Non tutti sanno che l’umile pietra maculata, tagliata nella panchina volterrana, che fa da soglia all’uscita secondaria del Duomo, in Piazza San Giovanni, è la prova superstite di un orrendo delitto. Non lo sapeva, si vede, neppure l’umile operaio che anni fa, durante il rifacimento del selciato, la scalpellinò al pari delle altre.
Secondo un’antica e controversa tradizione, quelle macchie slavate che ancor oggi vi si notano e che assumono un più accentuato color rossastro quando la pietra bagnata sta per asciugare, altro infatti non sono che le chiazze di sangue uscito dal corpo martoriato del vescovo-despota Galgano dei Pannocchieschi, trafitto dal pugnale che fece vendetta della sua tirannia nell’anno del Signore 1170.89
A sentir la remota credenza90, in seguito a quell’omicidio, Volterra rimase senza Vescovo per ventinove anni, fino a che, grazie ad un’ingegnosa iniziativa, non lo riottenne.
Si tramanda che alcuni influenti cittadini si recarono a Roma dove esposero in una pubblica via un voluminoso blocco di salgemma nel quale, artisticamente scolpita, figurava una città in miniatura.
Da lì a poco transitò per quella strada il Papa che, colpito da tanta meraviglia, chiese dove si facessero cose tanto belle e non appena gli fu detto: “A Volterra”, egli invocò una benedizione speciale per la città in cui operavano così validi artisti.
I volterrani non aspettavano altro. Approfittando dello stupore del Pontefice, si fecero animo e così continuarono:
“Volterra, o Padre Santo, in questi lunghi anni ha già subìto tante miserie e tante calamità e oggi, prostrata ai piedi della Santità Vostra, chiede umilmente perdono del suo gravissimo fallo”.
Il Papa rimase impressionato e pienamente convinto del pentimento tanto che lì per lì, dopo aver di nuovo benedetto la città, decretò per i volterrani il più ampio e liberatorio perdono.
Fu così che “il giorno di Santa Cecilia la Città Volterrana riebbe la messa, e per memoria di cosa sì memoranda si celebra ogn’ anno con gran solennità la Festa di questa gloriosa Santa”.