L’origine colluviale del terreno che ricopre l’anfiteatro

L’anfiteatro di Volterra sepolto come Pompei, non da una pioggia di prodotti piroclastici (ceneri, lapilli, nubi ardenti, etc.) provenienti da un vulcano che da queste parti non è mai esistito, bensì da una coltre di detriti (sabbione e blocchi di panchino) di origine colluviale, ossia trasportati con violenza da acqua di ruscellamento. L’anfiteatro, ubicato com’è alla base del ripido pendìo a valle del quartiere residenziale delle Cetine, si trova nella classica posizione favorevole per l’accumulo del colluvio.

> Sommario, L’anfiteatro che non c’era

Esistevano indizi di carattere geomorfologico che facessero presagire la presenza nel sottosuolo di un’opera così imponente? Per fare questa verifica ho riesaminato le foto aeree in coppia stereoscopica di due voli aerei ripresi negli anni ’70 e ’80 dell’intero colle volterrano con lo stereoscopio, un apparecchio ottico che consente la visione tridimensionale di un’area ed ho potuto osservare alcune cose molto interessanti.

Le mie osservazioni riguardano alcuni indizi lasciati da questo gigante dell’archeologia volterrana che non erano nascosti nel sottosuolo, ma alla luce del sole e presenti da sempre nella valle in cui è stato ritrovato e che osservazioni più attente di carattere geomorfologico e geologico-applicativo avrebbero potuto anticiparne la riscoperta che è stata invece del tutto fortuita.

Il lettore potrà obiettare che “del senno di poi son piene le fosse”,tuttavia desidero illustrare alcune idee maturate già nel 2015 all’epoca dell’eccezionale ritrovamento di questa imponente opera del passato completamente dimenticata, idee di cui avevo fatto partecipi alcuni amici volterrani e la stessa dr.ssa Elena Sorge che potranno testimoniare di quanto vado a illustrare.

Dal punto di vista idrografico l’anfiteatro si trova alla testata di un impluvio tributario di sinistra del Botro di Docciòla che – unendosi al Botro di Pinzano nei pressi del Podere La Paiola, alle pendici del crinale dei Marmini – confluisce nel fiume Era a Prato d’Era.

Un impluvio – lo dice il nome stesso – è un luogo di raccolta di acqua, nel nostro caso di acqua di ruscellamento che proviene dai versanti che circondano la testata della valle e scorre in una incisione (talweg per gli specialisti) più o meno centrale rispetto ai fianchi della valle stessa. Il nostro impluvio è stranamente piatto ed è privo di talweg che raccoglie l’acqua proveniente dalle pendici circostanti. L’acqua di ruscellamento recapita in un fosso il cui tracciato si snoda a mezza costa del versante destro della piccola valle dell’anfiteatro. Quando mai un fosso naturale scorre a mezza costa di una valle?

Il fosso in questione – che per comodità chiamerò Fosso dell’anfiteatro – non è naturale ma artificiale ed ha la funzione di preservare da allagamenti l’impluvio piatto sottostante, coltivato ad uso agricolo prevalentemente seminativo prima del recente inizio dei lavori di scavo dell’anfiteatro.

Il fosso non può essere stato costruito ad hoc per consentire la coltivazione dei terreni, troppo basso il valore di quell’area per giustificare la realizzazione di un fosso di guardia a mezzacosta del versante. In passato il fosso doveva avere la funzione di tenere all’asciutto qualcosa di importante, doveva mantenere in sicurezza l’anfiteatro da ricorrenti invasioni di acqua proveniente dai versanti adiacenti e la sua efficienza era sicuramente garantita da una manutenzione accurata e regolare.

