«Ascolta l’urlo e il fischio dei venti, il loro rombo sordo quando giungono mugghiando, / Perché la potenza ha molte voci, e quando si scatena / La tempesta, in volo chiama con gioia spaventosa E riecheggia quando colpisce il fianco della montagna, / E si abbatte sulla foresta. Ascolta l’urlo! Sicuramente un dio ha messo in libertà i suoi leoni / E ride al sentirli infuriare da lontano».
Il racconto che segue non è parte del Vangelo delle Streghe, ma l’ho incluso nella collezione perché conferma che il culto di Diana ha perdurato per molto tempo contemporaneamente al cristianesimo. Il titolo completo nel manoscritto originale, compilato da Maddalena, che aveva ascoltato la leggenda da un uomo di Volterra, è “La Pellegrina della Casa del Vento”. Aggiungo inoltre che, come afferma il racconto, la casa in questione esiste ancora.
C’è una casa di contadini all’inizio della collina, o salita, che conduce a Volterra ed è conosciuta come la Casa del Vento. In prossimità di essa, un tempo sorgeva una bellissima dimora, dimora di una coppia di sposi che aveva una sola figlia, amata profondamente. Veramente, se la bambina avesse avuto anche solo un mal di testa, entrambi i genitori erano sopraffatti dalla più grande delle paure.
Poco a poco la ragazza cresceva e l’unico pensiero della madre, che era una donna molto devota, era che diventasse suora. Ma alla ragazza questa idea non piaceva; diceva che sperava di sposarsi come tutte le altre. Un giorno, guardando dalla finestra, udi gli uccelli cantare gioiosi sulle viti e sugli alberi e, vedendo li, disse alla madre che anche lei sperava un giorno di avere una famiglia di uccellini tutti suoi che cantassero intorno a lei in un’allegra nidiata.
La madre era così arrabbiata delle parole della figlia che le diede uno schiaffo. La ragazza pianse, ma rispose con coraggio che, se fosse stata ancora percossa o trattata male, avrebbe presto trovato il modo di scappare e di sposarsi, perché non aveva nessuna intenzione di essere fatta suora contro la propria volontà.
Nell’udire ciò, la madre si spaventò moltissimo, poiché conosceva il carattere della figlia e temeva che avesse già un amante e che potesse causare uno scandalo per le percosse ricevute. Valutando la situazione da un altro punto di vista, si ricordò di un’anziana signora di buona famiglia, anche se impoverita, conosciuta per la sua intelligenza, il suo sapere e il suo potere di persuasione. Questa signora sembrava essere la più adatta per indurre sua figlia a diventare una ragazza pia, a riempirle la testa di devozioni e a farla intraprendere la strada della vita monastica. Così mandò a chiamare questa signora intelligente, che fu immediatamente nominata governante e accompagnatrice costante della ragazza. Invece di litigare con la sua tutrice, la giovane sviluppò un affetto profondo nei suoi confronti.
Nel mondo, tuttavia, le cose non vanno sempre come vorremmo e non si può mai sapere quale pesce o granchio si nasconda sotto i sassi di un fiume. Infatti, come si vide in seguito, la governante non era affatto cattolica e non tormentava la ragazza con le minacce di una vita monastica, che oltretutto non approvava.
Accadde un giorno che la giovane donna, solita a rimanere sveglia nelle notti di luna per ascoltare gli usignoli cantare, credette di udire la governante alzarsi e uscire sul grande terrazzo. La notte successiva, si ripeté la stessa cosa e così, incuriosita, alzatasi silenziosamente senza farsi vedere, la ragazza scoprì l’anziana signora che pregava o quantomeno stava in ginocchio nel chiaro di luna. Questo comportamento le sembrò molto strano, tanto più che la signora inginocchiata mormorava parole incomprensibili per la ragazza, sicuramente estranee alle pratiche religiose.
Avendo osservato più volte questo strano fatto, la ragazza infine, scusandosi timidamente, raccontò alla governante quello che aveva visto. Allora quest’ultima, dopo aver riflettuto un po’ e, vincolandola prima a mantenere il segreto perché, dichiarò, si trattava di una questione di vita o di morte, le parlò nel modo seguente:
«Anch’io da giovane, come te, sono stata istruita dai preti ad adorare un dio invisibile. Ma un’anziana donna, di cui mi fidavo molto, mi disse una volta, ‘Perché adorare una divinità che non si può vedere, quando c’è la Luna visibile in tutto il suo splendore? Adora lei. Invoca Diana, la dea della Luna, ed essa esaudirà le tue preghiere’. Dovrai seguire anche tu il Vangelo (delle Streghe e) di Diana, che è la Regina delle Fate e della Luna».
La persuasione è un processo graduale, una lenta trasformazione della mente. La giovane donna, infine convinta, abbracciò il culto di Diana e della Luna. Pregando con tutto il cuore di trovare un fidanzato, avendo imparato l’invocazione alla dea, fu presto ricompensata dall’attenzione e dalla devozione di un ricco e coraggioso cavaliere, il pretendente più ammirabile che si potesse desiderare. Tuttavia, la madre, più incline a seguire il suo desiderio di vendetta e la crudele vanità anziché cercare la felicità della figlia, fu furibonda. Quando il gentiluomo si presentò, gli ordinò di andarsene, sostenendo che sua figlia era destinata a diventare suora, e suora sarebbe diventata o sarebbe morta.
Così la giovane donna fu rinchiusa in una cella in cima a una torre, privata persino della compagnia della sua governante, e fu sottoposta a dure sofferenze, costretta a dormire sul freddo pavimento di pietra; sarebbe addirittura morta se la madre avesse potuto imporre la sua volontà.
