Difficoltà finanziarie al terzo ingresso delle truppe francesi in città

Il primo ingresso del 1796, delle truppe francesi in Volterra, non accadde nulla di straordinario. Esse si limitarono a chiedere dei cavalli per recarsi a Castiglion della Pescaia, ma quando il 31 marzo del 1799, dopo aver occupato Firenze, giunsero a Volterra, furono accolte dalla papolazione con grande entusiasmo. Infatti al centro della Piazza dei Priori, iI giorno dopo, fu piantato un leccio a simbolizzare la «liberté, fraternite, égalité», cioè la tanto auspicata liberazione da ogni male. Ma le ostilità promosse dai Francesi, che imperversavano in ogni parte d’Italia e d’Europa paralizzarono i traffici e quindi anche a Volterra si presentò la crisi. Molti lavori di bracciantato, causa le imposizione per il mantenimento della truppa, furono sospesi, fu chiusa perfino la fabbrica dell’alabastro in S. Dalmazio, fondata da Marcello Inghirami Fei e dove erano occupati 120 operai.

Il malcontento non tardò a farsi sentire, tanto è vero che il 5 maggio successivo ci fu una sommossa. Un’altra ci fu il 5 luglio all’arrivo delle truppe Aretine chiamate in aiuto dei Volterrani, che al comando del cap. Marcello Inghirami Fei, cacciarono i Francesi da tutto il litorale e da Livorno.

Il 27 ottobre dell’anno seguente i Francesi tornarono di nuovo a Volterra e questa volta senza né leccio ne «liberté».

All’avviso che il comandante francese Delamare inviò alla Comunità di Volterra, dell’arrivo in città di un corpo di truppa francese di 200 teste di fucilieri e di 20 ussari, le autorità comunali (Magistrato, Gonfaloniere e Priori), compreso il Vicario Regio, per 13 giorni consecutivi (pure il 1° e il 2 novembre) si adunarono per discutere come supplire alle spese che si potevano presentare all’arrivo di un tale contingente, essendo la cassa della Comunità esausta di denaro.

Incaricarono il Priore Giuseppe Vigilanti di trovare subito quattro o cinquecento scudi da uno o più datori, a frutto o in prestito. Ordinarono un’imposizione supplettoria di L. 22.000, da pagarsi in due rate, la prima nel termine di giorni 8, la seconda dopo giorni 15 dalla scadenza della prima.

Intanto il comandante la truppa francese, oltre ad aver ricevuti gli alloggi (nel Convento di S. Agostino), foraggi e razioni, minacciò di incendiare la fabbrica delle Saline, di aumentare la guarnigione e a spese loro di far sostare tanto la truppa attuale quanto l’altra truppa che avrebbe fatto venire nelle case dei «particolari», se nel termine di un’ora, a titolo d’evacuazione truppe, non gli fosse consegnata la somma di 1.000 luigi.

I Deputati, presa in considerazione l’evacuazione, la natura della domanda, la circostanza del loro paese e il pericolo di qualche grave sconcerto di violenti ritorsioni o saccheggi, credettero bene, per il pubblico interesse e per la quiete pubblica, d’intelligenza e di concerto col Vicario, d’entrare in trattative con il detto comandante, che nella lunga ed ostinata discussione i Deputati gli fecero osservare lo stato miserabile della loro Comunità e che nel momento era disponibile solo la somma di L. 542.6 e che essi Deputati consegnarono, scortati da un donzello, direttamente nelle mani del comandante.

Il comandante l’accettò a titolo provvisionale e senza lasciar ricevuta. In quanto a dover evacuare o meno disse, detto comandante, di attendere ordini dal suo generale entro la notte.

AI mattino i Deputati furono invitati a recarsi d’urgenza dal comandante francese, dove ricevettero l’intimazione di una contribuzione militare, soprattutto Comunità comprese nel vicariato ed altre ancora fuori del medesimo, ascendente alla somma di 100.000 franchi, da raccogliere nel termine di giorni 5.

