Ho rintracciato uno dei molti volantini di cui i nazisti inondavano, soprattutto di notte, le città e le campagne, dove sapevano che si celava la maggioranza assoluta dei giovani.
Il volantino che raccolsi nella zona di Roncolla e che illustra avvisi del bando delle autorità militari tedesche, solitamente affisso sulle mura delle città, dei paesi e dei casolari spersi è alquanto eloquente e riporta alla mente di chi visse quei tragici momenti una drammatica situazione che la maggior parte dei giovani di Volterra superò sfidando il bando nazista con l’infittire le fila dei partigiani o, nascondendosi presso amici e parenti, lavorando per dare alla resistenza un contenuto vivo e, malgrado il rischio, efficace.
> Sommario, La seconda guerra mondiale nel volterrano
Ecco il testo del manifestino:
Entro le ore 24 del 25 maggio, gli sbandati che si presentano isolatamente consegnando le armi di cui sono eventualmente in possesso, non saranno sottoposti a provvedimento penale e nessuna azione sarà presa a loro carico, secondo quanto previsto dal decreto del 18 aprile.
I gruppi sbandati, qualunque ne sia il numero, dovranno inviare presso i comandi militari e di polizia italiani e tedeschi il proprio incaricato, che prenderà accordi per la presentazione dell’intero gruppo e per la consegna delle armi. Anche gli appartenenti a quei gruppi non saranno sottoposti ad alcun processo penale o a sanzioni. Gli sbandati e gli appartenenti alle bande potranno presentarsi a tutti i posti militari e di polizia italiani.
Dopo le ore 24 del 25 maggio tutti coloro che non si saranno presentati verranno considerati fuori legge e passati per le armi mediante fucilazione alla schiena.
Fino alle ore 24 del 25 maggio sei ancora in tempo per liberare te e tutta la tua famiglia dall’incubo della persecuzione, dal rimorso e dal disonore.
Perciò non perdere questa occasione che generosamente ti viene offerta, presentati oggi stesso, torna sulla retta via!
Se hai dei dubbi, i tuoi familiari possono ricevere informazioni in Prefettura.
Il consiglio che il comando militare tedesco e repubblichino dava in quell’infuocata primavera del 1944 era chiarissimo nella sua durezza e criminalità.
Si parlava apertamente di persecuzione alla famiglia del giovane che non si fosse presentato ai nazifascisti e si affermava che dopo la mezzanotte del 25 maggio, i giovani che non avessero aderito all’«invito» sarebbero stati fucilati alla schiena.
Eravamo quasi tutti o sbandati o ribelli e l’alternativa che avevamo davanti era altamente drammatica: andare con i nazifascisti o rischiare la fucilazione alla schiena e la persecuzione per i babbi, le mamme, i fratelli?
Accettammo il rischio e lo facemmo senza pesare le probabilità con la bilancia del farmacista. Fummo in tanti e decidemmo d’istinto, confortati dall’adesione dei familiari, di respingere il bando nazifascista e di operare, partigiano o resistente, per la libertà e la giustizia.
Oggi la patina del tempo ha messo molto ossido su scelte che per la loro generosità avevano certamente le caratteristiche dell’arditezza e del disinteresse. Quella fu infatti una scelta, rischiosa, di civiltà e di libertà: ma al di là di quei tragici momenti deve essere considerata una decisione non eccezionale, un semplice dovere da compiere e la mia vuole essere solo la testimonianza di uno che, per un lungo periodo, rimase in città, nascosto, vivendo ogni istante, come moltissimi altri volterrani ed italiani, il rischio della spiata, della retata, della perquisizione.