In questo estremo bisogno, ella pregò Diana di liberarla dalla prigionia; e ecco, la porta della cella si aprì miracolosamente, permettendole di fuggire senza ostacoli. Ottenuto un abito da pellegrina, intraprese un viaggio in lungo e in largo, dedicandosi all’insegnamento e alla predicazione della religione dei tempi antichi: la fede in Diana, la Regina delle Fate
La fama della sua saggezza e della sua bellezza si diffuse ovunque, e la gente la venerava chiamandola La Bella Pellegrina. La madre, infine, udendo parlare di lei, era più infuriata che mai e, dopo molte difficoltà, riuscì a farla arrestare e riportare in prigione. In un accesso di rabbia, le domandò ancora se avesse intenzione di diventare suora. A questa domanda, la giovane donna rispose che ciò non era possibile, poiché aveva abbandonato la Chiesa cattolica e ora adorava Diana e la Luna.
La madre, considerando la figlia ormai perduta, decise di consegnarla ai preti affinché fosse torturata e portata alla morte, seguendo la sorte di tutti coloro che non concordavano con loro o che avevano abbandonato la loro religione. Gran parte della popolazione non approvava tale decisione, poiché amava la sua bellezza e bontà. Tuttavia, i genitori, gli ecclesiastici e i religiosi più devoti che desideravano la sua morte decisero di radunarsi nella dimora per sorvegliare la ragazza e impedirle di fuggire.
La notte prima della tortura e dell’esecuzione, con l’aiuto del suo fidanzato, ottenne come ultima grazia il permesso di uscire con una guardia nel giardino per pregare. Così fece, sostandosi vicino alla porta della dimora, pregò Diana di liberarla dalla terribile persecuzione alla quale era sottoposta, poiché perfino i suoi genitori l’avevano consegnata a una morte orrenda.
In risposta alle sue preghiere, improvvisamente il cielo si oscurò, annunciando l’arrivo di un vento poderoso e rabbioso. I primi segni della tempesta si manifestarono con il fragore lontano di tuoni, seguito da un turbine di vento che prese a sferzare gli alberi, piegandoli come fossero steli d’erba. Le nuvole, prima tranquille, si fecero minacciose, contorcendosi nel cielo in una danza furiosa.
Poi, senza preavviso, la tempesta si scatenò con tutta la sua forza. I lampi illuminarono il buio come spade celestiali, mentre il vento ululante sembrava una voce antica e vendicativa. La pioggia cadde a catinelle, trasformandosi in una cortina d’acqua che oscurò la visuale. Un fragore assordante accompagnò l’esplosione di fulmini, e l’aria si caricò di un’energia elettrica potente e imponente.
Nel caos della tempesta, la dimora franò in parte come se fosse stato costruito con il leggero soffio del vento. Le urla di terrore si mescolarono al frastuono degli elementi, mentre la furia divina si abbatté implacabile su tutta la proprietà. Non rimase pietra su pietra, né anima viva tra coloro che erano all’interno dell’edificio.
La giovane donna, dopo essere scampata alla tempesta divina, fuggì con gioia insieme al suo fidanzato. Insieme, superarono le avversità e costruirono una vita di felicità e amore. Celebrarono il loro legame sposandosi, unendo così i loro destini.
Quella modesta casa di contadini, dove la ragazza era rinchiusa e pregato per la sua liberazione, ora è conosciuta come “la Casa del Vento”. Il nome, tramandato attraverso le generazioni, porta con sé la memoria di quell’evento straordinario, della fede della giovane donna e della risposta divina che cambiò il corso della sua vita. La Casa del Vento è divenuta un simbolo di speranza, resilienza e grazia, testimoniando la forza che può scaturire dalla devozione sincera.
CONSIDERAZIONI FINALI
Questa rappresenta una trascrizione accurata del racconto, come mi è stato consegnato. Tuttavia, devo confessare di aver condensato notevolmente il testo originale, il quale si estende per venti pagine. Nonostante la rimozione di alcune sovrastrutture, il racconto svela la capacità del narratore di creare un romanzo moderno di discreta qualità, addirittura al livello di un romanzo francese di seconda classe, il che è già un complimento significativo. È vero che mancano descrizioni dettagliate del paesaggio, del cielo, degli alberi o delle nubi nel racconto, aspetto in cui Volterra potrebbe offrire molteplici spunti. Tuttavia, la storia è sviluppata in modo tale da dimostrare innegabilmente un autentico talento per la narrazione.
Il racconto si distingue per la sua straordinaria originalità e vitalità, rappresentando un raro residuo di puro paganesimo classico e una sopravvivenza della fede negli antichi miti, un aspetto che l’Ellenismo riflesso e di seconda mano degli Esteti può difficilmente eguagliare. Il fatto che un autentico culto o una fede nelle divinità classiche abbia resistito fino a oggi, proprio nel Paese del Papato, costituisce un fenomeno molto più interessante della scoperta di un mammut vivente in qualche remoto angolo della terra, poiché il primo è intrinsecamente legato all’umanità. Prevedo che, un giorno, forse non troppo lontano, gli studiosi saranno sorpresi nel scoprire fino a quale tardo periodo un vasto corpo di antiche tradizioni abbia persistito nell’Italia del Nord e quanto siano state ignorate da parte delle persone colte. In verità, sembra che ci sia stato soltanto un uomo, e per di più uno straniero, che abbia dedicato seriamente il suo impegno a raccogliere e preservare queste tradizioni.
© Pubblico Dominio, CHARLES GODFREY LELAND
The House of the Wind, in Aradia, or the Gospel of the Witches, c. 11, p. 54, a. 1899