Le Balze di Volterra fra storia, geologia e… santità

Il dottor Giancarlo Lari, autore con Fabio Saggini del libro “Volterra, l’avanzata delle balze – Le Balze di Volterra fra storia e nuove conoscenze geologico-strutturali” (edizione Tagete 2006), ha reso disponibile il volume nelle librerie di Volterra e della Diocesi al prezzo di 10 euro. Abbiamo chiesto al dottor Lari di riassumere le ultime acquisizioni sull’eccezionale fenomeno geologico che incuriosisce chi visita Volterra.

> Sommario, La voragine delle Balze

CHE COSA SONO LE BALZE?

Quando si sono formate? Che cosa c’era un tempo nel vuoto dell’attuale grande voragine? Perché esistono le balze? Questi e altri interrogativi sorgono spontanei a chi si trova ad osservare ed ammirare uno dei più grandi monumenti naturali della Toscana e d’Italia.

In Toscana non esistono solo le balze di Volterra, ce ne sono altre minori come le balze di Certaldo e soprattutto le numerose balze del Valdarno superiore, fra S. Giovanni Valdarno, Castelfranco di Sopra, Loro Ciuffenna e Terranova Bracciolini; nessuna però è spettacolare e grandiosa come le nostre balze di Volterra che sono da considerare le Balze per eccellenza.

Il termine balza deriva dal latino balteum, che letteralmente indicava il muro dell’anfiteatro romano. Quindi balza significa parete verticale o parete a picco. Sinonimi di balza, specialmente in Toscana, sono anche grotta, rupe o ripa, per quanto questi ultimi termini abbiano anche altri significati: grotta significa anche cavità sotterranea e ripa è il termine con cui prevalentemente si indica l’argine di un fiume.

Molti Poderi toscani portano i nomi di La Grotta, La Ripa, ecc. dalla vicinanza di pareti a picco nelle vicinanze.

Il plurale balze è dovuto al fatto che in un certo periodo della storia le balze di Volterra erano tre: la balza di San Giusto; la balza di Badia; la balza di Filettro. Il plurale forse è dovuto anche alla presenza, in passato, di più pareti che si susseguivano verso il basso, verso il Botro di San Giusto: in origine si trattava probabilmente di una valle terrazzata, una scalinata formata da una serie di ripide scarpate che dal ciglio della balza superiore digradavano fin giù in fondo al Botro dell’Alpino (detto in questo tratto anche Botro delle Balze o Botro di San Giusto).

Attualmente le balze di San Giusto e di Badia costituiscono un unico grandioso anfiteatro in cui si distingue la parete sottostante la Badia Camaldolese ad angolo retto con la parete di S. Giusto. Quest’ultima, a differenza della balza di Badia, è modellata da una serie di concavità divise da crinali verticali (vedi foto).

La balza di Filettro è situata alla testata dell’omonima valle, detta anche valle di Cerbaiola o del Fagiano, bonificata nel 1854 in occasione della costruzione della nuova strada delle Balze, su progetto dell’ingegnere comunale Gaetano Guerrieri (quella vecchia passava a ovest della Badia e scendeva giù per lo «Spuntone»). La distinzione delle tre balze è mostrata con chiarezza nella pianta delle Balze dell’ingegner Manetti del 1828 (vedi foto).

Le balze di Volterra sono centro d’interesse per geologi, archeologi, architetti, storici, letterati e religiosi. Rammento che in questo luogo sono ambientati due romanzi, il più famoso è il Forse che si, forse che no di Gabriele D’Annunzio e l’altro, meno conosciuto, dal titolo Il Baratro, scritto dal concittadino Michelangelo Riccobaldi del Bava agli inizi del ’900.

Alle balze sono legati i nomi di quattro Santi volterrani, i SS. Patroni Giusto e Clemente che qui morirono nel 556 e le SS. Attinia e Greciniana martiri durante la persecuzione di Diocleziano, nel 303, appena 11 anni prima del trionfo del Cristianesimo in tutto l’Impero romano conseguente all’Editto dell’Imperatore Costantino (313).

L’area oggi occupata dalla voragine delle balze fu destinata ad area cimiteriale (necropoli) fin dall’antichità (periodo villanoviano: X- IX secolo a.C.). Successivamente ospitò la necropoli etrusca più antica (VII- V secolo a.C.), destinazione che rimase anche in età ellenistica (IV- III secolo a.C.) e forse anche romana.

Il destino di quella contrada è legato alla vita, alla morte e al culto dei SS. Patroni di Volterra, Giusto e Clemente. Nel VI secolo infatti Giusto e Clemente, missionari provenienti dall’Africa, scelsero l’antico Monte Nibbio, nei secoli successivi eroso dall’avanzata delle Balze, come dimora (romitorio) e alla loro morte, avvenuta il 5 giugno del 556 (lunedì di Pentecoste) vennero sepolti nel luogo dove avevano vissuto. Sulle loro tombe furono edificate due piccole cappelle, consacrate nel 568 dal vescovo senese Mauro.

Sappiamo che poco sotto le grotte dove dimorarono i due santi esisteva una fonte verosimilmente alimentata dalla stessa acqua sotterranea che tuttora sgorga copiosa dalle falde (vene) visibili sul fronte delle Balze.

> Leggi, L’avanzata delle Balze «mangiò» chiesa e monastero

© Giancarlo Lari, GIANCARLO LARI
“Avanzando le Balze hanno «mangiato» chiesa e monastero”, in rivista “L’Araldo di Volterra”, 29 aprile 2007