Il settimanale cittadino ‘Il Corazziere”, n. 19 del 6 maggio 1928, reca a pag. 3 una breve notizia. Si scrive che le varie società calcistiche locali si sono fuse in un unico sodalizio, l’U.S. Volterrana, la quale, nello stesso giorno 6 (domenica), affronterà al “Vallebuona” la S.S. Littorio di San Gimignano.
E’ questo perciò, senza dubbio alcuno (l’archivio ufficiale della Volterrana del periodo prebellico è andato purtroppo perduto), l’atto di nascita della Volterrana; non è esattamente precisato il giorno della fusione ma credo di non sbagliare ponendolo agli ultimi di aprile o giù di lì.
Quali le società calcistiche che si erano unite per una fusione che, a quanto mi risulta, fu voluta dalle autorità politiche dell’epoca e fu poco gradita dalla maggior parte dei loro componenti, comprensibilmente affezionati alle rispettive, pur se modeste, bandiere?
La prima a nascere, nel 1919, fu la Sportiva Volterrana, grazie alla disinteressata passione ed all’entusiasmo di Mario Spinelli, gestore del cinema “Centrale”. La grande guerra era appena terminata, Trento e Trieste erano tornate italiane e, nel vivo della ripresa e delle iniziative della ritrovata pace, il football di anglica origine stava dilagando in tutta Italia, anche nei centri minori. Ecco quindi questa Volterrana che precede di quasi dieci anni quella “ufficiale”.
Poco dopo, nel 1920, sorsero, anche se durarono lo spazio di un mattino, la Juventus e la Fulgor, due squadrette formate da giovani, senza sede e senza pretesa alcuna. I giocatori ed i sostenitori si riunivano quando potevano, nelle pause del lavoro o dello studio, e se ne andavano al “Vallebuona” (il primo, vecchio campo, oggi scomparso per gli scavi del teatro romano) a tirar due calci, spesso in “feroci” incontri stracittadini, unico premio la vittoria sugli avversari dìrimpettai. La Juventus aveva la maglia bianco-azzurra, la Fulgor nera.
Nello stesso anno sorse, con maggior impegno ed organizzazione, la Sportiva Velathri. Fra i fondatori doveva esserci qualcuno che sapeva di lettere e di storia, dato che fu scelto in nome etrusco della nostra città, un nome che poi, nel passar degli anni, è rimbalzato a lungo fra le squadrette dei giovani nei tornei regionali. Anche questo è un segno che la vita cittadina non è stata mai avulsa da quella sportiva; ed è bene che sia così. La Velathri del 1920 aveva anche una sede, nel palazzo delle scuole elementari nell’attuale via San Lino; i colori sociali erano nero-azzurri.
Qualche tempo dopo vide la luce la Società Audace, dalle maglie rosso-verdi, pure con sede in via San Lino (allora via Ricciarelli), in palazzo Montoni. Più tardi ancora, all’avvento del fascismo, nacque la S.S. Littorio, colori sociali bianconeri, sede in Borgo San Lazzero. Furono quindi la Velathri, l’Audace e la Littorio che si unificarono, un po’ per forza ed un po’ per amore, nell’U.S. Volterrana. Per quante ricerche abbia svolto, non ho trovato invece tracce di attività calcistica in città prima del conflitto. C’è però un episodio che è balzato vivo dalle memorie di chi vi assisté. Risale al 1917, quando il mondo era sconvolto dal flagello della guerra, ed è, fino a prova contraria, la testimonianza della prima partita di calcio, degna di questo nome, disputata a Volterra. E fu, incredibile ma vero, una gara “internazionale”, in quanto vide di fronte ungheresi ed italiani.
Su questo episodio ho raccolto testimonianze dirette ed indirette tali da poterne permettere la ricostruzione nei suoi aspetti salienti. Correva dunque l’anno 1917 ed a Volterra si trovavano concentrati in numero notevole soldati dell’impero austro-ungarico, fatti prigionieri dai nostri.
