Faville in Coppa Italia

Il campionato 1978-79 non porta grandi novità se non per quanto concerne l’allenatore; parte Marinai, subentra Giuseppe Fiaschi il quale dimostra nell’arco dell’anno ed oltre buone capacità e spiccata serietà. Il torneo non fa registrare grossi splendori e la Volterrana si classifica alla fine al sesto posto in una, ci si perdoni il bisticcio di parole, alta mediocrità.

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Se dobbiamo ricordare qualcosa, citerò la duplice sberla all’ambizioso Fucecchio (dove era approdato, senza molta fortuna, Marinai) che, alla fine, giungerà al quinto posto. Se poi il mezzo derby con il quotato Ponsacco finirà alla pari (un 2-0 casalingo a testa), andrà male il derbissimo con il Cecina che ci darà un paio di amarezze, sia pur di misura. D’altra parte è giusto il riconoscere che i cugini rossoblù furono protagonisti di un bel campionato meritatamente vinto.

La Volterrana ha però combattuto su due fronti, la Promozione e la Coppa Italia; e sarà questa seconda competizione a dare soddisfazione e successi ai viola.

La Coppa nazionale era stata finora un oggetto misterioso; la si giocava quando ne avevamo diritto e dovere ma era considerata poco più di un allenamento pre-campionato. Si usciva dopo aver giocato una o due partite, poi tutto l’interesse andava a vertere sulla Promozione. In quest’anno però le cose si misero bene, in una maniera inizialmente inattesa; la Coppa Italia si presentò come un bellissimo torneo che avrebbe travalicato presto i confini regionali e ci avrebbe portato a combattere in altre regioni, contro squadre mai conosciute di indubbio valore, talvolta ci avrebbero portato anche a fraternizzare data la mancanza dì precedenti rissosi.

Questa Coppa merita davvero un trattamento a parte che si dipanò così come segue.

La partenza fu la solita, cioè un incontro con una squadra toscana del girone B, il Castellina in Chianti. Pareggiammo in casa (0-0) e sembrava una delle solite, poi andammo a vincere secco (2-0) nella terra del buon vino.

Altra squadra toscana nel secondo turno, il Signa, che non costituì ostacolo alcuno: i “canarini” di Firenze, dopo aver perso a Volterra per 2-1 crollarono in casa sotto un pesante 3-1.

A questo punto l’orizzonte si allargò ad altre regioni e ad altre squadre; fu un interesse che rapidamente coinvolse un po’ tutti, dai dirigenti ai calciatori al pubblico che si mosse piuttosto nutrito anche in trasferta. E la prima gara dei “trentaduesimi” fu in trasferta, in terra di Marche, a Sant’Angelo in Vado, con la Vadese appunto. lo ero presente in questa ridente cittadina, insieme al carissimo amico dirigente Angiolo Falorni; avemmo tutti un’accoglienza eccezionale, da un pranzo in grande stile a base di tartufi ad una solenne Messa ufficiale in duomo. Con questi presupposti vincemmo per 2-1 per poi stravincere (3-0) alle Ripaie. Eravamo ai “sedicesimi” e la sorte ci dette l’incontro con una squadra ligure, il Varazze; non fu un grosso ostacolo, perché la Volterrana lo superò alla brava con l’identico risultato di 2-1, prima in Liguria e poi in Toscana.

A questo punto la mobilitazione si fece generale, l’entusiasmo salì alle stelle. Infatti un’eventuale vittoria, oltre al prestigio del titolo nazionale (che dalle nostre parti solo il Cascina aveva conquistato molti anni prima), avrebbe voluto dire anche la promozione di diritto alla serie superiore.

Agli “ottavi” ci toccò un’altra squadra ligure, il Rivatrigoso, che venne a Volterra senza troppi patemi d’animo e ci fece fuori per 1-0. Al ritorno i viola restituirono lo sgradito regalo, giungendo così agli invariati supplementari e poi ai rigori.

Gli attaccanti viola furono micidiali ed andarono a segno cinque volte contro le tre dei liguri; sia pur con fatica (ma pur con orgoglio) anche questo ostacolo fu superato, giungendo così ai “quarti”. Questa volta fummo dirottati in Emilia, ad Argenta, la terra natia (vale ricordarlo) di Don Minzoni; l’Argentana non riuscì a passare, bloccata (0-0) dalla nostra difesa.