Spedirono immediatamente il Cancelliere Curzio Inghirami per trattare con il Gen. Clement a Livorno. I colloqui del Cancelliere Curzio Inghirami col Generale furono infruttuosi e mentre l’Inghirami si trovava ancora a Livorno fu informato, tramite lettera dai Deputati, che avevano ottenuto dal comandante di Volterra di poter ritirare denaro da qualche banca commerciale di Livorno per un importo di L. 10.000. Di questo e di tutto quello che accadeva a Volterra fu informata la Camera della Comunità Fiorentina, e le Comunità contemplate per avvalersi della tassa di macinato ed una equivalente somma sopra le case non addaziate della loro città e sobborghi.

Intanto il comandante francese domandò ai Deputati a qual punto fosse l’incasso dei 100.000 franchi e quali fossero state le maniere usate per l’adempimento dell’obbligo. Le maniere usate furono quelle di aver imposto una tassa sussidiaria di L. 22.000 sopra i possidenti e di aver spedita una persona a Livorno per ottenere una lettera di cambio rilasciabile per altri 2.000 scudi.

Il comandante si lusingò per tale trattamento e dichiarò che la Comunità di Volterra avrebbe potuto essere dichiarata libera da qualunque altra contribuzione in vista delle sue miserie.

Il resto del contributo, a detta del comandante, si doveva però imporre alle Comunità di Colle e delle Pomarance, comprensive nel vicariato di Val di Cecina, che però non avevano, secondo le loro leggi, le necessarie facoltà per chiamarle al contributo. Nonostante questo la Comunità di Volterra avvertì le due Comunità suddette che aveva ricevuto ordine dal comandante di informarle per il pagamento di L. 42.000 su 100.000 richieste alle tre Comunità, come contribuzione militare.

Nell’istante che il comandante francese promise ai Deputati di Volterra di darsi premura per portare la contribuzione domandata ad una diminuzione dei due terzi, chiese una elargizione gratuita di L. 2.600 che fu raccolta tra gli imprestiti di alcuni particolari e addossati a carico della Cassa della Comunità.

Nel frattempo la possibilità di ritirare presso qualche banca commerciale di Livorno l’importo di L. 10.000 fallisce. Si ricorse allora a sovvenzioni gratuite o fruttifere mediante sottoscrizioni di componenti ecclesiastici, possidenti ed artisti, con il proposito di avvertire tramite persona in Firenze i generali francesi Dupont e Maler della situazione.

Il proposto Dr. Carlo Giunti fu incaricato di far ricerca del colonnello Frimer che era stato qui comandante e che prese l’incarico di trattare con i due suddetti generali per la riduzione dei 100.000 franchi stati domandati, richiesta per i due terzi ovvero di L. 33.000 e 1/3 da dividersi con le Comunità di Colle e delle Pomarance, facendo presente che sono già state pagate L. 16.000 fra contanti, spese di truppa, mantenimenti, trasporti ecc. Frimer inoltre doveva far osservare che il solo incasso di L. 22.000 non aveva avuto la piena esecuzione e quindi era impossibile sperare altri denari. Avvertirono anche Mons. Vescovo Ranieri, che era fuori Volterra, di rientrare al più presto in sede per dare quegli aiuti che potrebbero essere utili anche con il consiglio e con l’opera.

Il Vescovo al suo ritorno dichiarò di non essere in possesso di denaro, e che non poteva offrire che l’argenteria di servizio e sua personale.

La sottoscrizione degli ecclesiastici, possidenti ecc., fruttò la somma di lire 25.215. Il comandante Delamaire, con lettera al Magistrato diretta ai Deputati, sollecitò il pagamento di L. 10.000 entro la giornata (6 novembre), con la minaccia di accrescere la truppa. Ma i Deputati non poterono consegnare nelle mani del Comandante che L. 560, il quale lacerò la ricevuta e la rese loro lacerata.

