Le misteriose foreste fatate di Bauer

A volte non è proprio una fortuna inventare uno stile che incontra un consenso tale da diventare il connotato di un intero ambito della letteratura, il paradigma di un immaginario. Infatti, oggi è difficilissimo riuscire a guardare le illustrazioni di John Bauer con equanimità, ripulendosi gli occhi dalle nefaste influenze dell’iconografia fantasy più trita e banale, che ha invaso il campo della letteratura per ragazzi tradizionale nordica.

Prima di Bauer, nani, troll e folletti non esistevano neppure. O meglio, esistevano, erano sempre esistiti, ma non avevano connotati visivi precisi, specifici. Erano creature vaghe e misteriose, gentili e dispettose, invisibili e imprevedibili. In un certo senso, Bauer ha preso il popolo dei boschi dalla mitologia e dalla letteratura tradizionale nordica e lo ha fatto nascere.

Oggi parleremo di questo artista vissuto a cavallo dell’Ottocento e del Novecento che nella sua brevissima vita ha avuto occasione di visitare Volterra e lasciare a noi alcuni preziosi documenti.

Joseph Bauer e la sua famiglia vivevano in un appartamento sopra la loro salumeria nella vivace East Square di Jönköping. L’impresa di famiglia si trovava all’estremità meridionale del Vättern, il secondo lago più grande della Svezia, e qui gli affari non andavano affatto male. La salumeria era così redditizia tanto che poterono permettersi di acquistare anche una residenza estiva.

Villa Sjövik fu costruita nel 1881 sulla sponda occidentale del Rocksjö, un altro lago vicino a Jönköping. Era un luogo rurale, circondato da una natura quasi incontaminata, ricca di foreste e di montagne. Dalla villa, splendida residenza con un grande giardino, accedevano anche al molo sul lago. Era il luogo ideale per fare il bagno e qui, tra le gioie che poteva regalare un posto idilliaco di cotanta bellezza, vide luce John Bauer, il terzo di quattro figli.

John Bauer amava la natura. Amava esplorare i boschi e i campi vicini e soprattutto amava disegnarli. Quando gli capitava di passeggiare nelle foreste dello Småland, lo faceva sempre con il suo quaderno di schizzi alla portata di mano. Fu probabilmente durante questi anni dell’adolescenza che iniziò a illustrare creature immaginarie che credeva abitassero nei boschi. Creava mondi fantastici e si lasciava trasportare dalle numerose storie che lui e i suoi fratelli sentivano raccontare dalla nonna materna.

Smarrito tra i miti e le leggende fu uno studente mediocre per tutto il periodo della scuola dell’obbligo. Non aveva alcun interesse per i suoi studi e capitava frequentemente che durante le lezioni si perdesse nei suoi sogni ad occhi aperti a scarabocchiare sui libri e a fare le caricature dei suoi insegnanti. Tuttavia, una cosa era certa: la sua capacità di disegnare e il suo interesse per l’arte era innegabile.

Fu così che all’età di sedici anni John venne trasferito a Stoccolma per studiare arte. Sebbene i suoi genitori mostrassero scarso interesse per le sue ambizioni artistiche, lo supportarono finanziariamente, consentendogli di perseguire i suoi piani futuri. Avrebbe voluto iscriversi alla Royal Swedish Academy of Fine Arts, ma data la sua giovane età dovette prima ripiegare sulla scuola Kaleb Ahltins per pittori.

Quando John fu accettato all’Accademia svedese di belle arti si incentrò sul croquis, sviluppando tecniche di disegno rapido e abbozzato di modelli dal vivo. Queste lezioni gli tornarono molto utili poiché integrava i soldi che riceveva dai suoi genitori lavorando come illustratore per varie riviste. Una delle maggiori influenze su di lui fu il collega illustratore Albert Engström, uno dei giornalisti più influenti della Svezia, ammirato anche in Europa. John Bauer vendette le sue prime illustrazioni al Söndags-Nisse, la quale gli propose sin da subito un contratto a lungo termine che lui rifiutò.

L’estremo nord della Svezia, della Norvegia e della Finlandia era patria del popolo dei Sami, ma con la scoperta di enormi quantità di minerale di ferro in quella regione, la maggior parte delle loro terre furono rilevate da grandi compagnie minerarie. Nel 1904 Carl Adam Victor Lundholm volle pubblicare un libro “Lapponia, det stora svenska framtidslandet”, dove parlava della bellezza di quelle zone incontaminate e della sua popolazione nativa. Per dare un tocco di classe al libro, Lundholm desiderò che fosse illustrato. Furono così commissionati artisti affermati e Bauer provò a fare domanda. Tuttavia era giovane e ancora inesperto, alchè prima di accettarlo tra le sue fila gli fu chiesto di dimostrare le sue abilità a Skansen, disegnando dal vivo il popolo dei Sami. Sono undici gli acquerelli di Bauer che onorano il libro, una vittoria che gli permise di acquisire la sua prima e vera notorietà.