Cadrà a Volterra senza remissione per 4-0; vittoria alla grande per i viola, pur di fronte ad una delle migliori squadre dilettantistiche emiliane.

E così, zitti zitti, piano piano, ci trovammo in semifinale. Eravamo tra i quattro migliori squadre italiane: IAC Gazoldo (Lombardia), Putignano (Puglia) e Ravanusa (Sicilia). Lo scontro fra le due meridionali fu appannaggio dei siciliani, a noi toccò quello con il Gazoldo, una popolosa frazione in quel di Goito, a due passi dallo storico terreno della battaglia risorgimentale.

In un’afosa giornata estiva tipica della Bassa padana, i viola cedettero di misura (1-0) ma nessuno fece drammi sperando, a ragion veduta, nel ritorno. Ed infatti, allorché nei primi minuti, “Falchetto” Ferretti, con un gol dei suoi, riportò le cose in parità, i giochi sembrarono fatti; invece non fu così; il Gazoldo reagì al colpo e riuscì a riportare le sorti in parità.

La situazione a questo punto si fece preoccupante ma nella ripresa la Volterrana tornò in testa con la seconda rete. Quelli di Goito però non si arresero e tornarono avanti, ottenendo un calcio di rigore. Sulla grande folla presente alle Ripaie calò il gelo ma il portierone Frassi sfoderò una delle sue prodezze e bloccò il micidiale pallone.

Sventato il pericolo, occorreva però segnare il terzo gol, onde annullare le conseguenze della nota “legge” in forza della quale le reti segnate in trasferta contano il doppio. E la Volterrana non ce la fece più; aveva dato il massimo, aveva combattuto con estrema bravura ma fallì l’ultimo sforzo contro la solida difesa ospite.

Così uscimmo dalla Coppa Italia, a testa alta, ma, purtroppo, uscimmo, perdendo la più favorevole delle occasioni. La Lega, a suo tempo, aveva infatti stabilito che la finale si sarebbe svolta in Toscana, a Lido di Camaiore (dove infatti il Ravanusa conquisterà il titolo senza molte difficoltà contro un Gazoldo quasi rassegnato) e questo quindi avrebbe fornito un terreno indubbiamente favorevole alla Volterrana che avrebbe potuto contare sull’apporto dei corregionali. Presenziò anche Valcareggi. Inoltre un sostegno determinante sarebbe venuto non solo dalla massa dei tifosi volterrani ma anche dagli organizzatissimi ultrà del Pisa S. C. Era cominciato infatti il periodo in cui Romeo Anconetani si stava interessando alle sorti della Volterrana, anche perché aveva incominciato a portare i nerazzurri in ritiro sul poggio.

E Romeo aveva già mobilitato i suoi per Camaiore. Avremmo avuto, insomma, mezza Toscana alle spalle in questo ipotetico incontro con il Ravanusa che oggi, stante la moda, potremmo giocare in “virtuale”.

Fu una irripetibile occasione perduta, ma fu anche una bellissima Coppa che ci dette tante soddisfazioni fino all’amarezza finale.

Alcuni anni dopo ebbi occasione di incontrare in Calabria l’arbitro della semifinale, il signor Invernizzi di Monza.

Si ricordava benissimo della partita ma sopratutto conservava un bel ricordo del pubblico volterrano. “Ho fischiato un rigore contro i locali, sia pure legittimo, e non ho sentito una protesta come sempre accade. Eppure la partita aveva un’importanza vitale. Bravi, bravi davvero i vostri tifosi!”. Confesso che questa frase mi fece gonfiare il petto a nome di tutti, a dimostrazione che quando gli arbitraggi sono all’altezza della situazione, si accettano anche le decisioni pesanti. Non tutti però si chiamano Invernizzi (notare: un arbitro lombardo inviato in una gara che vedeva protagonista una squadra della sua regione, ma non ci furono motivi di proteste). Terminò così l’avventura in Coppa Italia, iniziata fra il grande entusiasmo.

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© Paolo Ferrini, PAOLO FERRINI
Faville in Coppa Italia, in “Volterrana Gol”, Tipografia Conti – Poggibonsi, a. Marzo 1978