A Torino, tra carte di antiquariato, mi è comparso davanti agli occhi questo invito «Alle donne volterrane», che evidentemente deve essere stato distribuito od affisso alle cantonate di VoIterra nel maggio 1848.
“Alle Donne Volterrane. La brava gioventù toscana accorre nei Piani di Lombardia, dove si combatte per l’Indipendenza italiana. Non v’ha cuore generoso che non aneli d’esse a parte di quei perigli, di quelle gloriose fatiche. Le istesse donne milanesi non hanno dubitato si slanciarsi nell’ora del conflitto tra le file dei prodi per istrappare i feriti al ferro nemico o prenderne pietosa cura. Le signore bresciane mosse dal medesimo santissimo ardore son corse in folla alli spedali militari provvedendoli di lenzuola, di camicie, di fasce e fila, vegliando a conforto e sollievo di cento valorosi, che sparsero il sangue per la patria comune: molte hanno convertito in spedali le proprie abitazioni, e destinate le proprie figlie a presiedervi. I tempi eroici d’Italia rinascono! Onore a quelle eroine! I loro nomi passeranno venerati alla benedizione dei posteri.
Alle donne toscane lontane dal campo di quelle pugne non è dato dare altrettanto; ma non soffrono di rinunziare alla gloria di concorrere, in quel modo ch’è loro concesso, alla santa impresa. Hanno perciò raccolto e raccolgono fasce, fila, asciugamani, camicie, lenzuola ed altre biancherie d’ogni maniera per essere inviate in Lombardia a conforto dei fratelli, forse dei consorti e dei figli. Voi non vorrete, o Volterrane, nè potreste mostrarvi men degne figlie d’Italia, o inferiori alle altre della toscana famiglia.
Onde agevolare a voi l’onore di quest’opera benedetta, vi è chiesto assunto l’incarico di raccogliere le offerte, che a voi piacesse di fare degli enunciati oggetti di biancheria e che saranno non meno utli che preziose a quei bravi in quanto che diran loro: vi son cuori gentili, che palpitano sulle vostre sorti; quelle mani amorose, che oggi provvedono ai vostri casi più tristi, anelano d’intesser ghirlande per coronarvi, allorchè festeggiati tornerete all’amplesso di quanto avete di più caro fra le patrie mura.
Le offerte saranno ricevute nel deposito che è stabilito nel Collegio di San Michele, a cura del P. Alberto Sarri Rettore del medesimo, d’onde saranno inviate all’armata Toscana nel Martedì prossimo 30 Maggio 1848″
La lontananza mi ha impedito di verificare se ed in quale misura le donne volterrane abbiano risposto all’appello. Forse è meglio così, perché la fantasia è più libera di immaginare che gran copia di «fascie, fila, asciugamani, camicie, lenzuola ed altre biancherie d’ogni maniera» sia arrivata a provvigione della brava gioventù toscana accorsa nei piani della Lombardia a fare l’indipendenza italiana. Tra le milizie toscane, in effetti, doveva esserci gran bisogno di aiuto di questo genere: da Montanara il 18 aprile 1848, il Capitano Ferdinando Agostini della Seta, Comandante dell’artiglieria toscana, scriveva al fratello:
«Io intanto, che ho sciupato al fondo i calzoni, l’ho rinforzati di pelle essendo tra noi invalso questo eccellentissimo uso. Tutti, uffiziali e soldati e civici, siamo senza vestiario» (Lettere di Ferdinando Agostini della Seta Capitano di artiglieria al Conte Andrea suo fratello – Mariotti e CC. – Pisa – 1880).
E’ evidente che quei rifornimenti raccolti a Volterra non giunsero in tempo per essere di utilità ai partecipanti alla battaglia di Curtatone e Montanara che fu combattuta il 29 maggio 1848, proprio un giorno prima della scadenza del termine dell’appello rivolto alle donne volterrane. Di certo non furono utilizzati neppure nella successiva vittoriosa battaglia di Goito del 30 maggio 1848. Raggiunsero forse la destinazione quando ormai, malauguratamente, le cose volgevano al peggio per l’esercito piemontese e per le truppe che lo giancheggiavano e si avvicinava la disfatta del luglio, a Custoza.
Pur nella sua ottocentesca retorica, l’appello alle donne volterrane appare tutt’ora animato da un vivo spirito pratriottico. Ai nostri occhi di posteri smaliziati, a prima vista, può forse destare qualche meraviglia che le offerte fossero raccolte proprio a cura del P. Rettore del Collegio dei Padri Scolopi di San Michele: può sembrare cioè strano che la fiaccola dell’indipendenza e dell’irrendentismo fosse mantenuta accesa ad agitata proprio in un collegio di religiosi.
Bisogna però ricordare, a parte l’amor di patria che tradizionalmente animava la Congregazione delle Scuole Pie, che proprio in quegli anni si acclamava al Pontefice come ad uno dei più piccoli avanzati riformatori. A ciò si aggiunga che per l’appunto era Pontefice Pio IX, cioè quel Giovanni Maria Mastai Ferretti di Sinigallia che, giovinetto, era entrato allievo nel 1803 nel medesimo Collegio dei Padri Scolopi di San Michele di Volterra.
Inoltre, quando fu pubblicato l’indirizzo alle donne volterrane, e cioè nel maggio 1848, Pio IX aveva da poco mandato le proprie truppe ai confini della Lombardia e del Veneto. Il 18 aprile 1848, tutt’ora certo della solidarietà del Pontefice, il Tenente Generale D’Arco Ferrari, Comandante le truppe toscane, indirizzava dal Quartier Generale di Viadana un proclama ai suoi soldati nel quale affermava:
“Sono con noi i nostri Principi, sono con noi le simpatie di tutti i Popoli, la mano della Provvidenza, la benedizione di Pio IX, è per noi la vittoria”.
Appena qualche giorno dopo, il 29 aprile, il Papa fece però pubblicare una allocuzione con la quale si intendeva distinguere nettamente la causa della Chiesa da quella della indipendenza italiana. Tale allocuzione, che ridimensionava di molto la partecipazione del Papato all’aspirazione italiana di unità ed indipendenza è quindi di poco precedente (e forse ancora non conosciuta o non compresa a pieno) all’appello rivolto alle donne volterrane, che veniva pertanto a concidere con un periodo di generale e persistente entusiasmo.
In ogni modo, risulta pur sempre evidente (e l’invito alle donne volterrane ne è una riprova) che in quel Collegio di San Michele si stavano covando ed alimentando le idee di Patria e di Libertà che poco tempo dopo dovevano condurre l‘Italia all’unità ed il Papato alla perdita dello Stato Pontificio. A ben riflettere, in definitiva, non si può fare a meno di riconoscere ai Padri Scolopi del Collegio di San Michele di Volterra una larghezza di idee inconsueta per quei tempi, se permise, tra le sue mura, la formazione di un Pontefice e quella di una generazione di giovani destinati a privarlo del potere temporale. Forse è proprio questa una delle ragioni della gran rinomanza goduta in quel tempo dal Collegio, oltre naturalmente a quella conferitagli dall’insegnamento di uomini famosi in patria ed all’estero.
I padri Scolopi hanno abbandonato da tempo il Collegio San Michele; Volterra ha così perduto una istituzione che la rendeva centro di studi e di cultura per la Toscana e per le regioni circostanti.