Anche Ester frequentava l’Accademia svedese di belle arti. Ester nacque ad Ausås, nella Svezia meridionale, nel 1880. Era la più giovane di sette figli e, un paio di anni dopo la sua nascita, la famiglia Ellqvist si trasferì a Stoccolma portandola a frequentare quella medesima scuola. John ed Ester, seppur nello stesso anno accademico, non studiarono mai insieme, poiché erano tempi in cui maschi e femmine non potevano frequentare le stesse lezioni. Ad aggravare le disparità di sesso, gli uomini erano anche i più favoriti; le lezioni venivano impartite in maniera totalmente diversa e ciò fu problematico per le donne come Ester perchè, sebbene avessero il talento artistico e l’ambizione di riuscire, non avevano le stesse opportunità degli studenti maschi.

Tuttavia, seppur separati dalle istituzioni la maggior parte delle volte, trovarono modo di corteggiarsi. Per John, Ester dai capelli biondi fu la personificazione di una bella principessa delle fiabe e non a caso diventerà la sua grande ispirazione per i libri futuri. John ed Ester si fidanzarono nel 1903 e l’anno successivo si sposarono, con il grande sgomento della famiglia Bauer che riteneva il figlio ancora troppo giovane per un matrimonio.

La svolta nella carriera artistica di John Bauer avvenne quando gli editori, Åhlén e Åkerlund, gli chiesero di fornire illustrazioni per il loro nuovo lancio di Bland tomtar og troll, un’annuale popolare svedese piena di storie folcloristiche e fiabe scritte da vari autori. La prima edizione fu pubblicata nel 1907. Fatta eccezione per il numero del 1911, le illustrazioni di Bauer apparvero nelle prime nove pubblicazioni. La ragione per cui l’edizione del 1911 dell’annuale non conteneva le sue illustrazioni era dovuta a un litigio che Bauer ebbe con l’editore. La casa editrice non era intenzionata a concedergli il giusto copyright delle opere, per cui l’illustratore pensò bene di non cedere alcun materiale. Il risultato fu un disastro per l’editore, le vendite crollarono talmente tanto che l’anno successivo dovettero sottostare alle condizioni di Bauer per riprendere la produzione. Libri alla mano possiamo notare che molte delle illustrazioni in cui vengono raffigurate delle principesse dai capelli biondi non sono altro che una maturazione di ispirazione avuta dai mille volti angelici di Ester, sua musa ideale.

Possiamo immaginare quanto Bauer fosse entusiasta di produrre queste illustrazioni. Da bambino camminava attraverso i boschi vicino a Villa Sjövik e sognava ad occhi aperti i troll e la principessa delle fate che immaginava vivessero nei boschi e ora poteva convertire i suoi sogni in una realtà su tela. A causa delle restrizioni tecnologiche delle stampanti del tempo, le edizioni dal 1907 al 1910 furono prodotte in soli due colori: nero e giallo, anche se i dipinti ad acquerello che aveva dato all’editore erano a colori. Le cose cambiarono con le nuove tecniche di stampa del 1912; le immagini venivano stampate in tre colori: nero, giallo e blu, molto più vicini ai dipinti originali di Bauer.

IL VIAGGIO VERSO VOLTERRA

Nella biografia di John Bauer del 1991 di Gunnar Lindqvist si afferma che nella primavera del 1908, il padre di John finanziò il viaggio di suo figlio e sua nuora nella Germania meridionale e in Italia. Il viaggio di John ed Ester durò per quasi due anni durante i quali studiarono arte, visitando musei e chiese, nonché schizzi e dipinti. La coppia ha visitato Verona, Firenze e Siena. Durante la loro permanenza in Toscana trascorsero anche due mesi a Volterra.

Non sappiamo con precisione se siano stati qui durante la stagione estiva di luglio/agosto o agosto/settembre, ma sicuramente Volterra deve aver suscitato in loro grandi emozioni; abbiamo molte informazioni sul soggiorno e sulla loro produttività creativa. La coppia viveva a Villa Marmini; numerose foto e lettere destinate ai genitori ne confermano la posizione anche se erroneamente e inspiegabilmente chiamavano la residenza Villa Marmina.

Nelle foto possiamo vedere la bionda Ester Bauer insieme ad un’altra signora che si presume essere la padrona di Villa Marmini.

