Dal 1200 in poi la dogana del sale sembra sempre più accentrata nella mani del Comune. La cura che l’interesse finanziario del Comune richiede per ben disciplinare il commercio e il monopolio del sale, dà luogo a un perfetto ordinamento amministrativo della dogana da un lato, ed a una suddivisione dei vari tipi di produzione salina dall’altro.

Pochi anni dopo che il Comune si è impossessato di buona parte delle moie ed ha istituito la dogana per la vendita del sale, apparisce nello statuto cittadino il sacramentum camerari doane salis. Sacramentum che riportiamo in appendice. La cosa è importante perchè i sacramenta raccolti nello statuto sono quelli degli alti magistrati Comunali, o del popolo, o di signori del contado che si sottomettono: gli ufficiali minori, i subordinati non compaiono direttamente con tutta la pompa dei magistrati nelle disposizioni statuarie.

Dunque il Camerario del sale, se non è un secondo ministro del tesoro e delle finanze, posto a latere del Camerario del Comune29, è pur sempre un alto magistrato messo a capo di una delle più importanti e forse della più importante azienda finanziaria comunale. Abbiamo detto Camerario, ma veramente avremmo dovuto dire Camerari, poichè fin da principio sembra che a capo della dogana siano stati posti due funzionari, i quali si sorvegliavano a vicenda. Però non è escluso il caso che talora il Camerario sia stato uno solo.

Il Camerario giura di conservare tutto il sale che gli sarà consegnato, di procurare che tutto il sale che si produce nel vescovado Volterrano sia portato alla dogana del Comune, di custodire gelosamente i proventi delle vendite e darli ai due esattori eletti secondo forma di legge, di tenere esatta nota delle entrate ed uscite del sale in magazzino e darne conto all’altro collega Camerario, specie delle vendite: di tenere onesta ed esatta contabilità tanto per il Comune che nell’interesse di coloro che hanno diritto sulle moie e dei cuocitori, o meglio improvvisari della produzione; di fare un riassunto del quantitativo esistente in magazzino e notificarlo al Podestà o Consoli e di notificare pure a questi ogni singola vendita fatta da esso Camerario o dal suo collega; di tenere esatto conto delle spese e darne ragione al Podestà o Consoli; infine di ricevere gìuramento dal misuratore del sale addetto alla dogana di ben misurare e di dar conto delle misurazioni fatte all’altro Camerario che non fosse addetto alle misurazioni.

Già da questo primo ordinamento della Dogana, si rileva quali erano le funzioni del Camerario del sale. Si rileva anzitutto un impianto contabile ancora imperfetto, ma non addirittura embrionale. Quei resoconti fra i due camerari per l’entrata e uscita del sale, quel riassunto dell’ in essere del magazzino, da notificarsi al Podestà o ai Consoli, insieme alle vendite fatte; il conto consuntivo delle spese, pure da riferirsi ai supremi magistrati comunali, rispecchiano un impianto contabile di controlli, diciamo così, automatici che è veramente notevole. Non siamo ancora alla partita doppia, ma siamo già sulla buona strada.

Notevole anche che il Camerario del sale rappresenta nella dogana non i soli interessi comunali, ma anche quelli degli impresari della produzione e dei proprietari delle polle: gente che ha diritto a una parte dei frutti delle rendite. Si è già detto che anche il Vescovo è, almeno in teoria, tenuto a portare il sale alla dogana, salve le ragioni a lui spettanti, e che il Comune tollera un suo rappresentante, subordinato però ai camerari del sale.

Nella successiva redazione degli statuti compiuta circa il 1227 (cod. G 4) si aggiungono norme complementari di amministrazione: i denari della cassa della dogana devono essere riposti in un apposito segreto consegnato a custodia a uno dei due camerari del sale, il quale non doveva tenerne la chiave; obbligo di annotazione nei registri delle somme estratte dalla cassa della dogana: ove uno dei due camerari nominali sia impedito, ne farà la vece il mensurator salis, specie di controllore e indubbiamente il più alto funzionario doganale nel primo duecento, dopo i camerari. Questi non hanno una mera funzione di cassieri e magazzinieri: sono debitori di somme e non di specie verso il Comune e debbono provvedere con gli introiti della dogana alle spese per la produzione del sale, per compenso ai proprietari delle bolle e per l’ordinaria amministrazione.

Oltre a ciò ai camerari del sale è affidata una vigilanza e direzione tecnica e fiscale per la produzione (dovendo i cuocitori stare ai loro ordini circa il tempo e il modo di produrre il sale) e una facoltà di promuovere l’azione per le infrazioni30.