E’ pensabile che dell’antico fosso di epoca romana sia rimasto oggi poco più che il tracciato e che probabilmente durante il periodo di attività dell’anfiteatro fosse di dimensioni maggiori delle attuali, tuttavia la sua posizione anomala doveva indurre qualche sospetto. A valle di Porta Diana il fosso dell’anfiteatro si addentra nella macchia soprastante casa Pinzanino prima di confluire nel Botro di Docciòla, di cui è affluente di sinistra. In questo tratto ripetute esondazioni del fosso hanno provocato vari dissesti del terreno e il sentiero presente fino a qualche anno fa, che consentiva di giungere al casolare da Porta Diana, è quasi completamente rovinato.

L’ORIGINE COLLUVIALE DEL TERRENO CHE RICOPRE L’ANFITEATRO

Ricordo che uno dei primi interrogativi che gli archeologi si ponevano fin dai primi saggi del 2015 era se la terra che riempie la cavità dell’anfiteatro fosse di origine antropica o colluviale, in altre parole il dilemma era se l’anfiteatro fosse stato ricoperto da terreno riportato dall’uomo (il luogo avrebbe potuto essere stato utilizzato dopo l’abbandono come discarica di terra di scavo e macerie) o se invece nella cavità vi si fossero accumulati nel tempo sedimenti naturali trasportati dall’acqua di ruscellamento proveniente dai versanti che circondano l’anfiteatro.

Il quesito chiama in causa la sedimentologia, materia condivisa da geologi e archeologi e anche il sottoscritto contribuì ad individuare l’origine colluviale del sedimento durante un sopralluogo agli scavi nel novembre 2015.

E’ stata ora definitivamente confermata l’origine colluviale dei sedimenti che in relativamente breve tempo ricoprirono la cavità dell’anfiteatro dopo il suo abbandono.

Il crollo di alcune strutture in elevazione dell’anfiteatro dopo l’abbandono può essere dovuto ad un forte terremoto? E’ un tema attuale ed aperto quello che invoca un forte terremoto avvenuto in epoca romana tardo imperiale quale causa del crollo di alcune strutture dell’anfiteatro rinvenute durante i recenti scavi.

L’anfiteatro è incastrato nella solida compagine sabbioso-arenacea su cui sono fondate ed incise alcune scalinate che ne consentivano l’accesso dal quartiere residenziale di epoca romana oggi denominato “Le Cetine”.

La storia sismica d’Italia in epoca antica riportata-nell’opera di Mario Baratta “I terremoti d’Italia” – Torino, 1901 – Ed. Fratelli Bocca, non menziona forti terremoti avvenutiin questo settore della Toscana collinare. Geologi dell’I.N.G.V. e Geofisici del Servizio sismico della Regione Toscana da me interpellati hanno confermato quanto sopra.

Preciso che per forti terremoti s’intendono episodi sismici d’intensità maggiore di 5°-5,5° gradi della scala Richter. E’ improbabile dunque che un forte terremoto possa aver fatto crollare le strutture in elevazione dell’anfiteatro. Più semplicemente alcune strutture collassarono perché vetuste, perciò indebolite dal tempo, semmai con il contributo di scosse sismiche indotte da terremoti di medio-bassa intensità tipiche del colle volterrano.

© Giancarlo Lari, GIANCARLO LARI
L’anfiteatro sepolto e dimenticato di Volterra aveva lasciato qualche traccia nella valle?, in “La Spalletta”, 17 Ottobre 2020, pp. 20, 21
Ringraziamenti
Desidero esprimere la mia gratitudine agli amici Andrea Cardellini e Alessandro Pineschi, compagni durante le escursioni nei dintorni dell’anfiteatro, per le informazioni fornitemi a più riprese sui luoghi e per lo scambio continuo di notizie e idee. Rammento anche l’amico dr. Umberto Bavoni per il lucido ed erudito inquadramento storico dei luoghi.
Un grazie particolare va alla dr.ssa Elena Sorge per la cortese ospitalità e per le aggiornate e tempestive notizie fornite sugli scavi dell’anfiteatro con i mezzi dei moderni social.