Questo studio offre un contributo alla conoscenza della vita familiare e quotidiana e dei luoghi di Volterra e delle sue pendici nel 1429 – 1430. Si basa sullo spoglio completo del registro 271 (più di 900 fogli) e parziale del 193 (enti religiosi), conservati nel fondo del Catasto dell’Archivio di Stato di Firenze.

> Sommario, Il quotidiano e i luoghi di Volterra nel catasto del 1429-30


Sullo studio, le leggi e i contratti, le notizie fornite dal catasto sono occasionali.

Una scuola di grammaticha si trovava nel convento dei Frati Minori, frequentata dai novizi e da giovani il cui mantenimento veniva valutato 2 lire a testa. Altri tre studianti dimoravano presso i frati di S. Agostino e costavano sempre 2 lire ciascuno. Anche Matteo e Giovanni figli di ser Ottaviano Vermicelli stavano a la grammaticha; e tanti libri tra grammaticha e di notaria venivano ricordati in casa di ser Filippo Bindi. Infine nel catasto di Pisa troviamo il ricordo dei figlio del medico maestro Lodovico Serguidi, Lorenzo di 13 anni, che abitava con la madre a Volterra, andava a scuola di grammatica e fa lo latino minore.

Per quanto riguarda i maestri di scuola, Benaccio di Francesco da Poppi, chiamato al pubblico insegnamento dal 1405 al 1411 e dal 1417 al 1426, è ricordato in un debito dei del Liscia: per uno obbligho fatto fare a maestro Bonacio maestro di grammaticha a Massa a Giovanni Bottigli per pascholo di bestie.

Un certo Giovanni invece era maestro in tologia (teologia?) e doveva avere 6 soldi per il suo maestrio. C’erano poi ser Iacopo di Nieri (forse un maestro d’abbaco ricordato anche nel 1427); e ser Battista d’Andrea Visconti che corrisponde al maestro omonimo che insegnò nella scuola cittadina almeno fino al 1446. Infine in un documento del 1405 dei Servi di Maria di Firenze troviamo ricordato Iacopo di Piero da Volterra maestro di grammatica in convento per 8 fiorini l’anno.

Questo è tutto. Rileviamo però come la maggior parte dei volterrani sapesse leggere e scrivere perché frequenti sono le note del catasto sulle scritte, sui quadernetti, sui libri contabili tenuti per obbligo dagli artigiani. Il notaio ser Vinta era creditore dei della Baccia e dei Cafferecci, per una scritta di loro mano, l. 220; Menico di Micuccio lavorava più terre a mezzo con altri, chome appare da sua scritta; il calzolaio Giusto di Bartolomeo Micciano dichiarava i crediti riportati nel libro segnato C.34

I notai si formavano nelle scuole di ars notaria di Firenze e la maggior parte di loro esercitava l’arte in patria con più o meno fortuna. Altri si vincolavano alla pubblica amministrazione fiorentina, sfruttando quelle opportunità che il legame fra i due Comuni offriva, come ser Antonio di Antonio di Pardo, messer Niccolò di Piero della Bese dottore di legge e ser Antonio di Gualfredi Bondiucci. Altri ancora avevano lasciato la città per destinazione ignota: ser Simone di Lorenzo Cortinuovi (fuggito), ser Gherardo di Nanni Maffei e ser Alesso di Niccolò Simonetti.