Ai camerari è vietato, come agli altri magistrati, d’essere rieletti nello stesso ufficio prima che sia decorso un determinato tempo; il divieto è esteso ai membri della famiglia dei camerari31: la nomina non può essere rifiutata33.

Però il Camerario del sale non è un assoluto e incontrollato padrone della dogana: il Podestà e anche i privati aventi diritti sulle moie hanno una diretta ispezione sulla cottura, sull’apertura e chiusura dei pozzi, ed essi ricevono il giuramento dei cuocitori o impresari (mentre, come abbiamo visto, il giuramento del mensurator è ricevuto dai camerari del sale34).

Non mancano infine norme per la garanzia della genuinità della misura, inquantochè lo staio per la misura del sale doveva essere sigillato col sigillo di mercanzia e un’altro identico staio, pure contrassegnato, doveva restare nella Camera del Comune35.

Questa organizzazione, non tanto primitiva, della dogana si compie fra i primi del 1200 e il 1236: anno nel quale si affaccia il nuovo ordinamento di locazione del monopolio salino del Comune.


LA DOGANA DOPO IL PERIODO D’AFFITTO

Con questo nuovo regime, scompare, come è naturale, ogni norma statutaria circa i camerari del sale. Non scompare certamente tutta l’organizzazione amministrativa faticosamente costruita in un terzo di secolo: ciò sarebbe assurdo. Essa viene invece sottoposta direttamente agli affittuari, alla società che sfrutta le moie. Così negli statuti viene cancellato il sacramentum dei camerari e del sale e viene cancellato tutto quanto si riferisce alla dogana comunale: ma si sostituiscono ai camerari gli acquirenti dei frutti e il popolo volterrano si trova egualmente di fronte a un monopolio36. Quale fu l’interno organamento della società esercente le moie non ci è dato conoscere; certo essa non può avere cambiato granché all’ordinamento municipale preesistente. Ciò è tanto vero che questo ordinamento riapparirà nei codici della seconda metà del 1200 con poche modificazioni; è tanto vero che nel 1250, come si è detto, il Comune può, in pieno regime di affitto, disporre di una notevole quantità di sale a suo talento per favorire il Castello di Montevoltraio, castello così prossimo a Volterra e pur cosi lontano da questa sul terreno politico; avanguardia ora del Vescovo poi dei fiorentini37.

Riappariscono poi i camerari e sono equiparati agli acquirenti di frutti per la polizia sulle moie e dogana e per la gestione di questa. Anzi a un certo momento sembra che i camerari riprendano un posto preminente di fronte agli acquirenti dei frutti. Però questo periodo di ritorno al regime comunale della dogana non è ben chiaramente delineato negli statuti38.


LA DOGANA PERFETTAMENTE ORGANIZZATA NEL SECOLO XIV

Ristabilito il regime di diretta gestione della dogana, il Comune non rimette peraltro i camerari del sale nella loro antica dignità e il giuramento di essi non si ritrova negli statuti della seconda metà del 1200. Ben si comprende: il Comune volterrano costituisce ormai un’amministrazione completa, assai più complessa di quanto ai primi del 1200. I camerari del sale, consolidata la dogana, non sono più i ministri di un importante ramo della finanza municipale, ma gli incaricati, i direttori di un monopolio. Come tali non possono trovar posto accanto ai supremi magistrati del Comune, il Podestà, il Camerario del Comune, il Giudice, il Notaio generale e il nuovo magistrato, il Capitano del popolo. Ciò non significa che la loro importanza nella finanza comunale sia diminuita: significa soltanto che nella costituzione comunale vi è stata una evoluzione, un progresso che ha portato a distinguere anche nella forma i capi politici del Comune dai direttori di aziende tecniche.

Ma che la cura del Comune per la dogana continui è dimostrato da nuovi provvedimenti. Al Podestà spetta ricevere il giuramento dei camerari e questi, sono gli ispettori della produzione del sale. Il loro giuramento fa prova legale per l’accertamento delle infrazioni denunciate. I camerari sono i domini dell’azienda comunale del sale, tanto che essi sono equiparati ai cessionari dell’azienda stessa, agli acquirenti dei frutti39.

Nell’ultimo codice del 1200, il G 10, è stabilito che i camerari siano due e che abbiano un notaio. Stipendio mensile dei camerari, venti soldi per ciascuno e stipendio eguale per il loro notaio.