Erano alloggiati un po’ dappertutto: all’ospedale psichiatrico, al seminario vescovile ed anche alla badia camaldolese. Qui erano particolarmente numerosi gli ungheresi, sotto la bonaria guardia della “Territoriale”; ed i prigionieri avevano una certa libertà di movimenti.
Si sa come vanno a finire queste cose: si è nemici al fronte con una divisa diversa e con le armi in pugno, ma, lontano dalla lotta e dall’odio, si ritorna uomini e si finisce con il fraternizzare.
E questo avvenne anche a Volterra: tra la nostra buona popolazione e gli ungheresi, del resto anche loro oppressi dall’Austria come gli irredenti italiani.
L’Ungheria è stata sempre un “nome” sul piano internazionale ed anche allora il calcio danubiano si era già affermato. Di conseguenza c’era fra i prigionieri chi sapeva giocare e sfogava, magari con un pallone di fortuna, il tedio della forzata inattività. Pure fra i nostri soldati di guarnigione e fra i giovanissimi volterrani non ancora chiamati alle armi (al di sotto della classe 1899, ché gli altri erano tutti lassù, sul Piave e sul Grappa) c’era chi nutriva una passioncella per il foot-ball.
Fu così che venne combinato l’incontro, teatro quel vasto prato adiacente la chiesa di San Giusto (dove nel 1931 doveva sorgere quello stadio di cui dirò in seguito) e che si prestava alla bisogna, stante la vicinanza al luogo della residenza coatta degli (si fa dire) ospiti. Ungheresi e Italiani (la nostra squadra era mista di volterrani e di militari) si affrontarono e la tecnica dei magiari ebbe la meglio sul nostro entusiasmo e sulla nostra ignoranza, o quasi, di cose calcistiche. Nessuno ricorda il punteggio ma fu molto duro per noi; capro espiatorio dei tifosi del tempo divenne lo sfortunato portiere locale, certo Agomeri, figlio di agente di custodia del penitenziario, al quale si fece colpa di essere stato troppo arrendevole ai palloni degli avversari. Forse, proprio per questo, il suo nome è rimasto a ricordare la dèbàcle di quella “storica” giornata, la quale segna l’inizio dell’attività calcistica nella nostra città.
Agomeri: un cognome solo, volterrano d’importazione, proprio il n. 1 (per il ruolo ché allora le maglie non erano numerate) del nostro calcio…
Con il ritorno della pace e dei combattenti, le cose cominciarono a mettersi su di un piano di maggiore regolarità, sia pure molto relativa. Anche quando sorse la Velathri (la quale non svolgeva solo attività calcistica, come pure l’Audace), i giocatori dovevano provvedere da sé al corredo: e spesso andava in campo chi aveva i mezzi per conto proprio (magari con il sacrificio delle sigarette e della tradizionale granita) o poteva attingere alle finanze paterne, quando il babbo (uomo serioso dell’Ottocento e non certo entusiasta delle prodezze pedatorie del figlio) era in buona e sganciava.
Anche per questi anni non ci sono tracce probanti e sono dovuto ricorrere ai ricordi di chi li ha vissuti. I giornali non prendevano certe cose in considerazione. Dal passato emergono così nomi di cittadini oggi anziani o già scomparsi, alcuni dei quali continuarono a giocare nella Volterrana dei primi tempi, mentre altri cessarono, presi dal lavoro e dalle vicende della vita.
Nel 1921 la Velathri giocò a Piombino una partita di fuoco e fu sconfitta; mi si dice che intorno al campo fu sparata anche qualche revolverata. A difendere la porta volterrana c’era Carlo Dell’Aiuto divenuto poi alto funzionario di banca. Per questo periodo 1921-22 bruciante per ben altri motivi mi sono stati riferiti altri nomi: Serico Serraglini (centravanti), “Meo” Cardellini (portiere), Campagnari, Marchi, Gamelli, Bargi, Giulio Grossi, “Pizzi” Furesi, Luigi Bartolini, Secondo Del Testa, Enzo Montomoli Enrico Fiumi, Mauro Allegri, Borghini, Donatello Bessi, Caciagli, Cecchelli, Bellacchini.