I notai che dimoravano nelle contrade di Volterra erano: ser Agostino di Falconcino (Borgo), ser Angelo di Galgano da Castelnuovo (Piazza), ser Antonio di Giusto di Simone di Nuovo (Pratomarzio), ser Antonio di Nanni di Taviano (Borgo), ser Arcangelo di Giovanni Seghieri (S. Angelo), ser Bartolomeo di Martino di Duccio (S. Angelo), ser Buonfiglio di messer Piero Contugi (Borgo), ser Colla di Venanzio (Porta a Selci), ser Cristoforo d’Andrea Colai (S. Stefano), ser Cristoforo di Iacopo di Ghieri (Piazza), ser Filippo del maestro Lorenzo Bindi (Piazza), ser Gherardo (?) di Michele Gherarducci (S. Angelo), ser Gherardo di Nanni Maffei, ser Giovacchino di ser Giannello di Iacopo Picchinesi (Porta a Selci), ser Giunta di Michele di Guido (Porta a Selci), ser Giusto di Guiduccio di messer Giovanni (Borgo), ser Giusto di Iacopo Naldini (Porta a Selci), ser Guido di ser Lorenzo di Nieri (Borgo), ser Iacopo di Giusto di Potente (S. Angelo), ser Iacopo di Marco Borselli (Piazza), ser Iacopo di ser Parissieri o Paessero (Porta a Selci), ser Lodovico di messer Piero (Piazza), ser Luca del Pugliese (Porta a Selci), ser Mariotto di Tancredi di Martino (S. Angelo), ser Matteo di Iacopo d’Angelino (Borgo), ser Michele di Bartolo (Borgo), ser Michele di Cecco Davini (Porta a Selci), ser Michele di Galgano da Castelnuovo (Piazza), ser Michele di Giovanni Seghieri (S. Angelo), ser Michele di ser Matteo di Turino (S. Angelo), ser Michele di Tinuccio (Borgo), ser Ottaviano di Francesco di Puccino Contugi (Borgo), ser Ottaviano di Giovanni di ser Biagio Barlettani (Borgo), ser Ottaviano di Simone Basso (S. Giusto), ser Ottaviano di Taviano dei Vermicelli (Piazza), ser Pellegrino di Biagio di Giusto di ser Vanni (Porta a Selci), ser Piero e ser Giovanni Cafferecci (S. Angelo), ser Vinta di Michele di Vinta (Borgo).

Notai deceduti erano ser Gotto di messer Giovanni, ser Giovanni Cinciotti o Cianciotti, ser Iacopo di ser Gabriello (eredi) e ser Salvestro di Lodovico di Cresci.

Avevano la qualifica di giudici i messeri Benedetto del Liscia (Porta a Selci), Francesco di ser Biagio Ciancia (S. Angelo) e il cavaliere Ercolano Contugi (Borgo).

I libri di studio o altri di vario argomento (allora tutti manoscritti) sono citati dal catasto perché conservati nelle case. Erano ricordati uno Statuto, uno Statuto con regieschi (regesti), un Digesto vecchio, un Rinforzato, una Somma di noteria, uno Spechulo vecchio, una parte dello Spechulo, il III e il IV libro, un Diccietalaccio, un Codischo (un Codice), una Lettura di Bartolo sopra il Digiesto nuovo con più repetizioni, mezzo Altoprettorio di messer Lodovico de’ Cortesi da Padova, Roffredo in materia libellaria, la Meridiana in notaria, il Fiore, Richolette (Regolette) dello Spechulo e d’uno Formulario, un Libricciolo dello Ufficio di Nostra Donna, uno scritto sopra il Troiano, un’Aurora, una Somma con l’Aurora, un Apparato o Parato di notule, una Somma di Ramondo… e uno scritto di Piero da Mazzolla in carta banbagina (forse un atto rogato).

Libri di pregio erano in casa di Messer Francesco Ciancia: un Chodischo, un Digiesto vecchio, un Volumetto, una Somma d’Azzo, uno Spechulo dal valore di 22 lire, una Lettura di Bartolo, una Lettura di Bartolo sopra Rinforzato, una Lettura di Bartolo sopra al Chodischo, due Regolette sopra al Codice, un pezzo di Lettura di Bartolo sopra al Digesto vecchio. Il valore totale era di l. 80.3.

