L’Accademia dei Sepolti, una fra le istituzioni cittadine più antiche, venne fondata il 17 marzo 1597 da quattro giovani volterrani: Francesco di Niccolò Incontri, Giovanni Villafranchi, prete e poeta, Martino di Antonino Falconcini, dottore in medicina e Giovan Battista Seglieri, chierico commediografo e poeta. L’idea nacque in occasione di uno dei tanti incontri fra “dottori”. Già comunque “tutto ideato o ordinato”, il 17 marzo 1597 (1598), quattro giovani volterrani andarono a trovare il Del Bava, maestro di teologia, e ponendogli la loro idea di istituire una accademia. Appoggiati dal padre Guglielmo Del Bava, che poi diventerà priore generale dell’ordine agostiniano, decisero che l’Accademia si chiamasse “de Sepolti”, perché volevano “seppellirsi nelle scientie et nelli versi, ma anchora per ispaventare ed atterrire gI’huomini maligni, che ardissero di voler ritirare gli accademici dalla strada della virtù”, il loro motto fu Operantur SepuIti e come stemma, con il quale da allora sono conosciuti a Volterra e altrove, elessero una scopa carica di operosi bachi da seta che, operando e lavorando, si seppellivano per passare a più nobile vita, diventando “da terreni et humili, candidissimi e alati”. Il primo Console, che rappresentò il capo dell’Accademia, fu padre Guglielmo Del Bava che mise a disposizione alcune stanze del convento di S. Agostino, come sede delle riunioni accademiche. A seguito delle loro prima riunione pubblica, tenuta nella chiesa di S. Maria Maddalena, Raffaello di Giulio Maffei fu talmente affascinato dall’impresa che offrì alla Accademia un’ampia sala del suo palazzo, facendo costruire una cattedra “a modo di sepolcro” dove fu dipinta l’insegna dei Sepolti e furono scritte le parole Surrexere Sepulti anno 1597, sostituita poi da un’altra cattedra, fatta costruire da Attilio Incontri.
Con una sala più adeguata e consona all’attività dell’Accademia, gli accademici iniziarono “a leggere”, cioè a tenere pubbliche lezioni o adunanze. Ogni domenica le adunanze erano dedicate alle “lezioni di belle lettere” e ogni Giovedì “si leggeva o si disputava di legge”. (R.S. Maffei, “Rassegna Mensile”, a. III, n. 3, aprile 1926, p. 36).
Intanto l’Accademia, accogliendo nuovi adepti, istituì altre cariche: un proconsolo, due consiglieri, un tesoriere, un cancelliere e quattro censori e venne compilato uno Statuto che, riformato e completato nel 1601, regolò definitivamente I’Istituzione letteraria. Nel 1600, intanto, trasferitisi nel Palazzo dei Priori, gli accademici nominarono le SS. Attinia e Greciniana come protettrici della loro istituzione ed, ancor oggi, il 16 giugno, in occasione della celebrazione delle Sante in Cattedrale, si svolge una cerimonia alla presenza di tutti i componenti dell’Accademia, con un discorso, chiamato “orazione della curia”. Nel 1600 “per consiglio del Proconsolo si elessero per protettrici dell’accademia le SS. Attinia e Greciniana vergini e martiri volterrane, e deliberarono fargli ogni anno le pompe, recitando un’orazione in lode loro “pubblicamente siccome l’istesso anno si fece”, (R.S. Maffei, “Rassegna Mensile”, a. III, n. 4, giugno 1926, p. 52).
Dopo la peste del 1630 l’Accademia riprese le sue esercitazioni letterarie, aggiungendo anche rappresentazioni sceniche e, dal 1642, ottenne il patronato e direzione del Teatro, assumendone anche la proprietà. Letteratura toscana, greca e latina, discussioni filosofiche, erudizione sacra e profana erano affrontate dagli uomini più importanti del patriziato, che gareggiavano nel rendere vivi e interessanti quei dotti convegni. Da atti della metà del XVll secolo si evince che non tutti erano ammessi a far parte dell’Accademia. Erano esclusi i pedanti e gli accademici non ammettevano nessuno se non dopo una lunga discussione interna al Consiglio. il futuro nuovo accademico doveva aver “già tempo prima presentato istanza, e doveva essere poi accolto col partito, in cui si richiedeva in favore dei quattro quinti degli Accademici”. (A. Cinci, Storia, p. 8). Tra le tante dissertazioni letterarie che si svolgevano in seno all’Accademia è da ricordare la gara di Francesco Maffei, mons. Benedetto Falconcini e Giovanni Villafranchi contro alcuni studiosi che avevano messo in dubbio i natali volterrani del poeta Persio FIacco. Per non parlare poi della corrispondenza con l’Accademia dei Georgofili di Firenze.
Dopo, ai primi dell’Ottocento, il locale del vecchio teatro, non più adatto alle esigenze dell’Accademia venne ceduto all’Accademia dei Riuniti, sorta con lo scopo di costruire il teatro nuovo. In base ai patti con i Riuniti, i Sepolti potevano usufruire del saloncino annesso al Persio Flacco. Nel 1924 la stessa Accademia, a cui accedevano ed accedono persone distintesi nelle lettere, nelle scienze e nelle belle arti, riformò lo Statuto e fondò “Rassegna Volterrana”, rivista di arte e cultura, fiore all’occhiello dell’Accademia e dell’intera città. E nel 1928 istituì una “Biblioteca della Rassegna Volterrana» per la pubblicazione dei lavori che, per la loro ampiezza, non avrebbero potuto essere accolti nella Rassegna stessa. Nell’attuale sede dell’Accademia, in Via Buomparenti, in una pente della torre Buonaguidi, a destra entrando, si può ammirare un interessante affresco raffigurante una “Madonna in trono con Bambino e santi Francesco e Benedetto o Domenico”. L’autore del dipinto è incerto, ma si presume che sia Bartalo di Fredi che, fra il 1470 e il 1480, è a Volterra per affrescare la Cappella del Coro in Duomo.
Oggi l’Accademia dei Sepolti – Ente morale per antico possesso dello stato – continua la sua storica funzione di dispensatrice di cultura volterrana: periodicamente si tengono riunioni, conferenze e letture; annualmente, o a semestri, un nuovo numero di “Rassegna Volterrana” contribuisce a fare luce su storia, arte e letteratura di Volterra e del suo territorio. I soci ordinari vengono ancora scelti “tra le persone che si sono distinte nelle lettere, nelle scienze e nelle belle arti”. (art. 4 dello Statuto). Esistono poi i soci corrispondenti, non residenti a Volterra, e i soci onorari, “scelti fra persone che si distinguono per speciali meriti o per particolari benemerenze verso l’Accademia”. (art. 6).