle porte.

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© Paolo Ferrini, PAOLO FERRINI
Il nuovo campo sportivo a San Giusto, in “Volterrana Gol”, Tipografia Conti – Poggibonsi, a. Marzo 1978