Si tenga ben presente che queste non sono che aggiunte alla primitiva organizzazione della dogana che deve essere stata continuata attraverso le vicende del sec. XIII e che perciò si fonda sempre sul sacramentum camerari doane salis dato in appendice.


IL SUO SITEMA CONTABILE E I VARI TIPI DI SALE

Nel secolo XIV l’amministrazione del monopolio del sale a Volterra raggiunge la perfezione. Anzitutto si accentua sempre di più il carattere di semplice funzionario del Comune per il Camerario, d’ora innanzi chiamato doganese. Il doganese, come gli altri ufficiali a lui subordinati, giura nelle mani del Podestà e ciò già fino dalla seconda metà del 1200. Al doganese non viene affidato alcun incarico che esorbiti dai limiti e dagli scopi della sua amministrazione: solo una volta, circa il 1347, troviamo che al doganese del sale è affidata la custodia di una delle chiavi dello scrigno ove si conserva il portafoglio contenente i nomi degli eletti alla custodia delle torri e fortezze40. Per contro l’alta direzione delle vendite è ormai nelle mani dei XII del popolo agli ordini dei quali devono obbedire i camerari41. Ancora: i massari, magistrati che rappresentano il demanio comunale, hanno ingerenza per conservare i diritti del Comune sulle moie e hanno un potere d’ispezione sulle moie e i moiatori, con relativo obbligo di riferire al Podestà circa le infrazioni42. Infine vengono nominati ispettori sulla dogana e sulle sue entrate43. Così la funzione del doganese camerario sempre più si avvicina a quello di un magazziniere e di un cassiere e sempre più si allontana da quella di un ministro del tesoro comunale.

Ma non per questo si può dire che la figura del Camerario di dogana perda d’importanza. Anzi, nel secolo XIV, come si è detto, il Comune completa e riorganizza la sua dogana del sale. Norme precise per l’elezione dei doganesi, uno o più, provvedimenti per il loro stipendio, norme per l’elezione e salario dei doganesi, norme per il salario del misuratore del sale, attestano la vigile cura del Comune per l’azienda del sale44.

Circa il 1377-1390 si fa qualche ritocco all’ordinamento delle saline stabilendo che i doganesi non possono fare altre spese che quelle necessarie alla produzione del sale, compenso ai cuocitori compreso: le altre spese sono demandate alla Camera Comunale; e anche questo segna certamente un perfezionamento amministrativo45.

Si stabilisce anche espressamente per i doganesi la non rieleggibilità alla carica per 10 anni, pena la nullità della fatta elezione46.

Siamo così al termine del secolo XIV. Ma in fondo a quest’epoca, è il frutto maturo dell’organizzazione comunale del monopolio del sale. Nel codice G 16 si trovano carte 425 e seguenti, nelle aggiunte degli statutari, norme complete circa il funzionamento della dogana. Esse certamente non rappresentano che la codificazione di vecchie consuetudini: o meglio il riordinamento legislativo di quanto in pratica già da tempo esisteva.

Fondamento della amministrazione doganale volterrana è la distinzione fra dogonese del sale e doganese della pecunuia: i due doganesi assumono in questa epoca funzioni completamente distinte, anzi antitetiche, e si controllano a vicenda. A ciascun doganese è assegnato un notaio che deve segnare e autenticare le annotazioni di entrata e di uscita. L’elezione dei due doganesi veniva fatta senza deciderne le attribuzioni: la sorte sola doveva destinare il carico del tesoro (pecunia) o dei generi (salis).

Ai due doganesi cumulativamente era dato potere di concludere l’appalto per la produzione del sale e anche di contrarre mutui, sempre però per le necessità dell’esercizio dell’azienda. Si fissa l’orario di ufficio dei doganesi e del notaio, si stabilisce che i magazzini devono essere chiusi a tre chiavi: una delle quali affidata al magazziniere (doganese del sale), una al notaio di questo e una al tesoriere (doganese della pecunia). Si stabiliscono pene severe per gli ufficiali che sottraggano sale, anche di infima qualità (quei grossi et pigne che una volta erano lasciati ai cuocitori). Si stabilisce l’obbligo del tesoriere di versare gli incassi a fine di cuocitura.

