Con il portale Volterracity e VisitValdicecina, accessibili dal sito web e via app, in stretto legame con i gestori e proprietari di beni storici, enti preposti alla conservazione dei beni pubblici e associazioni culturali, ci stiamo muovendo verso la valorizzazione dei punti di interesse, abbracciando il fenomeno della realtà virtuale. La sfida alla quale siamo chiamati a rispondere è legata allo sconfinamento del reale, in una concezione di spazio i cui confini non si esauriscono all’interno delle pareti fisiche.
Musei, botteghe artigiane, luoghi di culto, aree archeologiche e dimore storiche divengono così organismi sensibili, capaci di comunicare con il fruitore attraverso l’uso di molteplici linguaggi, che si stratificano tra contenitore e contenuto attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie. Una realtà virtuale non solo per sopperire a una mancanza, e quindi dare la possibilità ai luoghi di essere vissuti anche in momenti come quello che stiamo vivendo, ma anche per allargare ancora di più il concetto di integrazione e visibilità.
Abbiamo sempre trovato fastidioso il limite del tempo, un museo da vedersi in fretta, perché chiude presto; un giardino sbarrato, perchè è inverno. Una chiesa non visitabile, perché è un giorno infrasettimanale. Una dimora storica inaccessibile, perché privata. Tutto questo, seppur con motivazioni valide, dispiace. Visitando un centro storico, ci si aspetta che tutto sia aperto e a nostra disposizione, ma non è così; da qui ne è conseguita, dunque, la necessità di migliorare l’accessibilità e la comprensione del patrimonio con il virtuale.
Abbiamo poi riflettuto sulla possibilità che la tecnologia ci offre per portare alla luce una miriade di collezioni di opere nascoste, conservate nei depositi di musei e gallerie. Capolavori che spesso non riescono a rientrare nelle rotazioni espositive e che non lasciano mai il buio dei depositi. Questo pensiero lo abbiamo affiancato a quello degli spazi chiusi che faticano ad aprire per un mancato servizio di gestione degli ingressi, di controllo e di manutenzione. Chissà quanti tesori ci stiamo perdendo, chissà cosa c’è oltre quelle pareti.
Così, sulla scia dell’innato desiderio umano di scoprire l’inedito e il nascosto, nasce il progetto Open Door; un nome dal significato semplice e immediato che racchiude dentro di sé il suo obiettivo centrale: aprire quante più porte al pubblico per un viaggio insolito ed imprevedibile, capace di cambiare la vita delle persone attraverso la conoscenza dei luoghi. A tutti gli effetti un’operazione benefica: una mano tesa in aiuto agli spazi, agli oggetti e ai loro significati che crediamo inesistenti, perché invisibili all’occhio umano.
Possiamo fare tutto questo con l’aiuto di Done! Digital Lab; per creare uno scenario in tre dimensioni, con un livello di dettaglio pari al 99%, ci si affida ad un servizio professionale del territorio capace di scansionare i beni e le proprietà proprio come la realtà li propone al pubblico. Affiancano la fotografia di alta qualità alla misurazione laser, in sinergia grazie all’uso della programmazione che ne fa da collante. Una volta processato, il costrutto viene depositato su un server performante, pronto per essere condiviso nel mondo.
Tra i virtual tour più significativi vogliamo mettere in evidenza quelli effettuati agli ipogei etruschi di Volterra, poichè rappresentano, loro per tutti, il concetto di accessibilità che vogliamo raggiungere. Togliendo l’anima alla narrazione, gli ipogei sono delle semplici cavità e si mostrano come dei vani sotterranei scavati nella roccia. Scoperte e depredate alla fine dell’Ottocento oggi sono completamente vuote, private da ogni riferimento funerario. Tuttavia, sapendo a posteriori, che sono delle antichissime e misteriose tombe etrusche, stimolano in chi le visita emozioni intense.
Al loro interno di fatto non c’è niente, eppure sono ugualmente interessanti; prendono vita, diventano narratori e trascendono la dimensione fisica: come se fossero impalpabili, sono capaci di ascoltare, di recepire le immaginazioni di chi le osserva, con una disarmante sensazione che ci sia qualcosa di più di quello che si vede. Sono suggestioni, ma sono anche delle perfette metafore del virtuale: ciò che non esiste nella realtà comunica con noi attraverso linguaggi non canonici, rilasciando informazioni e percezioni aggiuntive, più di quelle che la nostra ragione da sola potrebbe elaborare.
Il virtuale, quindi, riporta alla luce ciò che sta nell’oscurità, proprio come si è comportata l’archeologia con queste tombe; rende accessibili luoghi disagevoli da raggiungere, faticosi da visitare, ostici da comprendere, offrendo a chi lo asseconda un accessorio fondamentale per arrivare alla conoscenza. Una facilitazione mentale che sopperisce anche alle difficoltà fisiche. Alla necropoli, ad esempio, i cartelli informativi sono approssimativi, il parcheggio è inesistente, le scale di accesso sono precarie e l’illuminazione non sempre è a disposizione; ecco che il virtual tour si rivela funzionale come un trailer, per visitarle dal vivo, andandoci preparati.