Il leprosario di San Lazzero

I due maggiori ricercatori sul volgarmente detto «leprosario» di San Lazzero sono stati monsignor Maurizio Cavallini e Mario Battistini. Dai due si apprende che dove oggi è il borgo popoloso, svegliato a nuova vita, per il sorgere dell’Ospedale Psichiatrico ed un tempo per l’esercizio della ferrovia, in antico esisteva forse solo un piccolo ospedale, destinato a ricevere soltanto i lebbrosi e più tardi poi, per le abitazioni, che vi sorsero attorno in buon numero, acquistò sempre più importanza e dal nome del leprosario prese appunto il nome di San Lazzero. E’ dagli statuti volterrani della metà del sec. XIII. che si ha notizia del leprosario. Questo era già in vita nel 1252 ed organizzato con le «Costitutiones et ordinamenta de vita et statu infectorum» stesi da prete Filippo, priore di San Pietro in Selci, che le aveva date per i rogiti di Ser Membrotto.

Direttore del leprosario, come avveniva quasi sempre, era un sacerdote, il quale probabilmente aveva solo la direzione spirituale dei ricoverati, poiché alla cura di essi pensavano gli oblati e i conversi, dei quali abbiamo notizia anche in tempi lontani. Nel 1270 sappiamo che si trovavano conversi nel leprosario di San Lazzero un tal Viviano e un certo Andrea con Benvenuta sua moglie e vi erano inoltre ricoverate per malattia cinque persone di cui esiste solo il nome e cioè: Michele, Giacomo, Baroncino, Salvuccio e Marinetta.

L’ospedale viveva delle elargizioni di pii benefattori, delle elemosine di pane, olio, vino ed altro e fra le donazioni si ha memoria di quella fatta il 22 maggio 1275 da una certa Alamanna e si ha pure notizia che il leprosario nel 1279 possedeva un podere posto presso la città. Il notaio Ranieri, con testamento dell 5 agosto 1305, lasciò «soldi 5 agli infetti di San Lazzero» e il Comune di Volterra negli statuti del 1313 ordinò che tutti gli infetti fossero ricevuti e curati nell’ospedale, con l’obbligo ai possidenti di pagare del proprio e nel 1332 assegnò una elemosina di libbre sei annue a quell’ospedale.

Altri donatori furono Ganganuccio fu Sasso d’Ugolino da Volterra, che lasciava al leprosario con testamento del 29 luglio 1329 soldi cinquanta. Giovanni di Bartolomeo Colaini da Volterra nel 1496 assegnava una elemosina “panatarum quattuor olii pauperibus Sancti Lazari».

Dove di preciso fosse leprosario non sappiamo, ma deve essere stato senz’altro, dove le antiche carte topografiche lo designano, a sinistra della svolta che dal borgo San Lazzero porta a San Girolamo, nel sito dove sono oggi le case, che poi presero nome di «Commenda». Ad erigere in Commenda dei Cavalieri di Malta la precettoria di S. Lazzero fu il papa Paolo II nel 1468, mentre il cavalier Serrati edificò la casa «nella quale stanno i lebbrosi e la casa per l’abitazione del commendatario».

I beni della Commenda andavano sempre aumentando fino a raggiungere nel 1600 un’importanza grandissima. Paolo II con bolla del 10 luglio 1468, aveva riunito alla precettoria di San Lazzero anche la chiesa di San Martino a Scariccio. Nel 1497, avendo fra Pietro Serati, forse per la tarda età, rinunziato alla Commenda, Alessandro VI con bolla del 15 giugno la concesse al cavalier fra Francesco di Niccolò d’Andrea Latini di Firenze, indicando la rendita della Commenda stessa di scudi 100 d’oro di camera.