Ma più interessante è il meccanismo col quale avvenivano le vendite. Il compratore doveva presentarsi al tesoriere (doganese della pecunia) e versare l’importo corrispondente alla quantità di sale acquistata: riceveva così un buono a uscita di magazzino (apodissa), sul quale erano segnate la quantità di sale da consegnarsi e la data: il buono doveva essere di mano del notaio del tesoriere e sigillato, altrimenti non era valido. Il compratore presentava l’apodissa o buono, al magazziniere (camerario del sale) il quale consegnava il quantitativo segnato e ritirava il buono stesso conservandolo in filza. Tanto il tesoriere che il magazziniere dovevano nei primi 4 giorni di ogni mese mandare al Camerario del Comune (ecco il vero e unico ministro delle finanze) esatto resoconto del movimento di magazzino e delle riscossioni: i quaderni (bastardelli) con le annotazioni venivano conservati in un armadio della Camera Comunale, a doppia chiave: una chiave veniva conservata dal Camerario del Comune e l’altra dai notai della dogana. Se il doganese del sale o il suo notaio o il misuratore tante presumptionis fuerint da vendere il sale absque apodissa scripta manu notari doganensis pecunie et sigillata bullectino dicti doganensis pecunie, venivano puniti severamente.

Questo rigoroso sistema contabile non è ancora la partita doppia; ma è quasi una partita doppia. Per essere cià gli manca soltanto l’annotazione delle apodisse, con le somme riscosse, a margine delle uscite del magazzino: ma in sostanza la filza delle apodisse, da conservarsi dal magazziniere, tiene luogo dell’annotazione di esse sul bastardello di uscita del sale. In sostanza è questo uno dei primi esempi di partita doppia, almeno embrionale47. E la distinzione capitale fra tesoriere-cassiere e magazziniere l’ho trovata anche nei registri contabili posteriori a quest’epoca che ho potuto consultare.

Alle rigide norme contabili non si fanno eccezioni. Soltanto vi è una contabilità a parte per le consegne del sale al delegato fiorentino: per queste consegne le apodisse o buoni di consegna potevano essere rilasciate senza corrispettivo versamento delle somme: i conti li avrebbe fatti poi la Camera Comunale. Siamo in materia di alta finanza influenzata, come sempre, dalla politica: Firenze riceve il sale dall’azienda autonoma comunale: il Comune soltanto farà i conti. Sotto ai doganesi vi è il misuratore del sale e gli altri minori impiegati, tutti i distinti però dai cuocitori, impresari di produzione, i quali sono semplici privati assuntori di pubblico servizio, legati ai direttori della dogana e al Comune da un vincolo che è un po’ di diritto pubblico (in quanto vengono poste sanzioni penali ai cuocitori infedeli e ai cuocitori viene imposto giuramento) e n po’ di diritto privato (in quanto essi sono pagati a misura della loro produzione e debbono provvedere a questa coi loro mezzi). Si tratta cioè di una vera e prorpia concessione ammministrativa che ah molti punti di contatto con le moderne concessioni di mprese pubbliche e così per esempio con la concesssione di coltivazione di tabacco per la regia.

A me sembra che quest’ordinamento sia un modello si sapienza amministrativa: con semplicità di mezzi e con un personale limitato allo stretto necessario, senza ingomro i farraginosi controlli, si ottiene una grande sicurezza sul mangeggio del denaro e sul movimento di magazzino: i due doganesi sono posti in antitesi; i due noti garantiscono con la loro fede le operazioni; i conti vengono mensilmente rimessi alla Camera Comunale, naturalmente con le pezze di appoggio; rubare sembra un po’ difficile in tali condizione! E’ ormai lontano il tempo in cui “era sicuro il quaderno e la doga48” e l’aumentata malizia aumenta la sapienza amministrativa49.

Ma forse Volterra più di altre città poteva svolgere e portare a tale perfezione l’organizzazione della dogana. Perfezione che non è soltanto amministrativa, ma anche tecnica.

Alla fine del secolo XIV e giusto intorno al 1379, la vendita del sale si trova così disciplinata; si distinguono 5 specie di vendite: vendite al minuto e vendite all’ingrosso del sale fino ai foresi e ai cittadini, vendite delle pigne, vendite del sale di spazzatura, vendita di sal grosso buono, vendita di sal grosso cattivo. Non siamo in grado di trovare un equivalente odierno alle “pigne” e ai “grossi”… Certo le pigne, i grossi, il sale di spazzatura costituiscono una specie inferiore, anzi dei sottoprodotti: ma in che cosa veramente consistano non so dire. Questa distinzione peraltro attesta, come ho detto un grande progresso tecnico nella produzione del sale50.

Volgiamo ora lo sguardo a un vicino Comune che pur fu possessore di saline, a Pisa.

