Lina Millù era una maestrina giovane, che aveva vinto il concorso e faceva scuola a Montebradoni. Ci viveva da sola, alché oltre all’aula scolastica c’era anche l’alloggio. Vi insegnò durante l’anno scolastico 1937 – 1938. Era una figuretta mora mora, con grandi occhioni, mori anche quelIi, e con un aria un po’ spaurita, quasi già presentisse la tremenda bufera che si stava addensando, che a noi ariani ci avrebbe travolti, ma a loro addirittura Ii avrebbero fatti sparire.

Nell’ambiente scolastico veniva semplicemente ignorata, un po’ perché laggiù fuori mano, un po’ per una certa sua timidezza (mi pare fosse anche orfana dei genitori), ma soprattutto per quella faccenda della razza. In compenso ne dicevano male come potevano, non fosse altro perché se ne stava laggiù, e sola.

Antonietta ed Lorenzo Lorenzini, allora fidanzati, erano i pochi che andavano a trovarla, ogni tanto. Era sempre in casa, studiava non so per che cosa, ma accoglieva le visite con un certo sollievo, quasi con riconoscenza. I contatti erano pochi: poi sparì, così com’era venuta. Bastarono poche righe su carta intestata del Provveditore agli Studi a rendere chiaro tutto.

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Liana Millu la cui residenza volterrana si limitò al solo anno sopracitato, ebbi modo di incontrarla spesso, unitamente ai miei familiari, nella sua sede prediletta; ebbi più volte il piacere di averla ospite gradita e tanto cara nella modesta abitazione di San Lazzero, dove in quel tempo risiedevo.

La maestrina di Montebradoni lasciò la nostra città verso gli ultimi del mese di luglio 1938. Rimanemmo buoni amici ed ho sempre ricordato con simpatia con ammirazione questa creatura indifesa e sola nel clima di un ambiente ingiustamente ostile.

La Millu venne assegnata al circolo didattico di Volterra dopo aver brillantemente superato un concorso per il passaggio a ruolo. Nacque a Pisa, compì tutti i suoi studi a Pisa ed in questa città si presentò anche per gli esami di concorso. Notevole fu in questa sessione il numero dei concorrenti. L’episodio che caratterizzò la sua partecipazione a detto concorso e che sbalordì la stessa commissione esaminatrice vale la pena di riferirlo: all’esame scritto compilò dieci pagine a protocollo senza fare la minuta, impiegò il tempo strettamente necessario per scriverle senza alcuna interruzione e le consegnò senza avervi apportato nessuna correzione. Non so quale posto le sia stato assegnato nella graduatoria anche perché l’episodio mi è stato riferito da altri e non da lei, che unisce alla sua preparazione ed alle sue capacità professionali una straordinaria modestia, ma una cosa è certa: nel compito scritto ebbe il massimo della votazione e risultò una delle primissime nella graduatoria.

Il ricordo che lasciò la valorosa insegnante in coloro i quali ebbero il piacere di avvicinarla non può non essere simpaticamente vivo malgrado la lunga serie degli anni accavallatisi con una rapidità impressionante e le drammatiche vicende trascorse; di Liana Millu colpivano la vasta cultura, la intelligenza non comune, il coraggio con cui affrontava i suoi problemi che non erano lievi né semplici.

Era ammirevole per l’impegno e la passione con le quali disimpegnava la sua missione.

Ultimato regolarmente l’anno scolastico partì per le vacanze con la convinzione, come era logico, di ritornare a Volterra; partì portando con se il sentimento della simpatia per questa nostra città che aveva ammirato in tutto lo splendore della sua millenaria grandezza.

Purtroppo le vacanze della maestrina di Montebradoni furono turbate dall’annuncio delle disumane e scellerate leggi razziali delle quali fu la vittima avendo il torto od il pregio, a seconda dei punti di vista, di non essere di razza ariana; la conseguenza di queste leggi non si fece attendere e se ne rese conto da un telegramma inviato dal Ministero dell’Istruzione Pubblica all’lspettore scolastico del tempo. Il testo di questo telegramma era irresponsabilmente scorretto ed estremamente sbrigativo. Per chi avesse la curiosità di conoscerlo lo riporto: «Informare la maestra Millu che, a seguito vigenti disposizioni è sospesa con decorrenza immediata dal servizio e dallo stipendio».

Tengo a precisare che disumane e scellerate quelle leggi, dallo scrivente, furono definite anche allora e non aspettai per esprimere il mio pensiero la caduta del fascismo e la protezione dell’antifascismo.

Liana MilIu non ebbe mai la vita facile; rimase orfana prestissimo. Lasciata Volterra, dopo una breve sosta a Firenze, si trasferì a Siena e dopo due anni a Genova ove risiedeva la nonna materna, l’unica parente rimastale dopo la perdita della madre e del padre. Continuò ad insegnare privatamente, fece la governante, si trovò al centro di una situazione tremenda, presaga del destino che l’attendeva. Partecipò al movimento della resistenza.

Nell’aprile 1944 fu tra i primi gruppi di deportati destinati ai vari i lager istituiti dai tedeschi nell’Europa sconvolta da loro occupata. La MiIIu partì nello stato d’animo caratteristico di chi sa di intraprendere un viaggio senza ritorno e maggiormente se ne rese conto quando seppe che era stata assegnata ad uno dei più spietati campi di concentramento, un vero e proprio campo di sterminio: Auchwitz, denominazione tedesca data alla località più tristemente nota con il nome di Birkenau, situata nella Polonia sud occidentale. In quel campo furono trucidati tre milioni di innocenti in massima parte ebrei. Pochissimi furono i superstiti da quell’inferno; tra questi il caso volle che fosse Liana Millu e fu con immensa gioia che appresi il felice ritorno di questa creatura che era stata tra le più duramente provate nel vortice di un mondo impazzito.

In un mattino dell’incipiente autunno volterrano dell’anno 1946 «La Gazzetta», quotidiano che si pubblicava a Livorno dette la certezza che Liana Millu era ritornata sana e salva in Patria. Fu un articolo da lei stessa firmato a darmi questa certezza. La direzione del giornale, alla quale mi ero rivolto, mi inviò gentilmente il di lei indirizzo che era quello di Genova dove risiedette in ottime condizioni fisiche e morali. Le scrissi e lei mi rispose con una commovente lettera esprimendo sentimenti di bontà, di affettuosa amicizia e di augurio cementati dalle inaudite, giornaliere sofferenze, dalle bestiali umiliazioni subite nei sedici mesi trascorsi tra «il fumo di Birkenau». E’ questo il titolo di un interessante libro che Liana MilIu pubblicò nel 1947, edito dalla Casa editrice «la Prora» di Milano, libro che fotografa perfettamente una infelicissima esperienza vissuta; fu recensito da tutti i giornali.

© Pro Volterra, EZIO AGOSTINI
“La maestrina di Montebradoni”, in “Volterra”