L’Orfanotrofio Ricciarelli fu istituito a seguito di un legato di Lire 50.000, disposto dalla espressa volontà testamentaria del Cav. Mario Ricciarelli. Quindi si risale, forse, al 1886 ed ebbe come sua prima sede l’Ospizio di Santa Chiara.
Il mio ingresso nell’Orfanotrofio avvenne nel 1932. Sono ricordi incancellabili nella vita di una persona che, specialmente a quell’età, dal “gatto randagio” che ero, mi ritrovai rinchiuso in una “gabbia” dove dovevo sottostare ad una disciplina che, per i primi anni, fu durissima.
Poi, non so per qual motivo, l’Orfanotrofio fu chiuso e noi ragazzi fummo trasferiti al collegio della “Qualconia” di Pisa che, allora, era diretto dal Maggiore Rag. Cav. Ugo Foscolo Nucci, originario di Orciatico, località in cui risiedono senz’altro i suoi discendenti.
Alla Qualconia vi eravamo oltre cento ragazzi e di quel periodo mi ricordo di alcuni come il campione di nuoto Mei e dei calciatori di calcio Ghio, che ha militato anche nella squadra del Pisa, e di Luperini della squadra dei Poligrafici. Sono tempi assai lontani, e i ricordi di altri coetanei rimangono assai vaghi che non mi permettono di andare oltre le suddette citazioni.
Dopo breve tempo, data la forte affluenza di ragazzi alla Qualconia, le autorità del tempo presero la decisione di trasferire dal suddetto istituto i ragazzi più piccoli. Io rientrai fra questi e il trasferimento avvenne all’Ospizio di Mendicità di Via Vittorio in Pisa. Ma dopo pochi giorni la nostra sede definitiva fu a Marina di Pisa, presso l’Istituto “Giuseppe Nissin”, che a quel tempo si trovava nei pressi della stazione. Direttore di questo Istituto era il console Dott. Francesco Adami, noto sauadrista e tenace seguace dell’allora regime.
Indipendentemente da questo e dalla lontananza da casa, che maggiormente si faceva sentire in noi ragazzi, la permanenza in questa nuova sede fu più che ottima; unico inconveniente era il continuo e costante inculcamento delle nostre menti l’addottrinamento fascista del quale il console Adami si faceva portavoce e c’imponeva un addestramento quasi militare con marce che, per la nostra età, erano assai dure. La prima marcia fu da Marina di Pisa a San Piero a Grado, seguì poi quella al Calambrone, dove sostammo alla colonia “Rosa Maltoni” e venimmo serviti e riveriti in un discreto pranzo dalle ragazze ospitate nella colonia stessa. Ma la marcia più stressante fu quella di Livorno, dove, pur arrivando stanchi, fummo sottoposti alla sfilata in Via Grande che poi, fortunatamente, si concluse con il ritorno sul trenino che da Livorno portava a Pisa.
La nostra permanenza a Marina di Pisa durò fino al 1934, anno in cui l’Amministrazione degli Istituti Ospedalieri e di Ricovero della città di Volterra, nel Settembre del 1934, decise, di riportarci sul “Poggio” natìo, destinandoci in un’ala dell’ex Collegio di San Michele, dove erano già ospitati i “convittori”.
Fra noi “orfani” e i “convittori” sussisteva un forte attrito, certamente causato dal differenziato trattamento e trovava sfogo alla domenica mattina nel settimanale scontro calcistico al vecchio campo sportivo di San Giusto.
Finalmente il 2 giugno del 1940 fu l’ultimo giorno della mia permanenza nell’Orfanotrofio e, da quel giorno, ritornai alla tanto sospirata libertà.
La libertà è tanto bella, ma ti pone subito dinanzi a problema di vita assai grossi e difficili per trovare una sistemazione da consentire il tuo sostentamento e, con questo, prepararti alla futura maturità di un uomo responsabile e desideroso di formarti una famiglia, alla quale viene rivolto il desiderio di ogni essere vivente.