Qui la dogana è organizzata in un modo a un tempo più rozzo e più complicato. Vi sono inanzitutto due casse, due tesori della dogana: i tambuti, specie di scrigni chiusi a due chiavi (una ai doganieri e l’altra agli anziani), ove vengono versati i denari delle vendite più importanti; la cassa, pure chiusa a due chiavi, ove sembra sia posto il provento generale della dogana. La dogana stessa è amministrata da un direttore (ufficiale), dai dovanieri, riscuotitori e venditori del sale ed eventualmente esattori di un’importa su di esseo51 dal seditore, preposto alle minute vendite e collettore dei proventi di queste, proventi da riporsi nella cassa n.1 (tambuto), dal Sindaco, controllore generale dei conti dei dovanieri, dal massario, custode dell’in essere del magazzino e controllore dell’entrata e uscita del sale. Anche a Pisa ai dovanieri viene inibito di vendere il sale a termine e ad essi viene addetto un notaio52.

Quest’ordinamento della dogana Pisana, è di poco anteriore all’ordinamento che sopra abbiamo esposto per la dogana Volterrana. Ma sembra però tanto meno sapiente! Manca fra le varie partite contabili quel legame che invece collega i vari capitoli del bilancio dell’azienda volterrana del sale; i controlli non vengono fatti automaticamente come avviene a Volterra, con un semplice confronto per le partite contabili, con una savia distribuzione dei carichi e delle responsabilità, ma vengon affidati a dei controllori, il sindico, cioè per la cassa e al massario per la consistenza di magazzino. L’ordinamento pisano sembra un congegno moderno di buracrazia, mentre quello volterrano appare un modello di semplicità amministrativa.

Ma non è strano ciò: Pisa aveva ben altri orizzonti, prima della disfatta della Meloria, che il commercio del sale: e anche dopo la sua rovina come potenza marittima, non si trovò a dover dare della dogana del sale una delle fonti principali della sua ricchezza.

Invece Volterra, con un’economia a tipo minerario e industriale, con dei vicini bisognosi di provvedersi di sale alla fonte più vicina (le distanze, specie per terra, una volta avevano una importanza assai maggiore di quella che oggi hanno), dov’è volgere ogni sua cura allo sviluppo della sua dogana. Anche nelle città e nei popoli, come negli individui, vige la legge edonistica del massimo utile col minimo sforzo, legge che porta alla paralisi degli organi inutili, alla immobilità di quelli meno necessari e al rigoglioso sviluppo e al fine perfezionamento di quelli essenziali.

Difetto di mezzi di studio ci ha impedito di fare un più esteso confronto con altri Comuni. Di quelli finitimi, Siena, come abbiamo detto, non ha un vero e proprio monopolio del sale; Firenze si fornisce, a quanto sembra, a Volterra, e di Pisa abbiamo ora parlato.

Delle vicende della dogana nei secoli XV e seguenti non ci dobbiamo occupare per ora. Diciamo “per ora” perchè non è escluso che in avvenire, se ci sarà possibile, possiamo considerare le vicende della dogana e delle moie anche in queste età più recenti. E neppure è escluso che possiamo un giorno tornare sul cammino percorso e studiare la Dogana del sale sul medioevo volterrano con maggior cura e con più minuta indagine. E neppure, infine è escluso che qualcuno di noi più dotto possa studiare ex professo questo interessante argomento.