Il 10 giugno 1505 la Commenda fu concessa da Giulio II a fra Francesco d’Antonio Federighi. Nel 1553 il papa la conferì a Jacopo di Raffaello di Antonio Federighi milite di San Pietro, per l’avvenuta rinuncia di Zanobi da Montauto. Ma l’anno dopo la Commenda fu conferita all’illustre volterrano Jacopo di Giovanni Guidi. Egli era nato a Volterra nel 1510 da Giovanni e da Dorotea di Giovanni Inghirami ed era degno della sua grande ed antica famiglia che nella storia della patria e della Toscana aveva avuto ed ebbe larga ed importante parte. Segretario a 23 anni di Francesco Guicciardini, dopo avere ricoperto incarichi di notevole importanza, fu segretario del residente toscano in Spagna, poi a Venezia, fino al 1546, nel quale anno, a causa della morte del vescovo Agnolo Mazzi, fu da Cosimo chiamato in Segreteria di Stato. Nel 1554 abbracciò definitivamente lo stato ecclesiastico e nominato nel 1561 vescovo di Penne e Atri, intervenne nel 1563 al Concilio di Trento. Vescovo poi di Fiesole, ritiratosi poi in patria vi morì il 20 febbraio 1588. Il primo documento ritrovato e nel quale il Guidi sia ricordato come ecclesiastico è la bolla di papa Paolo IV del 7 luglio 1555, con la quale fu investito della Commenda in parola e in essa è chiamato: «dilectus filius Jacobus Joannis de Guldìs clericus Volaterranus». Il 10 ottobre dell’anno medesimo Lodovìco Epifani, vicario di Pietro Camalani, vescovo di Fiesole, come commissario apostolico in esecuzione del breve pontificio 26 maggio 1554, dava l’abito di cavaliere di Malta al Guidi e ne riceveva la professione ed i voti, ammettendolo inoltre nel grado di Commendatore.

Nel tempo che il Guidi tenne la Commenda fruttava 100 ducati d’oro l’anno, fino al 1577, anno in cui rinunciò la Commenda a suo nipote Filippo, trasformandola con approvazione del Granduca e di Gregorio XIII «in patronato della sua casa dotandola di un terzo di più di quel che rende». Nel 1608 era commendatario il cavalier fra Giovanni Gaetani di Pisa, che avendo trovata la piccola chiesa di San Lazzero in cattive condizioni priva di paramenti ed arredi per la celebrazione degli uffizi divini, spoglia di ornamenti e tanto che a sue spese fece riparare l’oratorio, che fornì di pianeta, stola e camice, calice d’argento e di tre tovaglie e fece dipingere per l’altare una tavola con l’immagine di San Lazzero, per la quale spese 20 scudi.

L’ospedale era soppresso e benché la Commenda «avesse carico di ricevere i poveri ammalati del male di San Lazzero e che anticamente vi stavano et abitavano e che oggi non ce n’è più, ma in cambio si riceve in dette case vedove, fanciulle et altre persone stroppiate e povere che non hanno refugio alcuno in luogo nessuno e che detto Commendatario (il cavalier Gaetani) per salute dell’anima sua fa continue loro elemosine et ne tiene et ne fa tenere conto come sarebbe in tutte le solennità fa dare loro uno staio di grano et alle fanciulle darebbe una ganimura = gamurra et elemosina quando si maritano et altri simili beni, ma di sua spontanea volontà et non per obligo perché prima non si usava, et similmente a tempo suo si è usato dare la mattina di Santo Lazzero un sacco di pane cotto alli poveri del borgo».

I lebbrosi quindi non trovavano più ricovero nella casa della Commenda e i vecchi abitanti del borgo, chiamati a deporre su questa circostanza, dichiararono che l’ospedale «fu dimesso da 50 anni al tempo del vescovo Guidi, titolare della Commenda stessa». Questo fu affermato da Simone di Baccio Castroni, Giusto di Antonio Melani e Piero di Bartolomeo Falagiani, nati e cresciuti nel borgo e da messer Ottavio Ricobaldi, Lorenzo Falconcini, spedaliere di Santa Maria Maddalena, Cornelio di Gabriello Incontri e Santi di Antonio da Signa, fattore della Commenda.