Altri libri invece erano stati prestati o regalati a notai o studenti (dice che sono nelle mani di Lucha da Chortona e non sa quanti sono e quello che valghono – poi Luca mandava a dire che valevano 50 lire). O rimanevano alle vedove, come Caterina Gotti che teneva libri di notaria e di medicina e altri. Il catasto comunque ne chiedeva conto: Ginevra dice che messer Nicholà figlio di Piero è dottore di Legge … non sta a Volterra … e non si può informare dei libri35.

La carta usata per i volumi, le scritte, i registri (come quello del catasto) era la «bambagina», ricavata dagli stracci. Una fabbrica nel pisano (due edifici atti a fare charta chon 5 pile nella chorte della Villa di Buti ovvero nel chastello di Bientina) apparteneva a Ercolano Contugi, nel passato socio di alcuni cartai di Colle Vald’Elsa e Poggibonsi36.

© Paola Ircani Menichini, PAOLA IRCANI MENICHINI
III. Società e lavoro in città e nelle pendici, cap. 13, p. 53, in “Il Quotidiano e i luoghi di Volterra nel catasto del 1429-30”, Ed. Gian Piero Migliorini, Volterra, a. 2007
34 v. M. BATTISTlNI, Un livornese maestro di grammatica a Volterra nel secolo XV, in «Ricerche», O.C., p. 163; Il pubblico insegnamento in Volterra dal secolo XIV al secolo XVIII, in «Ricerche», O.C., pp. 218,219,231,278; GUIDI, Il governo … , O.C., II, p. 329. I figli di Antonio di Pasquino Broccardi avevano studiato presso maestro Bonaccio, v. PAGLIAZZI, Caratteristiche … , O.C., p. 3 (1408); su maestro Iacopo, v. P. IRCANI MENICHINI, Vita quotidiana e storia della Ss. Annunziata di Firenze nella prima metà del Quattrocento, Firenze 2004, p. 76, doc. 148; il figlio di maestro Lodovico, cit. nel catasto di Pisa, v. nota 143.
35 cfr. l’elenco di FIUMI, Popolazione … , O.C., pp. 146. Qualche dubbio su ser Luca del Pugliese che è ser al f. 5v, ma lavora terre di Michele Incontri al f. 391 v; ser Pellegrino di Biagio di Giusto, 21 anni, è accatastato con il padre; il figlio notaio di Michele Gherarducci dovrebbe essere Gherardo (18) da due anni fuori casa. Ser Bartolomeo di Martino deve anche essere paghato di certi chapitoli roghati e pubblichati tra il Chomune di Volterra e gli eredi di Michele di Salvestro di Feo da Volterra e la quantità non si pone perché non è chiarito quello s’abbia avere e non pascia l. 16 e se più sarà chiarito lo notificherà. La Somma era un compendio di notaria. Il Digesto era un libro di leggi. Fiore poteva chiamarsi un breve componimento in rima di carattere popolare, o anche una compilazione desunta da fonti diverse relativa ad una materia, una scelta di passi migliori. Gli autori dei ‘prosaici’ libri di notaria davano ai loro libri titoli poetici ed estrosi, p. es. Diadema, Aurora, ecc. Aurora era anche un libro di commento biblico (Pietro da Riga, maestro Anglicus, chierico di Reims, sec. XII-XIII). Roffredo Epifani da Benevento giureconsulto del secolo XIII (circa 1215), v. R. DAVIDSOHN, Storia di Firenze, Firenze 1972, V, p. 493, VI, p. 234, VII, p. 242; Bartolo, forse Bartolo da Sassoferrato giureconsulto, 1355; Ramondo, cioè S. Ramondo di Penafort (o Pennaforte) domenicano di Barcellona, insegnante di diritto canonico a Bologna, in patria quasi centenario nel 1275.
36 Dalla seconda metà del Trecento l’industria della carta prosperò a Colle Val d’Elsa, così DAVIDSOHN, Storia … , O.C., VI, p. 30. La pila era una vasca dove si maceravano gli stracci che venivano ridotti in pasta sotto i colpi delle mazze.