© Accademia dei Sepolti, TITO CANGINI
Dogana e camerari a Volterra nel XIII e XIV Sec., in “Rassegna Volterra”, n.1
29 Il Camerario del Comune ha funzioni che eccedono quelle di una semplice amministrazione finanziaria. Esso si trova talora delegato a rappresentare il comune ed ha ingerenza anche in materia giudiziaria, nel procedimento esecutivo e circa le cauzioni delle parti in lite (cod. G 2, rubriche de inquisitione facienda etc.; de investitione facienda de tenutis; de pignoribus vendendis – de stesina facienda). Il Camerario del Comune ha un controllo generale finanziario sull’intero bilancio (ivi de pecunia Communis), è l’archivista del tesoro comunale e conserva i registri contabili (cod. G 2, G 4, G 4 bis, G7-II-38, G 8, G9, rubr. de scrineo Comunis), è l’esattore generale dei proventi della Camera Comunale, introiti del sale compresi, (cod. rubr. de doana, cod. G 4 r. 276; cod. G 16-II-r. 12); ha talora una vera e propria competenza giudiziaria sul danno dato (cod. G 4 r. 75 ut camerarius diffiniat querelas de dapnis datis). Arch. Com. Volt. La figura adunque del Camerario Comunale, a Volterra come altrove, è importante, anche al di fuori dell’amministrazione del tesoro, nella organizzazione comunale. Invece il Camerario del sale mai riceve incarichi politico-amministratitvi estranei all’azienda alla quale e preposto: è un direttore generale, come oggi si direbbe, e non un ministro. Vedi per un esame comparativo col Sacramentum Camerari doane salis dato in appendici, il Sacramentum Camerari Vult. Comunis in cod. G 1. (Arch. Com. Volt.).
30 Vedi GIACHI, op, cit., p. 77 e 89. Secondo il GIACHI l’azienda del sale rendeva al Comune seimila lire all’anno al netto da spese. Produzione annua sarebbe stata quella di circa moggia 416 e un terzo. Faccio le mie riserve su questa cifra che a me sembra troppo piccola, dato che nel 1250 il Comune può disporre di trenta moggia per gli uomini di Montevoltraio e provvedere al consumo dei cittadini e tutto ciò oltre la quantità di 2000 moggia che forma oggetto della locazione alla società sopra indicata. (Cod. G 8 r. 200, c. 51, ut pura et vera dilectio etc., Arch. Com. Volt.). La quantità indicata dal GIACHI sembra troppo piccola anche se si pensa che nel 1393 vengono date al rappresentante fiorentino 240 moggia al mese (vedi Cod. L” nero, primo fascicolo, Arch. Com. Volt.). Vedi nota 2, pag 6, col.1.
31 Vedi il Sacramentum in appendice. Vedi cod. G 2 de doana salis, ove è comminata pena per chi sottrae il sale di moie o di sale di dogana. La differenza è giustificata dal fatto che il sale delle moie è destinato alla dogana, ma non fa per il momento parte di essa: è semplicemente un genere precettato. Invece il sale di dogana è ormai nei magazzini del comune, è requisito ed è proprietà comunale. Anche la legislazione di guerra ha conosciuto tali differenze di trattamento penale fra cose semplicemente precettate e cose requisite.
32 Il divieto è annuale in G 2 (rubrica: ut non sit camerarius doane qui fuit), e in G. 4 (rubr. identica 237). Pena 50 soldi: siquis ipsam bailiam reciperet in sequenti anno teneatur Potestas auferre ei permictat et hoc intelligatur de ambolus camerariis doane, tam de uno quam de aliquo. (Arch. Com. Volt.).
33 Cod. G 4 r. de bailiis 260. (Arch. Com. Volt.).
34 Cod. G 4 de doana salis. (Arch. Com Volt.).
35 ivi: ad rectum starium moiarum qui nunc est qui starius debeat esse siguatus signo sigilli mercatorum et qualiter et eodem modo siguatus alter starius debeat semper morari in Camera Communis per quem possit cognosci ne fraus committatur in stariis moiarum.
36 Il popolo giura infatti di mantener fede agli impegni assunti di fronte agli acquirenti dei frutti delle moie et jus guardare et salvare et in plena libertate retinere collectionem salis et ipsum salem congregatum vel congregandum in locum ordinatum per dominos et rectores dictorum ementium fructus dictos et non disturbare sotietatem dictorum ementium in aliquo nec auferre nec permitti quod auferatur dicta venditio vel jus sive fructus dictarum aquarum salsarum et capere salem grossum ubicumque ipsum invenero in fortia Vult. civitatis et districtu et ipsum salem grossum reducere ad dominos vel rectores dicte sotietatis qui pro tempore fuerint et tenere et observare omnes contractus factos de dicta venditione fructuum dictarum aquarum salsarum et eius occasione factos etc. Cod. G 4 bis Sacramentum populi Vult., r. 286. Basta questo passo per comprendere che la dogana, il monopolio comunale del sale resta in piedi e che una società di impresari ne assume l’esercizio per un certo tempo. Quindi non si può parlare di vera e propria interruzione nel regime regalistico delle saline durante il periodo dell’affitto. (Arch. Com. Volt.).