Veramente il Giachi afferma che nel 1576 l’ospedale accoglieva ancora i lebbrosi. Sappiamo con sicurezza che nel 1608 vi si trovavano ricoverate «sei o sette persone fra piccole e grandi» fra le quali certa Ginevra dì Pietro Panacci «con dua suoi filiuoli povera vedova».

Nel 1631 era commendatore di San Lazzero il cavalier fra Donato Rustici fiorentino, il quale, vicino alla morte, raccomandava ai suoi eredi, non di beneficare i poveri, ma di affrettarsi a salvare il numeroso bestiame esistente nei beni della Commenda, poiché la peste infieriva in Volterra ed era facile che andassero perduti molti scudi.

Spenta la Casa Medici, sotto il governo di Pietro Leopoldo, tutte le corporazioni religiose vennero soppresse, dei beni di queste fu fatto l’inventario nel 1775. Da questo prezioso inventario si può rilevare che in quel piccolo Oratorio esisteva sull’altare il quadro fatto fare ai primi del 1600 dal commendator Gaetani, rappresentante la resurrezione di Lazzaro. Inoltre vi esistevano due quadretti raffiguranti, l’uno la deposizione di Gesù Cristo e l’altro San Rocco e altri due molto antichi rappresentanti la decollazione di San Giovanni Battista.

La casa annessa alla chiesetta e che comprendeva più stanze che servivano al commendatore, era ad un solo piano nelle medesime condizioni in cui si trova oggi. Anche verso il 1784, come si rileva da una memoria del commendator fra Bettino Ricci, presentata aìl’assemblea del priorato di Pisa «due stanze erano tenute a uso spedale con tre o quattro donne, ma ho sentito dire “che vi siano alcune povere donne abbandonate”». Il patrimonio della Commenda, in quell’epoca, era costituito da un ragguardevole numero di case e di poderi che conviene ricordare e che erano: sei case nel borgo San Lazzero, due orti nel popolo di San Pietro in Selci, un pezzo di terra sopra la fonte di San Lazzero, il podere annesso alla chiesa chiamato «Commenda» con altro appezzamento vicino. Inoltre: Riparella, Cinari, Caggìo, S. Ripoli, Ulimeto, Cella, Fornacchia, Scafacci di Papignano, Stradino di Papignano, Campo a’ Poveri presso Mazzolla, Prato a’ Cavalieri o chiusa di Mazzolla, Manardo al Palaio, Gianuggiole, Vigna, Poggio alla Pratella e un podere presso Montemiccioli. Facevano parte della Commenda pure una piccola chiesa presso Pomarance San Pietro, quattro poderi presso Montecerboli, la chiesa di San Giovanni presso Bibbona e otto poderi nello stesso comune, la chiesa di San Martino presso Terricciola e trentuno appezzamenti di terreno nel medesimo comune, dodici appezzamenti nel castello di Chianni. La rendita di questa Commenda era rilevante poiché dall’agosto 1780 a Agosto 1781 essa era ascesa a Lire 1096,12 netto in contanti e staia 483 di gnano.

Il 27 gennaio 1785 il governo toscano dette ordine al priorato di Pisa di alienare i beni della Commenda di San Lazzero, stimati scudi 8197,3,10 i beni rustici, scudi 355 le case. La piccola chiesa, il casamento già spedale, il piccolo podere annesso furono acquistati da Giovanni Galluzzi per scudi 715. Del piccolo oratorio, profanato fin dal 1784, fu ultimo sacerdote officiante il dottor Gaetano Sanfinocohi. Mentre l’interno veniva spogliato dei quadri l’esterno delle armi in pietra dei Cavalieri di Malta e della famiglia Gaetani. Scomparve anche «la logetta della quale era fornito l’oratorio».

Niente resta dell’antico leprosario e del più moderno ospizio e solo al piccolo podere rimaneva, unico ricordo, il nome di «Commenda», nome ai più ignoto, ma indice di un passato civile, pieno d’amore e di carità fraterna.

© Pro Volterra, LIDO PANICHI
Il leprosario di San Lazzero, in “Volterra”