Il nome di San Lazzero deriva dall'antico leprosario che a Volterra si era edificato per la cura dei lebbrosi. Oggi non rimane niente, ma un tempo svolgeva grandi funzioni.
A differenza di oggi, negli anni 1920 e 1926 i nostri concittadini parteciparono attivamente al ciclismo, forse per evadere la realtà e dimenticare le loro particolari condizioni socio-economiche.
Non c'è inizio di primavera che non mi riporti agli occhi della mente le violette di sotto San Giusto, quelle che fiorivano lungo la scorciatoia che si apriva sulla sinistra andando verso Volterra.
La ballonata classica si effettuava infatti nelle ore notturne e consisteva nel rovesciare un capace secchio d'acqua possibilmente pulita sulla persona prescelta.
Il punto di riunione più accreditato, specialmente al sabato, era la ferrareccia di piazza. I Notabili più autorevoli stavano seduti e gli altri facevano corona in piedi, andando e venendo.
Molti furono gli ospiti del San Giovanni, colonia dell'Ospedale Psichiatrico volterrano, ma di un certo Bracco e di un certo Meini, io conservo tuttora un vivissimo ricordo.
Quattro stregoni, incantatori a tempo perso, medicastri di dubbia bravura, ma personaggi unici della realtà volterrana: Minza, Melindo, Albino di Ribatti e Giacinto.
Quest'uomo, pieno di speranze, venne a Volterra con un ciuchetto e qualche straccio, a fare il facchino. Si stabilì in una stalla nel Vicolo delle Prigioni con la compagnia di una chitarra.
Uno spassoso e allo stesso tempo amaro episodio della seconda guerra mondiale che si svolse tra le vie della città, all'arrivo degli americani il 10 di Luglio nel 1944.
Tradizioni che cambiano e scompaiono. Da San Girolamo a Poggio alle Croci. Dalla fiera dell'Era alla festa di San Cipriano. Da Santa Margherita al Poggio di San Martino.
Un breve componimento poetico in ottonari dall'andamento colorito e spumeggiante come il vino appena spillato, per rendere omaggio ai più famosi bevitori e briachi di Volterra.
Cosa è cambiato rispetto a ieri? Testimonianza del mercato di Volterra nel corso della storia. I cambiamenti attraverso una fonografia dialettale locale piena di ricordi felici e vivaci.
«Va' a lavatti e' piedi a Mummialla!». Un luogo da riscoprire è senz'altro l'antichissimo borgo di Mommialla, precedentemente facente parte del territorio volterrano,
In un piacevolissimo romanzo autobiografico, Igino Genovini ci fa rivivere, come per miracolo, nella Volterra degli anni venti. Un resoconto finale e note del libro.
L'immaginario del Monte di Pietà alla fine del 900. Una descrizione semplice di queste istituzioni finanziarie che anche Volterra ebbe per tanti secoli.
Nel medioevo le misure lineari non erano in metri, ma in braccia o in canne; ogni città aveva la sua unità di misura e per tal motivo imperava un grande disordine su questo campo.
Il famoso etruscologo Otto-Wilhelm rende di nuovo omaggio alla città con un pregevole articolo in cui il rigore dell'archeologo lascia spazio alla sensibilità del poeta.
La Croce Rossa di Volterra iniziò la sua attività nel 1910 sotto la presidenza del cavalier Ciapetti che per il successo dei sodalizi impegnò tutto se stesso e la sua famiglia.
Grazie a Dio niente di tragico; si volle soltanto ottenere con la forza quello, che il flusso naturale del commercio, l'umanità e la giustizia non erano stati in grado di concedere.
Il cacciatore numero uno di tutto il Volterrano, l'uomo che vantava di non aver mai fatto una «padella». Un simbolo, una figura rappresentativa di tutta la collettività dei cacciatori.
Puntuali come una febbre del fieno, appena riviene Maggio, rièccoteli fuori, i ricordi. Ma di anno in anno, e ormai ne son passati parecchi, sempre più labili e rimpiccioliti.
Buche etrusche, così chiamavamo le tombe ed i cunicoli degli etruschi che, da ragazzi, ogni tanto visitavamo alla ricerca di qualche resto di quegli antichi nostri concittadini.
Fra gli ultimi di maggio e i primi di giugno i volterrani erano chiamati a celebrazioni civili e religiose, che potevano considerarsi come l'esplosione gioiosa per il lungo silenzio invernale.
Durante un attacco ad una colonna motorizzata dell'esercito germanico vengono catturati nel mese di aprile quattro partigiani. Dopo essere barbaramente torturati, furono infine fucilati.
Anche l'ospedale psichiatrico di Volterra, ai primi di luglio del 1944, si trova al centro dei combattimenti che causano al suo interno 9 morti e 40 feriti.
Un volterrano ingiustamente trascurato dagli scrittori di storia locale. Economista illuminista nella Toscana dei Lorena del '700: il Giovan Francesco Pagnini.
Una terra sbranata dalle unghiate furibonde della guerra: sui bordi della strada i carri armati apparivano già calcinati dal sole, le fiamme, la polvere.
Raccontare il passato in prima persona, specialmente per chi non l'ha mai vissuto, è il modo migliore per ripercorrere le tragedie della nostra storia. Volterra ne ha una per noi!
A Torino, tra carte di antiquariato, è comparso questo invito «Alle donne volterrane», che evidentemente deve essere stato distribuito od affisso alle cantonate di VoIterra nel maggio 1848. Un volantino di altri tempi!