37 Vedi Cod. g 8, rubr. 200, c. 51. (Arch. Com. Volt.).
38 Codice G 7-11, 185, de reducendo salem ad doanam qui coquitur, etc, IX, r. 15, de sale emendo. (Arch. Com. Volt.). L’epoca va posta verso la fine del 1250. Molta luce sul regime di locazione delle moie avrebbe potuto portare il contratto stipulato nel 1238 per il Comune e la compagnia degli acquirenti dei frutti; ma non mi è riuscito trovare tal documento.
39 Cod. G 7, lib. II, r. 185, de reducendo salem ad doanam qui coquitur, etc. Detto codice lib. IX, r. 15, de sale emendo. (Arch. Com. Volt.).
40 Codice G 16, aggiunte degli statuari, c. 390. (Arch. Com. Volt.).
41 Cod. G 16, lib. III, r. 42. Quod duodecim populi procurent quod de sale Comunis vendatur pro Comuni. Statutum est quod populi duodecim defensores qui pro tempore fuerint vinculo juris teneantur taliter procurare et cum effectu exacutioni mandare quod de sale Comunis vendatur in ea quantitate que eis videbitur et pro illo maiore pretio quod exinde haberi potuerit ad hoc ut pecunia habebeat pro expenris Comunis Vult. solvendis. (Arch. Com. Volt.). Ciò che conferma è la grande importanza dell’azienda del sale nella finanza del Comune e il fatto che il monopolio è stabilito più per vender caro il sale ai vicini che ne hanno bisogno che per gravare il popolo volterrano.
42 G 16-V, r. 29. (Arch. Com. Volt.).
43 G 16, aggiunte degli statuari, c. 323. (Arch. Com. Volt.).
44 Cod. G 16-III, r. 19, de electione donanensis duane salis Comunis Vult, facienda. La norma per gli stipendi (triginta o sexaginta libras denariorum a seconda che sia stato nominato un solo camerario o due) è fatta dagli statutari nel 1343. Vedi in detto Codice V rubr. de salario doganensium et notari dogane una riduzione di stipendio ai Camerari (45 e 25 libbre anzichè 60 e 30); per un nuovo aumento vedi detto codice, aggiunte de li statutari, c. 346. Nomina di due notari, ivi c. 323. Circa il salario del misuratore del sale, ivi c. 405.  De salario mensuratoris salis. (Arch. Com. Volt.).
45 Cod. G 16, aggiunte degli statutari r. 3 c. 442 de ordine solvendi pecuniam per doganenses. (Arch. com. Volt.).
46 Cod. G 16, aggiunte degli statutari r. 5 c. 443 de vacatione doganensium. (Arch. Com. Volt.).
47 Sembra che la partita doppia risalga al 1340 e il primo esempio di essa sia offerto da un registro della masseria di Genova (vedi A. FINZI, Nel vecchio mondo contabile. Nel periodico “La Lettura”, anno 1910 p.833 e seg.). Altro esempio di partita doppia si trova in un registro della compagni a dei Medici a tempo di cosimo il Vecchio: esempio questo però ormai tardo. (v. NELLO ZARCHIANI, I Morgan fiorentini del trecento e del quattrocento. Nel citato periodico, anno 1908 p. 552 e seg.)
48 Il verso della Commedia allude proprio a una malversazione nel dogana fiorentina del sale (SCARTAZZINI, Commento alla Divina Commedia, nota al verso citato, Purg., XII, 105).
49 Vedi i registri segnati all’archivio con L” 1 nero e A” nero tutti della fine del ‘300 e dei primi del ‘400. Non ho riportato le singole carte nelle quali sono scritti i capitoli della dogana del 1300 sopra riassunti perchè si trovano tutti di seguito in G 16 c.425 e seg. (Arch. Com. Volt.).
50 Cod. A” nero. (Arch. Com. Volt.). Fascicolo primo. Comprende le annotazioni di magazino dei doganesi. Nel frontespizio porta le norme di vendita che ora trascriviamo: ventidiones salis venditi ad minutum ad rationem solidorum decem pro quolibet stario; venditiones salis venditi forensibus ad rationem solid, octo e den quatuor pro quilibet stario; venditiones salis in pignis ad rationem denariorum quatuor pro quolibet libra; venditiones salis spaccature ad rationem solid, quinque pro quolibet stario; venditiones salis grossorum bonorum ad rationem soldi, octo pro quolibet stario; venditiones salis grossorum non bonorum ad rationem solid, quinque pro quolibet stario. I prezzi sono indice delle qualità. Lasciando da parte le pigne che non si prestano a un confronto, mancando la notizia dell’equivalente della libra ivi indicata, si trova: sul sale fine: vi sono due vendite: al minuto a 10 soldi a staio e all’ingrosso, per fornitura ai foresi, a prezzo ridotto e cioè a 8 soldi e 4 denari a staio. Ma è certo che si tratta sempre di sale fine. Invece pel sal grosso si trova che quello di miglior qualità (i grossi buoni) si avvicina al prezzo del sale fine dato a partita (otto soldi di fronte a otto soldi e 4 denari a staio), mentre quello di qualità inferiore (grossi non buoni) ha lo stesso prezzo del sale di spazzatura e cioè dei rifiuti di magazzino (5 soldi a staio). Sarebbe un’interessante ricerca questa di accertare il regime tecnico delle saline, nel 1300, regime del quale qui non può essere fatto che un rapido cenno.