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Rimanendo qui a lungo John abbozza con la sua matita un paesaggio di Volterra evidenziando le numerose colline presenti nel circondario. Ci sono pochissimi autoritratti di John Bauer e più famosi sono probabilmente gli autoritratti fatti a Volterra. Il primo lo si individua proprio in questo schizzo di viaggio intrapreso che tra le altre cose ci fornisce anche una visione umoristica che John aveva di se stesso. Infatti si disegna con la pipa in bocca, consapevole di essere un immancabile elemento che lo identificava più di tutti. Un’altra caratteristica divertente si vede osservando il cavallo del quale, con uno stile quasi fumettistico, cerca di evidenziare i suoi andamenti irruenti e selvaggi.

Il secondo autoritratto, forse il più intimo, è stato posato su tela. Ha un cappello di paglia a tesa larga, la pipa irrinunciabile in bocca e il suo sguardo curioso, un po’ ansioso, diretto verso lo spettatore.

UNA NUOVA CASA PER LA FAMIGLIA BAUER

Di ritorno in Svezia la coppia prese residenza a Villa Björkudden sulle rive del lago Bunn, a poche miglia a sud est di Gränna, e l’anno seguente diedero la luce al loro primo figlio Bengt. Nello stereotipo si dice che il primogenito abbia il potere di salvare e di rafforzare una relazione, tuttavia, con la sua venuta, il matrimonio di John ed Ester incominciò a inciampicare. Bisogna ricordare che i due avevano un’educazione enormemente diversa; Ester aveva vissuto nella città di Stoccolma ed era abituata a tutto ciò che le città potevano offrire. Era una persona vivace, aveva molti amici e per lei la vitalità cittadina era eccitante per via dei numerosi eventi sociali che poteva offrire. John Bauer, d’altra parte, era una persona solitaria cresciuta in una piccola città e aveva trascorso gran parte della sua vita da solo o con i suoi fratelli che vagavano per le vicine foreste del Vätterbygden meridionale. Con il figlio da accudire, la situazione peggiorò; Ester voleva fare la ritrattista, voleva animarsi, voleva muoversi, ma si era ritrovata a fare la casalinga, la moglie dell’artista, la madre di Bengt, la solitaria in una casa di campagna sulla riva del lago Brunn.

Il compromesso di tornare a Stoccolma durante l’inverno, ma non fu mai abbastanza per Ester, così John che preso allo stremo provvide ad acquistare una casa permanente a Stoccolma. Se poi la decisione di acquistare una nuova casa fosse davvero il tentativo di John di salvare il loro matrimonio, non lo sapremo mai, perché purtroppo la loro storia si conclude con una morte prematura di tutta la famiglia.

LA TRAGICA SCOMPARSA

Il 1 ° ottobre 1918 si verificò il peggior disastro ferroviario della storia svedese causato da una frana a Getå. Il treno saltò sull’argine, atterrando sulla strada sottostante. Morirono quarantadue persone e la tragedia ben pubblicizzata sulla stampa nazionale generò una paura generale e una diffida verso i mezzi ferroviari.

Sette settimane dopo, il 19 novembre 1918, John, Ester e il giovanissimo Bengt decisero di andare a Stoccolma nella loro nuova casa, ma a causa di tutti i resoconti dei media sul disastro del treno Getå, John prese la decisione di prendere il traghetto Per Brahe da Granna a Stoccolma. Il piccolo piroscafo trasportava otto passeggeri e sedici membri dell’equipaggio. Era pieno di stufe di ferro, attrezzature agricole, macchine da cucire e barili colmi di prodotti. Tutto il carico non si adattava alla stiva del piroscafo e quindi una parte significativa era stata immagazzinata, non protetta, sul ponte. Nonostante il tempo fosse brutto, pur di rispettare i tempi di consegna, il traghetto salpò ugualmente; tuttavia, a largo del lago di Vättern, le violente onde fecero spostare il carico sul ponte, e parte di esso andò fuori bordo, destabilizzando la nave. La nave si ribaltò, affondando a poppa, a soli cinquecento metri dal suo prossimo porto di scalo, Hastholmen.

Tutte le ventiquattro persone a bordo, compresi i Bauer, annegarono.

Quando morirono quella notte John Bauer aveva trentasei anni, Ester trentotto e il figlio Bengt appena tre anni.

I Bauer sono sepolti nel cimitero di Östra a Jönköping. Chissà cosa ne sarebbe stata della famiglia Bauer se non fossero morti in quella fatidica notte. Il loro matrimonio sarebbe sopravvissuto? John Bauer avrebbe cambiato il suo stile artistico? Ester avrebbe ricominciato a dipingere? Purtroppo per loro e per noi non lo sapremo mai, ma per chi volesse approfondire consigliamo il film sulla vita di John ed Ester Bauer realizzato nel 2017, “John Bauer and the Mountain King”.

© Marco Loretelli, MARCO LORETELLI
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