Una formazione al completo della Velathri è stata però ben identificata. E’ quella che vinse per 1-0 a Colle Val d’Elsa, in un durissimo incontro di campanile, nel 1924. Eccola: Pazzagli, Fanucci, Campani, Bacci, Parrini, Ticciati, Allegri, Montomoli, Giannelli Antonio, Giannelli Arnaldo, Biondi.
Questi furono dunque i primi passi del calcio volterrano, un calcio fatto esclusivamente di entusiasmo, di buona volontà, di sacrificio. Ritengo pertanto giusto aver ricordato questi tempi (forzando magari un po’ la mano ai criteri di massima prefissati), anche se la Volterrana ancora non c’era, e per due motivi: sia per documentazione e ricordo sia perché la squadra ufficiale cittadina sorse proprio grazie a questi pionieri e ad altri del cui nome non c’è più traccia.
Dunque la Volterrana nacque così, dalla divisa ma sostanzialmente unica matrice rappresentata, come ho già detto, dalla Velathri, dall’Audace e dalla Littorio. Nessuna di queste tre squadre partecipò mai a tornei regolari; il campo era in Vallebuona sotto il terrapieno di Porta Fiorentina a ridosso dell’ippodromo, scomparso con la seconda guerra mondiale. Era un piccolo terreno, all’incirca di m. 70×40, dove la respinta di un potente terzino andava da porta a porta; e su questo campetto i giovani volterrani degli anni ’20 rincorrevano con tanta passione la sfera di cuoio, mentre risuonavano, magari storpiati, i vocaboli inglesi relativi al “goal”, al “corner”, all'”offside”, all’ “half” etc. Il tutto fra il disinteresse se non fra la disapprovazione “dignitosa” dei più. Fu proprio su questo campo che la Volterrana fece il suo esordio quel 6 maggio di mezzo secolo fa, battendo il San Gimignano per 2-1. La formazione di quella giornata davvero “storica”, con un po’ di soprannomi per chiarire meglio le idee agli anziani e dar uzzolo ai giovani: Zani (“Piombo”), Fanucci (“La Cavalla”), Campani (“Caporale”), Furesi (“Pizzi”), Ticciati (“Rampino”), Bocci, Cecchelli, Bartolini, Del Testa (“Canapino”), Batistini (“Nicche”). La gente corse a far tifo per il “Piombo’ dalla parata acrobatica, per il “Nicche” dalla fiondata assassina da buon mancino e per “La Cavalla”, un difensore di estrema potenza e di livello superiore agli altri, forte del bagaglio tecnico acquisito a Genova, nelle file dell’Andrea Doria, durante il servizio militare.
Dopo la vittoria, che sapeva ovviamente dei rintocchi del campanile, il pubblico osannò i granata mentre i cronisti dell’epoca caddero subito nella facile retorica dei “diavoli rossi”.
Granata, con lo stemma del drago e della biscia sul petto, fu infatti la prima maglia della Volterrana; la scelta di questo colore fu dovuta alle simpatie per il Torino del suo primo presidente, il centurione della M.V.S.N. Enrico Quagliata. Con lui formarono il primo Consiglio Direttivo il capomanipolo della milizia fascista Emilio Carraro (direttore sportivo), il rag. Pietro Chiarini (segretario), Azelio Parrini ed il geom. Mauro Allegri. La nuova Società aderì subito all’U.L.I.C. (Unione Libera Italiana Calcio) che aveva sede a Torino e che cercava di rivaleggiare con l’attività ufficiale della F.I.G.C.
Per tutto il 1928 ci furono numerose partite al “Vallebuona”, quasi tutte vittoriose: con il Castelfiorentino (2-1), con il Ponsacco (6-2), con la Colligiana (1-0), con il Siena (0-3), con il Castelfranco di Sotto (4-2), con il Forcoli (1-0), con il San Gimignano (2-1), con il Siena ancora (8-2), con il Poggibonsi (5-2), con l’Audax Pisa (4-4), con il Cecina (5-4), con il Vada (6-0), con il Piombino (4-1), con il Montescudaio (1-0).