51 Non così a Volterra ove per la percezione di un’eventuale imposta sul sale vengono deputati dei datiarioli, esattori in tutto separati e distinti dai Camerari del sale, (vedi Cod. G. 16 libro V rubrica senza numero de salario datiarioli. Arch. Com. Volt.).
52 BONAINI, Statuti Pisani. Ordinamenti della dogana del sale. Vol. II. p. 1257, dell’anno 1339.
APPENDICE (Codice G 1 e G 4)
Diamo il testo del Sacramentum camerari doane salis, avvertendo che le parole sottolineate si trovano cancellate o mancano in G 4, quelle fra parentesi quadre non si trovano in G 1, quella fra parentesi tonde sono aggiunte marginali.
Sacramentum camerari doane salis. In nomine domini amen. Ego N. qui sum electus camerarius super medietate doane salis de Vult. juro ad sancta Dei Evangelia guardare et salvare totum salem qui ad manus meas pervenerit pro facto totius dicte doane salis vel eius occasione et totum missum salem qui missus fuerit in dicta doana per aliquam personam. Item juro quod nullam fraudem committam vel committi faciam quod totus sal qui coquitur ad amnes moias que sunt in episcopatu Vult. non veniat vel reducatur in suprascripta doana. Item juro quod qui totum lucrum quod habuero aliquo modo de sale portatur in dicta doana vel portari debet guardabo et salvabo et medietatem renuntiabo et dabo vel dari faciam in manibus ipsorum duorum qui electi fuerint secundum formam constituti sine fraude et malitia. Item juro scribere vel scribi facere totum salem qui mihi datus fuerit pro doana dicta vel eius occasione vel qui portatus ad eam vel missus in ea quando mihi datus vel renunctiatus fuerit in dicta doana vel portatus in ea et nullam fraudem committam vel committi faciam in toto facto dicte doane et totum salem quem vendidero vel vendi faciam scribam vel scribi faciam et renunciabo alio camerario qui erit super doana mecum si non fuerit presens quam citius potuero sine fraude et malitia et omnes scripturas quas fecero vel fieri faciam legaliter et sine fraude pro toto facto totius doane tam pro Comuni quam pro omnibus hominibus qui partem habent in puteis et illorum qui coquunt sale. Et juro quod faciam summam de toto sale quem habuero aliquo modo in doana et illam summam renunctiabo consulibus vel potestati [Vult] et omnes venditiones quas fecero per me vel per alium de iam dicto sale sicut eas venditiones fecero reparatim renunctiabo per scripturam dictis consulibus vel potestati vel cui mihi preceperint [et eorum consilio vel maiori parti]. Item juro quod omnes expensas quas fecero pro iam dicto doana et sale scribam vel scribi faciam et eas renunctiabo consulibus vel potestati [et eorum consilio vel maiori parti] vel cui [mihi] preceperint. [Juro omnes denarios quos habuero et prendidero per diem de sale quem vendidero vel alius pro me vendiderit mittere in cassetta doane et illos non extrahere sine altero camerario de Vult. si fuerit et cum extraxero eos debeam connumerare et reponere ipsos in scrineo ad hoc adsignato et ille qui habuerit scrineum in domo non teneat  clavem scrinei et alius camerarius eam teneat et scribere ipsos denarios in libro comunis de doana et si unus camerariorum non fuerit Vult. vel quod infirmus esset teneatur ille camerarius qui fuerit connumerare illos denarios cum mensuratore salis et ipse mensurator debeat renunctiare alii (sic) camerario ipsos denarios connumeratos (salvo quod ec dono sine malitia possim dare de dicto sale quod consuetum est. Item juro solvere omnes denarios illis qui pro facto doane pro coquitura vel pro alio recipere debent exinde ad tres menses post lassatam moiarum si quesiti ab eo fuerint nisi per illum qui percipere debuerit steterit)]. Item juro quod faciam jurare mensuratorem salis doane mensurare legaliter et renunctiare ipsum salem quem mensurabit per diem quemlibet camerario qui non esset ad mensurandum dictum salem quam citius potuerit sine malitia et haec omnia juro ad Sancta Dei Evangelia facere et observare bona fide fraude a primis Kal Jaunari ad unum annum [proximum].