Leggendo la monografia di Vittorio Dini «Dell’antico usa della balestra», Badiali, Arezzo 1963, mi soccorre bene questo detto: «Nel 1107, durante la lotta contro la cittadella imperiale di Prato, le truppe dei vassalli di Matilde, insieme agli eserciti di Lucca, Firenze, Arezzo e Pistoria, avevano tra le loro file nuclei di balestrieri, così quelli della parte avversa cioè Pisa, Siena e Volterra».

Dalla potenza di questi armati, se ci furono, non si sa, o almeno dovette essere poco fortunata, perchè, conquistata Prato, è certo che Matilde mosse contro Volterra. Ma a Volterra fu certamente buona la difesa dei balestrieri, o dei cittadini, se la famosa Contessa non vi entrò e dovette accamparsi verso l’odierna Saline, al Cavallaro, verso il fiume Cecina (in tale località, il 24 luglio 1107, firmò un famoso documento di regalia per i suoi conventi). E forse i volterrani debbono averle tolto ogni velleità d’ulteriori lotte, poichè la vecchia signora non fece più battaglie, e non le fece fare, fino al 24 luglio 1115 quando morì a Bondèno in età di sessantanove anni.


Ma, a parte questi documenti dell’antica epoca vescovile, che non son da forzare con interessanti ampliamenti, certamente il Comune volterrano fin dal suo sorgere ebbe numerosi buoni forti e fedeli balestrieri. Nel 1218, per un loro documento del 19 marzo, sappiamo i nomi di tre «balistari»: Scudo, Pasquale e Fortone, che avevano affiancato il podestà Ildebrandino di Romeo in tutte le sue mosse in città e nel contado.

Nel 1262, 12 luglio, sono le balestre volterrane che impongono rispetto e capitolazione ai masnadieri di Montevoltraio, e agli «scalamicchi e vagabondi» che avevano infestato quella Rocca, dall’alto della quale pensavano, impuniti, taglieggiare il contado. Il 10 marzo 1288, quando i Comuni di Volterra e Massa Marittima, nella sede comunale di Pomarance, firmarono il primo patto decennale di mutua difesa, sono interessanti i paragrafi delle reciproche truppe, delle regole e dei giuramenti nelle quali circostanze è certo che la mostra del proprio armamento non fu mai senza un saggio e un palio di forza e abilità.

E Volterra teneva riforniti stabilmente i balestrieri dei suoi comunelli campagnoli, come si sa dalle deliberazioni consiliari. Così a Calendi Settembre 1300 si legge «il Carmarlingo consegni quattro mazzi di quadrelli ciascuno, ai sindaci di Castelnuovo e Pomarance, per l’uso delle loro balestre».

Nel 1308, per la guerra contro San Gimignano, risplendette tutta la sapiente organizzazione militare volterrana; duemila fanti del contado a schiera con bandiere e vessilliferi, cavalli e carroccio, imposero in nome di Volterra non solo ai ribelli vicinanti, ma alla Toscana intera; e Massa era alleata.

Le riforme popolari volterrane del 1320, che fissano a seicento uomini le masnade permanenti cittadine, e a mille gli armati di contado pronti alla chiamata (censendoli per nome e per arma) ci fanno certi che un quarto della forza volterrana è costituita da balestrieri. Uno spoglio di notizie dalle filze comunali di consiglio, segnate A nera, ci permette di ricostruire le principali fazioni della balestreria volterrana; che nel 1329 fu vincitrice a Miemo contro i Pisani e gli scismatici di Lodovico il Bavaro e Pietro da Corvara. Nel 1331 fu coi fiorentini all’assedio di Lucca e quindi coi Senesi al Arcidosso contro gli Aldobrandeschi.

Lustro dettero i balestrieri della famiglia Belforti in ogni apparazione alle giostre e ai tornei di Toscana. Lo storico Falconcini dichiara Ottaviano Belforti «abile allettatore» perchè riuscì a farsi ampia nomèa, presso le città vincitori e i principi, con le feste date a ogni investitura di cavalieri di sua famiglia, e con l’abilità degli armati di sua consorteria.

Nel 1341 si ha notizia che i Belforti mandarono a Pistoia a comprare quattro fastelli di nuove aste per i lancieri; a S. Miniato per cento elmetti con visiera; a Poggibonsi per due pezze diverse di zendado per i vessilli; a Montalcino di Siena per coscrivere venticinque donzelli di custodia e acquistare «dieci baliste nuove».

Nel 1342 fecero rinnovare al pittore volterrano Francesco di Nieri i pennoni dei trombettisti a rosso e bianco «cum lileis et rastrellis super eis». Spese di trombetti e cornamuse si trovano in ogni festa di Comune insieme a spese per confetture e drappelloni, e «per crocchie di verrettoni da balista».

Fino al sopravvento delle bombarde e della polvere da sparo. Ma ancora tra le spese del 1368, presenti i fiorentini e preponderante lo sforzo per essere alla pari loro (3 novembre, fiorini 59 cioè lire 200 e soldi 12 per dieci bombarde e polvere necessaria) si riscontrano poco dopo, restauri alle balestre per lire 4, e ancora la spesa di lire 23 e soldi 5 per due nuove balestre, fatte ben armate da quattro maestri volterrani, che le avevano messe in opera sulle mura.

E a ragion veduta, perchè costavano assai meno e il rifornimento era assai più facile a reperire in loco.

© Pro Volterra, MARIO BOCCI
L’antico gioco della Balestra in Piazza dei Priori, in “Volterra”