I volterrani conservarono a lungo e con affetto il ricordo del nobile concittadino Tile Baldinotti, il cui nome rimase per secoli a qualificare il palazzo che oggi, sempre maestoso, si trova tra via della Porta all’Arco, via dei Marchesi e via Turazza.

Tile ebbe due figlie: Margherita, coniugata con Lotto Lottini, e Ughetta moglie Antonio Landini e madre degli sfortunati Giusto e Michelangelo, il primo ucciso e il secondo ostaggio dei fiorentini al tempo della repressione della rivolta contro il Catasto (1429). Generoso con gli enti religiosi e titolare della Cappella del Crocifisso in Duomo, Tile volle aiutare economicamente anche i frati di Sant’Agostino e di San Francesco, lasciando loro alcune botteghe sotto il suo palazzo con testamento del 1398. Entrambe le comunità le gestirono in pieno accordo, senza dividere la proprietà. Ancora nel 1674 erano ricordate dai frati di Sant’Agostino in un registro contabile, detto «Campione di beni».

Si scrive nel Campione che uno di questi locali, nel 1672, fu affittato a Giovanni Battista di Domenico Lorenzi: era «lo stanzone che serviva per la Palla a Corda posto vicino alla Piazza nel Palazzo che era di Tile Baldinotti». Nel 1681 subentrò nell’affitto Iacopo di Ventura Pagnini e, nel ricordo, lo stanzone viene situato «sopra il Palazzo».

Ritornò poi ai Lorenzi con Giovanni Battista nel 1688, ai quali seguitarono Giuseppe di Pier Antonio nel 1733, come riporta ancora il registro menzionando «il canone della torre detta de’ Baldinotti, o Palla a Corda». Nel 1776, però, «per evitare la rovina che minacciava la suddetta torre e insieme tutto lo stanzone», i Padri di Sant’Agostino si accordarono con quelli di San Francesco «per il riparo». Il Lorenzi dovette rinunciare all’affitto per il tempo necessario; ultimato il restauro, il locale passò a Filippo del fu Giuseppe Volterri. Dal 1780 al 1785 le stanze dette della «Palla a Corda» furono affittate al maestro Michele Solaini «legnaiolo»; falegname.

© Paola Ircani Menichini, PAOLA IRCANI MENICHINI
Lo stanzone della pallacorda, in “La Spalletta”, a. 16 marzo 2013

Se inizialmente la pallacorda si giovaca nei fondi dell’attuale Via Turazza, quando questi non furono più disponibili il gioco fu trasferito, prima nell’attuale Via Roma ed in seguito nella località Gioconovo.

Che cos’era la pallacorda? Il nome del gioco deriva dal fatto che i giocatori dovevano far passare la palla sopra una corda, che era tesa da un lato all’altro del campo, per inviarla nel campo avversario; era uno dei giochi preferiti del Cinque-Seicento, praticato appunto in uno stanzone diviso con una rete, dai re e dai gentiluomini che lanciavano una palla con particolari racchette. La pallacorda è considerata con buona ragione l’antenata del tennis, del padel e dello squash.

Ancora oggi si gioca, ma viene chiamato Real Tennis; è uno sport di nicchia con pochi appassionati nel mondo: esistono solo 43 campi dedicati a questo gioco e i praticanti sono circa novemila. Il campo coperto è delimitato da tre pareti inclinate e la palla, con un nucleo di sughero macinato, rivestita di feltro e cucita a mano, può rimbalzare anche su ogni superficie, creando una varietà di colpi e combinazioni che rendono il gioco particolarmente complesso e stimolante. Il punteggio segue le stesse regole del tennis, con partite al meglio dei cinque set. Le racchette sono in legno, più pesanti rispetto a quelle in grafite utilizzate nel tennis attuale, e la pallina è più pesante e rimbalza meno.

BIBLIOGRAFIA
A. FURIESI, Via Giusto Turazza, in “Dizionario di Volterra / II, La città e il territorio : strade – piazze – palazzi – chiese – ville e opere d’arte del volterrano”, Pacini, 1997, pp. 546-548

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