Dalla metà del 1800 Le Balze sono state troppo spesso teatro di drammatici episodi di suicidio.

Il primo che vi cercò la fine delle proprie sofferenze fu un ammalato di mente, certo Ottaviano Pagnini detto Bachino, che vi si gettò nella fredda domenica del 31 gennaio 1841. Ma per colmo di sventura, il mantello che indossava gli rallentò la caduta e la morte lo colse soltanto quando i confratelli della Misericordia stavano compiendo l’estremo tentativo di salvarlo trasportandolo all’ospedale.

> Sommario, La voragine delle Balze

Una ventina di anni prima ci aveva provato Giuseppe Tacconi, un giovane volterrano trentacinquenne che andava di frequente soggetto a violente crisi depressive.

Per l’ultimo atto della sua infelice esistenza, egli aveva immaginato un’azione fortemente teatrale come epilogo del suo dramma umano. Salito su un cavallo a cui aveva bendato gli occhi, il Tacconi si diresse a spron battuto verso le Balze. Ma quando arrivò sull’orlo dell’abisso l’animale si fermò di colpo e a nulla valsero i tocchi di frusta e di sperone a farlo avanzare di un solo passo. Al povero Tacconi non rimase che fare ritorno in città. Ma la sua fine era soltanto rimandata. Non molto tempo dopo, in preda ad una nuova crisi, il poveretto si gettò da una finestra di casa e spirò alle 9,30 del 31 gennaio 1819.

Un’altra fine di gennaio e un’altra domenica macchiate di sangue.

Ma il più celebrato fra coloro che hanno legato la loro fine alle Balze è senz’altro Neri Maltragi, un giovane cavaliere della nobile e facoltosa famiglia volterrana vissuto nei primi decenni del Trecento.255

Neri era uno scavezzacollo, dedito al gioco e ai facili amori, e da entrambi non aveva ricevuto che debiti e fugaci piaceri. Ma quando si mise a fare il cascamorto con una giovane donna sposata, il gioco si fece assai pericoloso e da quella che lui considerava una delle tante avventure galanti, ebbe inizio la sua completa rovina.

La tresca durò qualche tempo; poi il marito aprì gli occhi e chiese giustizia, ma per tutta risposta ebbe un preciso colpo di pugnale con il quale il giovane amante gli spaccò il cuore.

Ancora lordo di sangue Neri saltò sul suo cavallo ed uscì a spron battuto dalla Porta San Francesco diretto verso le Grotte di San Giusto.

“Venne a cavallo, sette volte, di carriera, lo buttò verso le Balze sette volte, il cavallo si puntò sull’orlo. All’ottava, lo fece rinculare e la bestia perse terra sotto gli zoccoli e rovinò giù, impennata lungo la parete”.

“Un volterrano balzan da due che col suo puledro di maremma balzan da quattro balzò nelle Balze”.256

Chi scese al fondo non ci trovò più nulla, soltanto le impronte degli zoccoli. La “bocca del Diavolo” li aveva inghiottiti.

© Pacini Editore S.P.A., FRANCO PORRETTI
Le Orme di Neri Maltragi, in Volterra Magica e Misteriosa, p.224, 225
255 La famiglia Maltragi non è mai esistita. Si tratta pertanto di un errore di lettura del cognome che deve individuarsi invece nei Malcriazzi, una consorteria molto vicina ai Belforti.
256 G. D’ANNUNZIO, Forse che sì forse che no, pag. 746.