Fascisti e carabinieri

Era un tardo pomeriggio del 1943, nel Bar Italia o meglio della Marianna (dove io stesso lavoravo come aiuto barista) si trasmetteva il giornale radio come di consueto a quell’ora.

In tale circostanza era fatto obbligo nei locali di ascoltarlo in piedi. Seduto al tavolo, posto nell’angolo destro di fronte al banco bar, rimaneva assorto in chissà quali pensieri un marinaio che si trovava a Volterra in cura insieme a tanti altri militari nel nostro Ospedale Psichiatrico. Si diceva di questi che era rimasto profondamente sconvolto nell’affondamento della sua nave, e quindi naufrago era stato mandato nel nostro ospedale per le cure del caso.

> Sommario, La seconda guerra mondiale nel volterrano

Un noto fascista, ben conosciuto a Volterra per le sue gesta, oltre che per la notevole statura fisica, impose al malato di alzarsi e di mettersi sull’attenti in ascolto. Il marinaio però non intendeva assecondare la richiesta fattagli, ed allora il fascista intese alzarlo a forza. Al primo contatto fisico l’ammalato cadde in terra colpito da attacco epilettico, lo spettacolo che si presentò in quel momento fu terribile; in preda al male quell’uomo si dibatteva per terra freneticamente mentre dalla bocca le fuoriusciva una densa bava. Il compito di alcuni presenti, che si prestarono a tenerlo fermo onde evitargli ferite, risultò oltremodo difficile.

Nel frattempo, richiamato dal frastuono che si era generato nel bar, entrò un ufficiale dell’esercito di stanza a Volterra, venuto a conoscenza del fatto intimò al fascista di uscire immediatamente dal locale e di presentarsi alla caserma dei carabinieri. Alle oltraggiose risposte del fascista che intendeva anteporre la sua autorità di gerarca, l’ufficiale ingiunse a due carabinieri sopraggiunti di condurre il prepotente in caserma.

La notizia dell’arresto di tal personaggio fu recepita dai volterrani con commenti di approvazione nei riguardi dell’ufficiale dell’esercito rafforzando nella gente il convincimento che l’esercito italiano non era asservito al regime operante. Purtroppo però non accadeva sempre a quell’epoca; trascorse alcune ore il nostro uomo ricomparve in Via Guidi col solito piglio arrogante. Comandava a quei tempi la caserma dei carabinieri il maresciallo Raciti, il giorno dopo l’Ufficiale era già stato trasferito.

© La Spalletta, RICCIOTTI BATISTINI
“Quegli anni 1943, 1944”, in La Spalletta, 13 ottobre 1984