Lo stemma dei Vinta

Nel passato Volterra ha dato alla Toscana importanti uomini di stato. Tra questi, un posto di rilievo nel secoli XVI e XVII spetta a Belisario Vinta, figlio di Francesco e fratello del senatore Paolo, giureconsulto e stimato “auditore fiscale” del granducato. Nato il 13 Ottobre 1542, Belisario si era laureato nello Studio di Pisa ed era entrato nella pubblica amministrazione sotto la protezione del primo segretario Bartolomeo Concini, di cui aveva sposato una nipote. Alla morte di quest’ultimo (1578), aveva preso in mano gli affari dello stato fino a giungere anch’egli a ricoprire la carica di primo segretario (1610).

I granduchi Ferdinando I e Cosimo II lo tennero in gran considerazione e – come è stato scritto – non trattarono affari di importanza senza che vi fosse la sua mano. Si occupò tra l’altro del matrimonio di Maria dei Medici con Enrico IV di Francia, intrattenne corrispondenza con Galileo che gli fu sempre riconoscente, e protesse gli artisti che con le loro opere abbellivano Firenze e la Toscana. Morì universalmente rimpianto il 17 Ottobre 1613.

Il suo stemma, uno scudo rosso dotato in basso da una sbarra d’oro con tre pine d’oro e in alto dalla croce rossa dei cavalieri di Santo Stefano, è raffigurato al centro della didascalia di un affresco a lunetta dipinto da Bernardino Poccetti (1604-1612) nel Chiostro Grande della SS. Annunziata di Firenze.

La ragione di questa presenza è dovuta al fatto che i Padri del convento, con gratitudine, avevano concesso alle principali famiglie fiorentine l’apposizione dell’insegna di casata per ricordare il loro finanziamento dell’intero ciclo di pitture nelle lunette. Belisario Vinta, diventato cittadino nel 1579, si era preso carico dell’affresco raffigurante la “Conversione di due peccatrici da parte di San Filippo Benizi dei Servi di Maria presso la porta Orvietana di Todi”. Vi si vedono Elena e Flora – i nomi delle donne secondo la tradizione – pregare riconoscenti ai piedi del santo. Prive di mezzi per vivere, hanno ricevuto del denaro per mantenersi senza peccare nei tre giorni successivi a quello dell’incontro con Filippo e i frati e, appena prese le monete della mano del sant’uomo, hanno avvertito la grazie dello Spirito Santo rinascere nei loro cuori. La lunetta con lo stemma di Belisario Vinta è una tra le più belle dell’intero ciclo di affreschi del Chiostro Grande della SS. Annunziata di Firenze ed è anche una di quelle meglio conservate fino ad oggi.

© Paola Ircani Menichini, PAOLA IRCANI MENICHINI
Lo Stemma di Belisario Vinta, in “La Spalletta”, a. 16 febbraio 2013

Approfondimenti

Tra gli anni Sessanta e Settanta del Cinquecento Praga, città bella e cosmopolita, ospitava una numerosa comunità italiana della quale facevano parte il vescovo di Volterra, Lodovico Antinori, e un giovane volterrano non ancora trentenne, Belisario Vinta, futuro ministro dei granduchi Ferdinando I e Cosimo II. Il Vinta, sebbene si dichiarasse «pochissimo atto a rappresentar feste», l’8 marzo 1570, descrisse in una lettera diretta a sua altezza le spettacolari giostre promosse dall’imperatore Massimiliano II d’Asburgo che soggiornava spesso e volentieri in questa città.

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I Vinta furono una nobile famiglia volterrana il cui nome compare nelle cronache locali fin dal Duecento. Il loro stemma consisteva in uno scudo rosso con sbarra d’oro e con tre pine d’oro. Belisario, nato il 13 ottobre 1542, fu l’ultimo di quattro figli e il più noto di tutto il suo albero genealogico. Ebbe grande rilievo nella Toscana del Cinquecento come grande statista. I granduchi Ferdinando I e Cosimo II lo tennero in gran considerazione e – come è stato scritto – non trattarono affari di importanza senza che vi fosse la sua mano. 

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