Le dimensioni dell’ovale dell’anfiteatro di Volterra, orientato a Nord/Sud, sono ora stimate a circa 65 metri per l’asse minore e 82 per l’asse maggiore, per una capacità di circa 8.000-10.000 spettatori. Queste valutazioni, confermate soprattutto dalla campagna del 2019, consolidano le ipotesi avanzate fin dalle prime settimane di scavo.
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Dai reperti rinvenuti, emergono informazioni cruciali che permettono di delineare con certezza la struttura dell’anfiteatro. Questo artefatto dell’epoca giulio-claudia, del I secolo d.C, si presenta articolato in tre maeniana, con una cavea divisa in ima e media e un portico nella summa cavea. La cavea, costituita da tre ordini sovrapposti, si distingue per un’imponenza considerevole, evidenziata da praecinctiones, identificate come muri concentrici di sostegno. Nonostante le gradinate siano state ritrovate spogliate e riutilizzate in contesti urbani differenti, il grado generale di conservazione è stato valutato come discreto.
La particolarità dell’anfiteatro si manifesta nella sua posizione urbanistica e nella scelta della tecnica costruttiva. In controtendenza rispetto alla pratica comune di erigere anfiteatri senza sfruttare l’orografia, l’anfiteatro di Volterra si appoggia parzialmente sulla collina e si integra con le rocce circostanti. Questo approccio, in parte simile a quanto osservato a Cagliari, conferisce all’anfiteatro di Volterra caratteristiche miste. La costruzione rivela una flessibilità di soluzioni, dallo sfruttamento del banco roccioso naturale o di vani compartimentati colmati da terra di riporto per il sostegno della cavea, alle sostruzioni voltate del settore nord/nord-est.
È chiara l’influenza della tecnica costruttiva del vicino teatro di Volterra, conosciuta come “a filaretto”, ovvero di filari di pietre che contengono un riempimento di terra, sassi, malta e altro materiale. Questa scelta costruttiva non solo rivelò una certa continuità stilistica con il teatro, ma anche una strategia pratica di costruzione.
La posizione estremamente ventosa dell’anfiteatro, incastonato tra colline e affacciato sul Botro di Pinzano e di Docciola, richiama le decisioni logistiche adottate per il teatro romano, esposto alle intemperie del Nord. In un’epoca romana forse protoimperiale, la scelta topografica e logistica di costruire monumenti in posizioni critiche potrebbe essere stata guidata dall’abbondanza di risorse economiche e competenze tecniche. Certamente deve aver permesso la realizzazione di monumenti grandiosi, nonostante le sfide ambientali che potrebbero aver limitato l’esperienza degli spettacoli.
La durata esatta dell’uso dell’anfiteatro per spettacoli e giochi gladiatori rimane sconosciuta.
Nonostante le limitate tracce, sono emerse chiare evidenze di attività umane nella zona circostante all’anfiteatro di Volterra, tra cui resti di focolari, pasti e monete datanti. Questi reperti archeologici furono un indizio inequivocabile di un riutilizzo dell’area persino durante il periodo di abbandono dell’anfiteatro. Nel tardo IV secolo, quando gli ultimi gradini della struttura erano ancora visibili, l’area fu oggetto di coltivazione, presentando segni di insediamento e di arature che contribuirono a sollevare il livello dell’arena.
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A causa di successive frane, l’anfiteatro venne poi totalmente sotterrato, trasformandosi in un tranquillo campo di olivi.