Un gruppo di sportivi si riunì spontaneamente in una sala del Palazzo dei Priori e, a tamburo battente, si decise di riprendere l’attività. Fu una cosa tipicamente volterrana, di questa mia gente facile agli entusiasmi come alle demoralizzazioni. Sulla spinta della ripresa fu messo in piedi un Consiglio Direttivo, il quale si mosse con decisione nel segno dell’Associazione Calcistica Volterrana, in fondo un’A.C. per un’U.S. ché il V., quello che contava, restava definito come le maglie color viola.
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Il Direttivo, presieduto dall’avv. Piero Capecchi, era così formato: Silvano Bianchi, Luigi Dei, Remo Santini, Giovanni Socci, cav. Giuliano Lecco, Enio Geri, rag. Fernando Fidanzi, Mauro Nencini, Giulio Cesare Trafeli, Adamo Moretti, Paolo Provvedi, Adriano Nannetti, Giovanni Ticciati e rag. Raffaele Mannucci. Fu trovata anche una sede nuova modesta ma decorosa, in vicolo Sant’Agnolo.
Primo passo il riprendere i contatti ufficiali con la Lega Regionale. Si tentò, stante il passato, di ottenere almeno l’iscrizione alla 1° Categoria.
Dilettanti, ma a Firenze i dirigenti federali non furono molto comprensivi; dissero che la Volterrana era ferma da quasi 10 anni e che non possedeva un’attrezzatura sportiva sufficiente, il che era purtroppo vero. Non si tenne invece conto di un’esistenza pluridecennale e dell’importanza della città. E ci fu da ringraziare se non ci fecero ripartire dalla 3° categoria, dato che concessero la partecipazione alla 2°. Risalire la china, una volta discesa, è pesante in ogni circostanza; e la Volterrana dovette adattarsi a giostrare con squadrette che giocavano all’insegna del “Viva il parroco!” o del “O la va o la spacca!”, spesso sui rettangoli paesani, stretti fra i campi di grano ed i pagliai. Chi si assenta ha sempre torto; e, con umiltà, dovemmo pagare.
Per ricostruire la squadra si fece appello ai vecchi e ai giovani volterrani: nessuno si tirò indietro e tutti tornarono sotto la vecchia, gloriosa bandiera. Restava il problema dell’allenatore e la scelta cadde su di un nome che sapeva di prestigio e di Serie A, quello di Remo Lancioni, il quale, cessata l’attività agonistica, era rientrato da Torino in Toscana.
I viola partirono così per il campionato 1965-66 con molto entusiasmo e con poca sostanza. Ma c’era anche un dato estremamente positivo, quello cioè del pubblico; gli sportivi locali fecero subito quadrato intorno alla squadra, la sorressero massicciamente in casa e fuori, la sostennero finanziariamente. Ora, finalmente, in ogni circostanza, la Volterrana era la squadra di tutti, la squadra che viveva solo sull’entusiasmo del suo pubblico, sugli incassi, sulla campagna-soci. E da quell’autunno 1965 le cose non sono, sostanzialmente, mutate.
Forse valeva la pena di essere caduti così in basso per ritrovare la gente come la volevamo. Il campionato scorse alterno fin quasi alla fine del girone di andata, poi Lancioni dette le dimissioni per recarsi ad allenare una squadra di divisione superiore; e le sorti della Volterrana furono affidate ad Uliano Vettori di Colle val d’Elsa, un giocatore-allenatore (scendeva in campo come attaccante) dalle poche parole e dai molti fatti.
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