Seguì subito un altro ordine del Comandante alla Comunità di Volterra, di consegnare entro due giorni la somma di 70.000 franchi fra la Comunità di Volterra, Colle e Pomarance. La contribuzione dei 100.000 franchi venne così portata a 70.000 franchi dietro interessamento del Gen. Clement che si intromise presso l’altro Generale Dupont per ottenere la riduzione di 30.000 franchi, nel caso però che il comandante Delamaire rimovesse le truppe, in caso contrario tale somma avrebbe dovuto servire per il mantenimento di esse. Pretesero lire 8.800 coloro che si erano interessati della riduzione.

Lieto della sua missione il Vescovo Ranieri partì per Livorno, dove doveva tentare di ottenere la riduzione della contribuzione francese.

Il giorno 14 i Deputati ricevettero l’ordine dal comando militare francese dl completare il pagamento della loro contribuzione. I Deputatì risposero che la cassa comunitativa aveva già la somma occorrente fino alla grazia (lire 23.333?), pronta da versare, ma le Comunità di Colle e Pomarance furono ostili alla loro parte di contribuzione. Allora il comandante minacciò di mandare nelle loro Comunità le truppe a carico loro con l’obbligo di pagare L. 5 al giorno per ciascuna testa.

I Deputati usarono ogni mezzo per impedire una tale esecuzione e dopo lunga trattativa con il comandante venne accordato di far pagar dette Comunità L. 3.000. Il comandante disse poi che si era dato tutte le premure per ottenere la condonazioni di un terzo a favore di tutte le Comunità e che a questo proposito aveva spediti per espresso due indirizzi al Gen. Clement. Ma senza esito. Volle anche che non fossero spedite le 8.800 lire a Firenze, per non impoverire la loro cassa. Ma un espresso del Commissario Morel ricevitore delle contribuzioni, giunto il giorno 15 a Volterra, intimava i Deputati di recarsi da lui, che con insistente e minaccevole maniera aveva imposto loro di pagare, nel momento e prima di sera l’intera somma di 100.000 franchi e valutati secondo le tariffe di Francia, cioè a due paoli per ogni franco e che questi erano gli ordini del Gen. Dupont.

I Deputati replicarono l’accaduto al comandante di Volterra Torel (che in vesti più umane era succeduto a Delamaire) il quale ammise di esserci stato uno sbaglio. Quindi la contribuzione da pagare fu definitivamente portata da 100.000 a 70.000 franchi, da rimettersi alla cassa della Camera delle Comunità di Firenze.

Le truppe francesi il 28 novembre sgomberarono, ma prima di partire il comandante Torel volle che la Comunità gli rilasciasse un certificato dell’onesta e pacifica condotta, tenuta da esso, dai suoi ufficiali e soldati nel tempo della loro permanenza a Volterra, che ottenne firmato dal Cancelliere.

Nel presentimento che, al momento della partenza delle truppe, un certo numero di insorti si avvicinasse alla città, con intenzioni d’impadronirsi della cassa pubblica per disporla a loro piacimento, di consenso del Vicario Regio e d’intelligenza del cap. Leonori Comandante della Piazza, avevano risolto di trasferirla in Fortezza sotto la custodia del comandante.

A truppe evacuate e a cassa ritornata sotto la salvaguardia del Camarlingo della Comunità, al Governo Provvisorio che si costituito, non restò che dare ordine di fare, nel termine di giorni otto, la descrizione di tutte le famiglie indistintamente, monasteri ed ogni altro stabilimento esistente nel circondario comunitativo, con l’indicazione dei più facoltosi e comodi e con attribuire a ciascuno una tassa.

© Pro Volterra, LIDO PANICHI
“Difficoltà finanziarie al terzo ingresso delle truppe francesi in città”, in “Volterra”