Delle trasferte non c’è traccia e questo vale anche per gli anni a venire: evidentemente i cronisti del tempo seguivano le vicende della squadra solo in casa. In ogni modo c’è il ricordo di una gara a Castagneto Carducci, sospesa per una cazzottata furibonda fra le opposte squadre, nonché fra i relativi supporters. Nel 1929 le cose non mutano un gran che. Invariato il Direttivo che lavora nella sede di via Ricciarelli 1 (qui rimarrà fino alla guerra del ’40).
Anche la formazione resta più o meno la stessa del 1928; c’era qualche nome in più, Nardoni, Macchioni e Trinciarelli.
Al “Vallebuona” furono di scena il Montescudaio (5-1), il Riglione (1-0), il Lari (7-0), la FIL Livorno (4-4), la Robur Siena (1-1), il G. S. Menabuoni Firenze (5-2), l’Audax Pisa (0-1), l’Uva Piombino (2-0), il Castelfiorentino (1-0), il San Gimignano (0-0), il Pontedera (2-1).
Nell’estate la Volterrana partecipò a Monsummano alla Coppa “Bottai” e si comportò bene; arrivò ai quarti di finale e battè il Ponte a Moriano (3-1), ma cedette nella semifinale (0-2) al fortissimo G.S. Fiorini di Firenze che poi si aggiudicò la Coppa. Oltre ai giocatori, ci furono anche gli arbitri volterrani. E’ raro infatti che si ricorra in questi tempi a direttori di gara federali, per un ovvio motivo di risparmio finanziario. Ogni squadra aveva il suo arbitro e, prima dell’inizio, si tirava a sorte. Così spesso capitava l’arbitro di casa e questi finiva fatalmente per diventar “casalingo”, sotto ogni punto di vista. Resterà famoso il buon Mario Benassai, dal rigore facile a favore della Volterrana, specie quando le cose si mettevano male per i “diavoli rossi”, e dai prolungamenti di gara per arrivare almeno al pareggio (immaginiamoci gli avversari!): venne su molto bene, per il suo equilibrio e per la sua tempestività, un giovane che fece anche il calciatore, Ivan Papi, il cui nome restò a lungo nelle vicende della Volterrana, anche in periodi assai più vicini a noi.
Nel 1930 la Volterrana assunse definitivamente veste ufficiale: infatti non rinnovò l’adesione alla U.L.I.C. e si affiliò alla F.I.G.C.
Fu questa la decisione del nuovo Consiglio che assunse qualche variante nei confronti degli anni precedenti. Eccolo: cent. Enrico Quagliata (presidente), c.m. Emilio Carraro, dott. Jacopo Inghirami, cav. Luigi Falchi, rag. Ottorino Dazzi, Antonio Mazzini e rag. Pietro Chiarini.
I soci, tesserati con la quota annuale di L. 1 (una), erano oltre 200. E’ da sottolineare che la partecipazione a tale categoria costituiva un po’ titolo d’onore; “Il Corazziere” infatti ne dava, settimanalmente, gli elenchi e scriveva di “ammissione” alla U.S.V. La squadra cambiò i colori della maglia, lasciando il granata originario per il giallorosso, probabilmente in omaggio a quello della Capitale: sono i tempi di Roma eterna, delle aquile, dei colli fatali. I giocatori essenziali della formazione furono: Zani, Bellacchini, Borghini, Righi II, Giovanchelli, Batistini, Papi, Righi I, Montomoli, Del Testa I, Del Testa II.
Anche in quell’anno continuò la consueta trafila delle partite al “Vallebuona”. Le notizie riguardavano gli incontri con: Cecina (6-0), Pomarance (0-0), Piombino (0-0), Solvay (1-1), Cascina (2-2), Pontedera (0-7), Cascina (0-1), Pontedera (1-0), Empoli (4-4), G. S. Moriani Firenze (1-0), Pisa S.C. (0-1), Empoli (2-0), G.S. Littorio Firenze (3-1), Cecina (1-2), Massa Marittima (0-0) e Certaldo (3-0).
Si ha notizia anche di due trasferte: una pareggiata (0-0) a Massa Marittima ed una perduta a Ponsacco (0-1).
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